Non solo la più grande università telematica in Italia, ma “la prima università in Italia” per numero di iscritti, 300mila. Così si presenta oggi Multiversity, il gruppo della formazione privata che unisce l’università digitale Pegaso, l’università delle camere di commercio Mercatorum, l’università San Raffaele di Roma e un novero di agenzie educative di cui fa parte anche la piattaforma Sole 24Ore Formazione.
Alle sedi d’esami già presenti in provincia, ad Alba, Bra e Barolo, ora se ne affianca una nel capoluogo della Granda, presso gli spazi di Confindustria in via Bersezio 9. Il responsabile è Vincenzo Maffettone, intervenuto venerdì alla presentazione insieme al ceo Fabio Vaccaronno, alle autorità e ai vertici di Confindustria Cuneo, chiamati a fare gli onori di casa: “La nostra storia parte da lontano e ormai ci vede protagonisti nel mondo digitale da oltre dieci anni”, nella promozione di “un modello di formazione accessibile a chiunque, soprattutto a coloro che lavorano e che non hanno potuto continuare gli studi”.
“C’è un bisogno enorme di tornare a studiare e il Covid ha creato un senso di legittimazione di ciò che avviene in maniera digitale e interattiva” spiega Vaccaronno, eporediese di nascita, che prima di approdare a Multiversity ha lavorato per dieci anni a Google: “Il giorno in cui la pandemia è arrivata in Italia, un nostro connazionale su quattro non era mai andato in rete: una cosa che trovo difficile spiegare quando vado in California. Siamo ancora adesso, nonostante la pandemia, il Paese più indietro nella transizione digitale: ultimi nel G8 e 26esimi nell’indice DESI, che misura i progressi nella digitalizzazione”. Ma la questione non riguarda solo il ritardo nella digitalizzazione: “Dal punto di vista universitario siamo i peggiori in Unione Europea. Peggio di noi fa solo la Romania, che però ci batte sui laureati Stem” ovvero coloro che hanno un titolo negli ambiti della scienza, tecnologia, economia, matematica.
La media dei laureati Stem in Europa è del 4%, in Italia non arriva all’1%: “In un mondo con sei miliardi di persone collegate alla rete e con 30-40 miliardi di devices, un Paese che ha nel sistema produttivo 18 milioni di individui fermatisi al diploma si candida a creare enormi problemi sociali e di produttività” pronostica Vaccaronno. Ormai, aggiunge, essersi diplomati è come aver completato la scuola dell’obbligo: “Le università digitali non sono più università telematiche, sono centri che applicano i principi della trasformazione digitale alla formazione continua, a partire dall’università. Dovremmo chiederci perché in un Paese che non ha laureati ci si ostini a considerarle ‘a distanza’”.
Bando agli snobismi, insomma, anche perché l’intelligenza artificiale incombe. Lo ribadisce il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, intervenuto insieme alla sindaca di Cuneo Patrizia Manassero e al presidente della Provincia Luca Robaldo per salutare l’iniziativa. “Tante volte mi dicono che quando un ragazzo esce dalla scuola ci vuole un anno a formarlo: questo non deve accadere” esordisce il governatore, elogiando il modello regionale delle academy e la solida tradizione della formazione professionale in Piemonte: “L’altro giorno ho visitato un’azienda che si occupa di servizi nei supermercati, mi dicevano che non trovano macellai a 2200-2300 euro al mese. Questo è un cambiamento culturale che dobbiamo fare, tant’è che ho intenzione di proporre, oltre al salone dell’orientamento tradizionale, un tavolo di orientamento per i genitori: il problema reale sono i genitori, non i ragazzi”. È la cosiddetta “liceizzazione della scuola”, spiega: “Io ho fatto il liceo e ne parlo con consapevolezza, ma i lavori sono tutti di pari dignità”.