CHIUSA DI PESIO - Sabato la commemorazione dell'eccidio in valle Pesio

L'appuntamento ricorda il sacrificio di quattordici civili per mano nazifascista, oltre all'uccisione del giudice Carlo Alberto Ferrero e di Bernardino Mauro

16/12/2024 09:10

Sabato 21 dicembre, nella Sala Consiliare del Comune di Chiusa Pesio alle 15, si terrà la commemorazione dell'80° anniversario dell'eccidio in Valle Pesio e dell'uccisione del giudice Carlo Alberto Ferrero e di Bernardino Mauro.
 
L'appuntamento, organizzato dal Comune di Chiusa di Pesio e dall'Associazione “Resistenza sempre nel Rinnovamento”, onora il sacrificio dei quattordici civili uccisi per mano dei nazifascisti: Cesare Edari, Alberto Valentino, Vincenzo Ferrero, Antonio Baudino, Sebastiano Manassero, Bartolomeo Gramondi, Giovanni Giraudi, Giovanni Gastaldi, Antonio Ellena, Giacomo Ellena, Carlo Dalmasso, Antonio Baudino, Carlo Alberto Ferrero e Bernardino Mauro.
 
Programma della commemorazione
 
Ingresso libero e gratuito
 
Introduzione e saluti
·      Claudio Baudino, Sindaco di Chiusa di Pesio
·      Daniela Giordanengo, Vicesindaca e Assessora alla Cultura
·      Maria Luisa De Caroli, Presidente dell'Associazione “Resistenza sempre nel Rinnovamento”
 
Intervengono
·      Federico Grillo Pasquarelli, Presidente Sezione lavoro Corte di Appello di Genova
·      Fabrizio Drago, avvocato nel processo contro Heinrich Schubert
·      Alberto Custodero, Giornalista de “La Repubblica”
 
Con il contributo di
·      Rossella Ravera, Compagnia Teatrale “La Corte dei Folli” di Fossano
·      Clementina Grosso, studentessa del Liceo Musicale “E.Bianchi” di Cuneo
 
A seguire le parole di Stefano De Caroli, tratte da La Valle Pesio, Periodico della “Pro Valle Pesio” (Anno 2 n.1 Gennaio 1953), che dipingono un ritratto nobile e commovente del giudice Carlo Alberto Ferrero assassinato il 19 dicembre 1944 insieme a Bernardino Mauro.
 
NOBILTÀ AZZURRA DELLA VALLE PESIO
Carlo Alberto Ferrero
 
Siamo ancora oggi attoniti e percossi all’annuncio di morte dell’amico che vogliamo, in questo inizio d’anno ricordare, perché in ogni tempo noi Lo circondiamo del nostro affetto, della nostra salda amicizia e considerazione, così come oggi ne piangiamo la perdita irreparabile.
 
Il 16 dicembre 1944 il Dottor Carlo Alberto Ferrero veniva arrestato con il giovane Mauro Bernardino per ordine delle brigate nere, accusato di collaborazionismo col movimento patriottico clandestino e indiziato quale assiduo ascoltatore di radio Londra. Parve anche che altri moventi e altre determinanti fossero le ragioni giustificate dell’arresto, ma queste concause caddero perché vennero successivamente dimostrate infondate. Rimasero le accuse specifiche sopra elencate e la situazione nei confronti del magistrato si aggravò in seguito alle contestazioni giuridiche mosse dall’Avv. Ferrero circa l’obbligo per i giovani di presentarsi alle armi. Tali contestazioni per quanto espresse in senso giuridico e patriottico, furono male interpretate.
 
Il tragico destino del magistrato si attuava anche se, forte e sereno, fidente nel buon diritto della giustizia, l’Avv. Ferrero avesse il convincimento che la verità e il buon senso dovessero trionfare. Nella sua serenità e nella sua forza d’animo era di sollievo e di conforto a quanti, come lui, tenevano appesa sul capo la spada di Damocle.
 
E venne il 19 dicembre, giorno della sentenza e della esecuzione senza il diritto di difesa. Scortato col compagno di sventura Mauro Bernardino, tacciati entrambi di “traditore e bandito” iniziarono insieme l’ultima tappa del Loro calvario.
 
