VIGNOLO - "Nel Cuneese una crescente anarchia in materia di segnaletica dei sentieri"

La lettera di Michael Willemsen, archeologo residente nella borgata di Pratogaudino, che porta l'attenzione sull’iniziativa del sentiero di Pentinmenin e sulle indicazioni per il "Respiro del Drago" a Vignolo

Redazione 22/03/2022 08:13

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Michael Willemsen, archeologo residente nella borgata di Pratogaudino, frazione di Cervasca.
 
Il paesaggio è un bene fragile, un capolavoro di equilibrio tra natura e storia. Ti trasmette un’armonia sottile, un sentimento di cura. Eppure è il risultato per niente scontato di lungo processo, con secoli di interventi antropici, da parte di contadini e montanari. Nelle montagne Cuneesi, i paesaggi storici o come si preferisce dire oggi, "paesaggi culturali", oggi giacciono per lo più all’abbandono. Innumerevoli borgate, terrazzamenti agricoli, mulattiere, formano un prezioso patrimonio, unico al mondo, sempre più minacciato dall’espansione incontrollata del bosco. Valorizzare questi paesaggi significa fare l’archeologia di una stratificazione storica, rintracciare con pazienza la genesi e lo sviluppo di questi territori in un lungo arco di tempo. Non è un’operazione che si improvvisa da un giorno all’altro, non è qualcosa che può essere realizzato unicamente dalle buone intenzioni di un singolo, o di un ristretto gruppo di persone benintenzionate. Il 21 gennaio ho mandato una lettera all’Unione Montana della Valle Stura per chiedere un parere sull’iniziativa del sentiero di Pentinmenin, a Vignolo. Preferisco definirlo un "allestimento", perché l’aggiunta di elementi estranei salta all’occhio: pannelli di plastica con massime morali, farfalle di plastica inchiodate sugli alberi, dipinti figurativi con le vernici diretto sulle rocce, un terrazzamento di pietre a secco ricostruito con mattoni e malta, pupazzi di paglia, cerchi dei sogni appesi ai rami, ecc. Il 27 gennaio l’Unione Montana mi ha comunicato che avrebbero fatto un sopralluogo documentale sul sentiero. Finalmente il 18 marzo ho ricevuto la lettera di risposta: "Per quanto riguarda le recenti istallazioni dedicate al tema del racconto del ‘Pentinmenin’, questo Ente non ha la possibilità di intervenire andando a modificare o rimuovendo quanto installato, in quanto è compito del Comune stesso la gestione e la manutenzione della sentieristica propria".
 
Premetto che io avevo chiesto un parere, non di certo una modificazione o rimozione qualsiasi. Mi sembra comunque di capire che l’addobbo kitsch del
Petinmenin oggi sia rimesso in questione da più lati. A tal punto che uno dei responsabili all’origine di progetto è salito fino a Pragudin per precisare che "non avrei dovuto fare quell’esposto". Naturalmente, sarebbe stato preferibile per loro che io stessi zitto. La riflessione libera, l’espressione aperta su temi di interesse pubblico, per forza non conviene a tutti. Ma non è solo questione del Petinmenin. Sempre a Vignolo è stato recentemente improvvisata una "segnaletica" per indicare la grotta del Drago. Si tratta di un obbrobrio inqualificabile, con pennellate di vernice rossa a imbrattare ogni cosa, alberi, rocce, ruderi. In questi ultimi mesi non ricordo di avere incontrato qualcuno – e dalla Baita Castagné ci passano in media un centinaio di persone a settimana - che non abbia definito in privato la segnaletica del Drago un vero disastro, anzi "una vera porcata". Giudizio netto e senza appello a cui talvolta segue una confessione meno coraggiosa: "Per fortuna che ci sei tu per dire le cose in pubblico, perché sai, noi non possiamo criticare troppo, siamo del posto". Ora, al di là di queste surreali ammissioni (e omissioni), o qualche maldestro tentativo di "censura" (non riuscito, ahimè), la questione della valorizzazione del paesaggio mi sta molto a cuore. Per via della mia formazione come archeologo del paesaggio e geografo storico, ma soprattutto perché di paesaggi distrutti, dopo interventi di rivalutazione senza alcun senso, ne ho visti un bel po' in vita mia. Oggi nel Cuneese, visto la crescente anarchia che regna in materia di segnaletica dei sentieri, credo sia urgente suonare un campanello d’allarme. L'impressione è che chiunque possa partire in escursione con un barattolo di vernice, e mettersi a dipingere tacche a destra e sinistra nel colore che più gli va a genio.
 
Ma andiamo per passi. Per cominciare, direi che "valorizzazione", in sé, è un concetto vuoto, senza contenuto. Anche un graffitaro può essere convinto di "valorizzare" la facciata di una chiesa spruzzando il suo tag sull'intonaco. Le buone intenzioni, che sappiamo essere delle strade lastricate per l’inferno, non possono bastare per riuscire a "valorizzare" con un certo criterio. Non è sufficiente, soprattutto, l’argomento della popolarità per sostenere l’intrinseca qualità, bontà, legittimità di un intervento. Se domani ci trovassimo con un Luna Park nella foresta dell’Alevè, o un castello gonfiabile sul Colle di San Maurizio, il successo popolare di queste iniziative sarebbe verosimile. Ciò non significa tuttavia che la cosa sia giustificata. Valorizzare significa anche educare, trasmettere dei valori. E questo il Petinmenin non lo fa, anzi, tutto il contrario, questo piccolo parco d’attrazione in pieno Bosco dell’Impero è talmente rozzo nei contenuti da essere diseducativo su tutta la linea. Ma soprattutto, del tutto estraneo al paesaggio che attraversa, è una piccola Disneyland che deturpa gravemente la bellissima mulattiera storica che risale da Vignolo alla Madonna degli Alpini. Non si poteva trovare un’area più a valle per un progetto ricreativo del genere? In quanto alla segnaletica del Drago, la situazione è ancora peggiore. Speriamo solo che questo tipo di alterazioni nell’ambiente siano gli ultimi della serie. Ci sono altri modi di lasciare una traccia indelibile di sé stessi e della proprio dubbia estetica, che di proiettare e sfogare il tutto in multicolor sulla montagna, in paesaggi che sono un bene comune di tutti, non solo per l’oggi, ma anche per le generazioni future. Prima di stravolgere la percezione di un paesaggio storico, rurale e boschivo, non sarebbe più utile trovare una maggiore ponderazione, di riflessione preliminare ad ampio raggio, consultando persone con qualche forma di istruzione?
 
Che abbiamo a che fare con persone perbene, per carità, nessuno ne dubita un secondo. Ma credo anche che le loro iniziative andrebbero inquadrate, soprattutto quando si arreca dei danni seri, a volte irreversibili, all’identità storica di una risorsa comune. Un compito e una responsabilità che spetta agli Enti, non certo a me, che mi limito a portare all’attenzione pubblica qualunque tipo di devastazione che mi capita di incrociare, camminando per questi meravigliosi boschi dove ho scelto di abitare. Cari vignolesi entusiasti del Pentinmenin e del Drago, negli Enti ci sono delle persone competenti, esperte, che potranno consigliarvi cosa sia lecito realizzare, cosa sia preferibile non fare, e cosa sia assolutamente da evitare. Nel frattempo, riposatevi per il bene di tutti.
 
Michael Willemsen

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