PIETRAPORZIO - Quindici foto ritratti del fotografo Luca Prestia per testimoniare che la montagna è viva

All'Ecomuseo della Pastorizia di Pontebernardo inaugurazione della mostra "La montagna viva - Storie di cura, tutela e valorizzazione in 15 fotoritratti di comunità"

Francesca Barbero 02/07/2022 09:31

Inaugura oggi, alle 16, all'Ecomuseo della Pastorizia di Pontebernardo di Pietraporzio, la mostra "La montagna viva-Storie di cura, tutela e valorizzazione in 15 foto-ritratti di comunità". 15 ritratti a colori, realizzati dal fotografo Luca Prestia, per testimoniare che la montagna è viva, grazie a chi sceglie di restare o di tornare, prendendosene cura e valorizzandola con le rispettive attività lavorative. Altri 15 ritratti sono esposti all'aperto, sparsi per la Valle Stura, nel formato dei manifesti pubblicitari: 15 volti di giovani che sono storie di amore per la montagna, di passione e difficoltà, di felicità, di vocazioni.
 
Il progetto parla di cura della montagna da parte di chi resta o di chi torna ad abitarla, a darle vita, a preservarla. Nei 15 ritratti che hai realizzato si percepisce una cura particolare per le persone ritratte. Lo dicono i loro volti rilassati e gli sguardi sereni. In quanto tempo hai realizzato l'intero lavoro? Come ti "avvicini" ai tuoi soggetti?
 
"Per questo lavoro, fatto su commissione dell’Unione montana Valle Stura e dell’Ecomuseo della Pastorizia di Pontebernardo, io e Miriam Rubeis - l’autrice del testo che accompagna le immagini - abbiamo lavorato in tutto poco più di un mese. Grazie ai contatti procurati da Miriam, le cose sono state più veloci del previsto. Normalmente i miei progetti hanno come focus il paesaggio, i luoghi, dove le persone diventano in qualche modo ‘secondarie’ rispetto alla scena principale. Per me, quindi, questo lavoro è stato un po’ una scommessa, della quale alla fine posso però dirmi molto soddisfatto. Fotografare le persone non è semplice, anzi. Se vogliamo si tratta di un atto sottilmente violento, che in qualche maniera invade lo spazio intimo dell’altro da sé. Per questo è necessario avvicinarsi ai soggetti con la dovuta delicatezza, cercando per quanto possibile di creare un minimo di intesa. E con le persone del progetto tutto è andato in questa direzione: hanno intuito immediatamente quale fosse lo scopo dei ritratti (soprattutto di quelli del solo viso) e si sono poste davanti alla camera con estrema naturalezza e semplicità. Un esito assolutamente non scontato del quale sono molto orgoglioso".
 
Una fotografia di ritratto è uno sguardo sull'altro ma anche un incontro con quella persona, con la sua identità e la sua storia. C'è una storia che ti ha colpito più delle altre?
 
"Devo confessare che le storie di tutte le persone che ho incontrato sono in qualche modo straordinarie, per cui sarebbe difficile fare distinzioni. Ma se proprio devo indicarne qualcuna, devo dire che mi hanno colpito molto quelle di chi - a un certo punto - ha deciso di mollare un’esistenza di pianura per cambiare radicalmente la propria prospettiva, facendo scelte radicali. Tutto questo ai miei occhi merita in ogni caso rispetto e ammirazione".
 
Significativa la scelta di esporre i ritratti in valle come manifesti pubblicitari nel formato 70x100. Si potrebbe parlare di land art? C'è un intervento sul territorio e sulle fotografie agiranno gli effetti atmosferici e il tempo.
 
"La scelta di adottare questa soluzione mi stuzzicava da tempo. Non si tratta certo di un’innovazione assoluta, all’estero questa pratica è piuttosto diffusa, ma è sicuramente ‘nuova’ per questo territorio. Collocare delle immagini in luoghi normalmente non deputati all’esposizione artistica (sia essa fotografica, pittorica ecc.) significa fare una scelta netta, sicura: vuol dire tentare di portare un prodotto d’arte fuori dai circuiti cui siamo abituati (sale mostre, musei) e metterla in diretto contatto con la comunità e i suoi membri. Non sono io a dover andare a ‘cercare’ una mostra, è quest’ultima a intercettarmi lungo le vie del luogo in cui vivo, dove posso incrociarla nel corso della mia quotidianità lavorativa, di studio e così via. È una scelta che vuole quindi coinvolgere la collettività in maniera emotiva, immediata, che è poi lo scopo che questo progetto - con i volti dei protagonisti a grandi dimensioni - voleva raggiungere. Che poi gli agenti atmosferici finiscano nel tempo per deteriorare le immagini, beh, questo fa parte delle conseguenze ‘naturali’ di una scelta ben precisa e vanno accettate in quanto inevitabili".
 
"Essere pastore è un mestiere, una passione, una vocazione", la tua ricerca è partita da questa frase del pastore transumante Jean Solda. Penso ai ritratti ambientati dove i nuovi abitanti della montagna sono impegnati nelle loro attività, non solo la pastorizia. Scattando le tue fotografie, hai visto questa vocazione?
 
"Assolutamente sì. Se c’è una cosa certa che questo mio ultimo lavoro mi ha fatto capire è che queste ragazze e ragazzi sono fortemente consapevoli delle loro scelte e delle fatiche, degli ostacoli ma anche delle enormi soddisfazioni che tutto ciò comporta. Certo, si tratta di percorsi di vita radicalmente differenti rispetto a quel che normalmente ci capita di incrociare. Ma quel che più mi ha colpito è il livello di maturità che sottostà a tutte queste esistenze orgogliose e piene di entusiasmo".
 
La mostra sarà visitabile fino al 31 dicembre negli orari dell'Ecomuseo della Pastorizia. Per informazioni: ecomuseopastorizia@vallestura.cn.it
+39 340 98 48801
 

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