“Entro le ore 18 di oggi, tutti gli stranieri che si trovano nel territorio di Borgo San Dalmazzo e dei comuni vicini devono presentarsi al Comando Germanico in Borgo San Dalmazzo-Caserma degli Alpini. Trascorso tale termine gli stranieri che non si saranno presentati verranno immediatamente fucilati. La stessa pena toccherà a coloro nelle cui abitazioni detti stranieri saranno trovati". È il 18 settembre del 1943 quando le autorità tedesche che occupano Borgo San Dalmazzo diramano il bando firmato dal capitano Muller. L'obiettivo è catturare i profughi ebrei che pochi giorni prima sono arrivati dalla Francia, dal confino coatto di Saint-Martin-Vésubie, attraversando le Alpi a piedi e scendendo lungo la valle Gesso. Si tratta di circa 800 persone, molte delle quali hanno trovato aiuto e rifugio presso le famiglie della valle e dei paesi della zona: alcuni riusciranno a proseguire nella loro fuga in altre zone d'Italia o ad espatriare, altri si uniranno alle bande partigiane.
Dopo il bando del 18 settembre alcuni si presentano spontaneamente, altri vengono catturati dalle SS: per 349 uomini, donne e bambini, arriva l'internamento nella ex caserma degli Alpini di Borgo San Dalmazzo, nei pressi della stazione ferroviaria, nel piazzale dove oggi sorge la scuola media della città. A loro si aggiungono per breve tempo gli ebrei di Cuneo, arrestati il 28 settembre ma poi rilasciati (le fonti dell'epoca non chiariscono per quale ragione) il 9 novembre. I prigionieri stranieri provengono da Polonia, Croazia, Romania, Ungheria, Austria, Grecia, Germania: sarebbero rimasti a Borgo San Dalmazzo fino al 21 novembre 1943, esattamente 76 anni fa, quando su ordine dell’Ufficio antiebraico della Gestapo di Nizza, dopo essere caricati su carri bestiame furono inviati nel campo di internamento francese di Drancy e poi ad Auschwitz. A partire non furono tutti i 349 internati, bensì solo 331, a causa di alcune fughe e del fatto che i malati temporaneamente ricoverati presso l'ospedale di Cuneo furono risparmiati: solo 19 di loro (anche se alcune fonti riportano un numero ancor più ridotto) fecero ritorno a guerra conclusa. Nessuno tra i 62 bambini partiti da Borgo San Dalmazzo riuscì a sopravvivere.
I 349 ebrei, come detto, erano giunti a Borgo San Dalmazzo partendo da Saint-Martin-Vésubie, un piccolo paese situato nella regione francese della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Nei primi anni '40, con la Francia sotto occupazione tedesca, accadde che la IV Armata del Regio Esercito Italiano, alla quale era sottoposto il comando del paese, si rifiutò di consegnare ai tedeschi e ai miliziani del Governo di Vichy gli ebrei, i quali così dovevano sì presentarsi due volte al giorno alle autorità, ma potevano circolare tranquillamente senza la stella gialla, frequentare gli stessi locali dei francesi e condurre una vita serena. Saint Martin divenne così una sorta di “isola felice”: vi arrivarono ebrei da tutta Europa e la popolazione del paese, 1500 persone all'inizio della guerra, raddoppiò.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, con il ripiegamento delle truppe italiane, gli ebrei residenti a Saint-Martin-Vésubie si trovarono però costretti a fuggire dall'avanzata tedesca. Tra il 9 e il 13 settembre circa 800 persone, con pochi viveri e male equipaggiati, varcarono le Alpi a piedi entrando in Italia passando per il colle di Ciriegia e il colle di Finestra, convinti che dopo l'armistizio vi avrebbero trovato un luogo sicuro. Scesi in valle Gesso, trovarono la solidarietà di decine di famiglie: partigiani, contadini, montanari che a rischio della vita aprirono le porte delle loro case. Per molti di loro questo – insieme alla protezione della rete clandestina di assistenza DELASEM e all'impegno eroico dei sacerdoti don Raimondo Viale e don Francesco Brondello - significò salvezza, ma per 331 uomini, donne e bambini, non fu sufficiente per sfuggire ad un tragico destino.
Dodici giorni dopo la partenza dei primi convogli alla volta di Auschwitz, l'ex caserma degli Alpini a Borgo San Dalmazzo divenne poi uno dei campi di concentramento provinciali istituiti dalla Repubblica di Salò, e italiana fu in questa fase la responsabilità della gestione. Un nuovo gruppo di prigionieri, in gran parte donne, giunse dalla Comunità Ebraica di Saluzzo il 4 dicembre 1943: nei giorni successivi nella ex caserma furono rinchiuse in totale 26 persone. Anche per loro, il 15 febbraio 1944, sarebbe poi iniziato dalla stazione di Borgo San Dalmazzo il viaggio verso Auschwitz, transitando stavolta attraverso il campo di Fossoli. Solo due sarebbero sopravvissuti. Dopo questa data il campo di Borgo San Dalmazzo fu ufficialmente e definitivamente chiuso. Oggi la piazza che ospitava la ex caserma è intitolata a don Raimondo Viale, con una targa e una stele commemorativa, mentre presso la stazione sorge un memoriale della deportazione.
FONTI
1. Adriana Muncinelli e Elena Fallo, Oltre il nome, Le Château
2. Liliana Picciotto, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Milano, Mursia
3. A. Cavaglion, Nella notte straniera. Gli ebrei di St.-Martin Vésubie, Cuneo, L’Arciere, 1981, 1991
4. Giuseppe Mayda, Ebrei sotto Salò.La persecuzione antisemita 1943-1945, Milano, Feltrinelli, 1978