Furono sospinti e percossi e venne all’Avv. Ferrero negato l’ultimo saluto alla famiglia. Nella incipiente penombra di quel tramonto gelido, i due Martiri caddero sotto il piombo nemico, nel nome della libertà e col pensiero alla famiglia. Questi i fatti. In questa vicenda, tutti fummo colpiti come da folgore, tutti provammo un sentimento di muta e dolorosa angoscia, pur nella esecrazione di tanto crimine. Ripensando oggi alla sua immatura e ingiusta fine, sentiamo un penoso senso di tristezza, perché eravamo abituati a considerarlo tra i migliori, come un qualcosa di diverso da tanti altri, superiore alle meschine competizioni di parte, buono di cuore, forte di pensiero, meritevole della nostra simpatia, della nostra fiducia, della nostra rispettosa deferenza.
 
Carlo Alberto Ferrero, così vogliamo chiamarlo con una certa intimità e senza altri appellativi, era uno dei nostri migliori chiusani di adozione. Qui, tra questi monti che Lo accolsero negli anni primi della sua carriera, vincolò il suo cuore e si creò la famiglia che fu come il tempio di ogni sua gentilezza e della sua gioia.
 
Nella missione di giustizia che Egli scelse, spiccarono luminose e chiare le non comuni doti della sua mente e del suo cuore. Pretore, Giudice di Tribunale, Presidente del tribunale di Nuoro e Consigliere di Corte D’Appello, sono i gradi che Egli velocemente raggiunse in forza delle sue spiccate capacità di giurista, colto e studioso.
 
Chi scrive lo ebbe amico e compagno desiderato negli anni dei corsi universitari e, come allora, ancora oggi ricorda il suo zelo negli studi, il suo intuito acuto, la bontà e la saggezza che sempre Lo distinsero.
 
Udimmo di lui i più lusinghieri apprezzamenti come dispensatore di giustizia: in ogni atto della sua vita, in ogni vertenza sottoposta al suo giudizio Egli non dimenticò mai di essere giudice allo stesso modo che seppe ricordare sempre di essere uomo. Amò associare l’amore per l’umanità a quello per la giustizia. Ma un destino avverso pendeva inesorabilmente sul capo di Carlo Ferrero. Nella penombra della sera, al cospetto dei cipressi, si infransero i vincoli con la vita e con la famiglia: si compieva il triste fato, mentre sui monti lontani era il tramonto sanguigno ed infuocato.
 
Frutto di esaltazioni, di malsano spirito di parte, aberrazione o sete di vendetta inspiegabile, sono le determinazioni del fato avverso e doloroso che sottrassero alla vita, alla famiglia, alla società Carlo Alberto Ferrero.
 
Ma la morte non doveva innanzi tempo lanciare questa sfida scellerata e selvaggia, né l’ultimo insulto di “Traditore”, doveva invano gettare fango e ludibrio sulla nobile figura di quest’uomo che fu maestro di rettitudine, di serenità e di modestia, anche se l’espressione del suo libero pensiero e della sua idea, potevano trovare dissenzienti i tutori di quella libertà che allora più che mai era diventata un nome vano e senza soggetto.
 
Così è accaduto in quella triste ora del 19 dicembre, Carlo Alberto Ferrero in nome della libertà, comprimendo nel cuore generoso lo schianto per la famiglia ed il perdono per i suoi carnefici. Certo è che non si cade quando si è così ritti, così sobrii, così sereni, quando non si è barcollato, non si è mai dubitato di sé e dell’avvenire, quando l’idea che amammo chiama ancora a gran voce, perché vuol essere proseguita, vuole essere protetta, vuole essere compiuta.
 
Rendiamo omaggio alla memoria di questo magistrato non per retorica, ma per lo spirito elevato e per la nobiltà con cui Carlo Alberto Ferrero svolse la sua altissima funzione giudiziaria. Con la morte, l’Amministrazione della giustizia ha perduto un dignissimo rappresentante, dotato di piena conoscenza e di profondo intuito del diritto, non disgiunta da una penetrazione delle coscienze, alla luce dello spirito, in tutte le sue manifestazioni.
 
Nino De Caroli
 
Tratto da:
La Valle Pesio Periodico della “Pro Valle Pesio”
 
Anno 2 n.1 Gennaio 1953
 

c.s.

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