Circa due ore di racconti e retroscena, aneddoti, storie divertenti, altre tristi o addirittura inquietanti. Due ore in cui Sigfrido Ranucci, il primo ospite del festival letterario “Ponte del Dialogo”, ha spiegato all’attento pubblico del Teatro Iris di Dronero cos’è il giornalismo d’inchiesta, quanto lavoro c’è dietro e quanti sono gli ostacoli da superare. Una “lezione” molto apprezzata con diversi gridi d’allarme lanciati in vista di un futuro sempre più difficile e complicato per chi vuole operare in maniera libera e indipendente, provando a far venire a galla quello che altri cercano di oscurare. Spunti contenuti nel libro “La scelta” in cui Ranucci accompagna il lettore in un viaggio alla scoperta del giornalismo d’inchiesta, raccontando alcuni dei lavori più importanti che hanno scandito la sua carriera, mischiati a episodi di vita personale.
“A quante querele sono arrivato? Contando anche le richieste di risarcimento, arrivo a 189”. Così ha esordito, strappando un sorriso a tutti, il vicedirettore di Raitre, autore e conduttore di Report, rispondendo alla prima domanda del responsabile dell’edizione cuneese de La Stampa Massimo Mathis, che lo ha intervistato sul palco del Teatro Iris. Quindi la sentita riflessione sul “non grande momento per la libertà di stampa”: “Viviamo in un’Europa che dovrebbe essere la culla della civiltà, ma dove ricordo che negli ultimi anni sono stati uccisi cinque giornalisti che indagavano sui rapporti tra criminalità organizzata e politica”. In Italia, in particolare, “abbiamo il record di politici che denunciano giornalisti e la situazione andrà peggiorando con la Legge Cartabia: c’è da essere preoccupati”.
Ranucci non si è sottratto alla stretta attualità, commentando il botta e risposta con Antonella Giuli, sorella del ministro Alessandro, al centro di una delle inchieste di Report: “Lo sciacallaggio che è stato fatto in questi giorni è bruttissimo, sono stati tirati fuori argomenti di vita privata che noi non abbiamo mai toccato”. Il giornalista, che ha definito il programma che conduce dal 2017 “una trasmissione tra le più importanti d’Italia e forse del mondo, con un format unico”, ha poi raccontato alcuni interessantissimi aneddoti legati a grandi inchieste condotte in passato. Come quella sul fosforo usato dagli americani a Fallujah. In quell’occasione lo spunto per arrivare alla verità glielo diede un vagabondo: “Lo chiamavano ‘Vedo Vedo’ perché passava ore davanti al mare a scrutare l’orizzonte. Lo incontrai e gli chiesi se aveva bisogno di qualcosa, lui iniziò alcune disquisizioni sull’importanza dell’ozio e sulla differenza tra il vedere e l’osservare. Fui talmente suggestionato che tornato in redazione andai a riguardarmi con attenzione tutte le immagini trasmesse dalla Rai sulla vicenda, fino a quando scoprii quelle intitolate ‘Pioggia di fuoco su Fallujah’ e capii che in realtà non era fuoco, ma fosforo bianco”.
Sono tanti i personaggi comuni che come “Vedo Vedo” hanno dato una svolta ad alcune inchieste diventate poi tra le più importanti della carriera di Ranucci. Un altro è il taxista che guidava l'auto su cui il giornalista salì mentre parlava al telefono con la redazione della vicenda legata a Tanzi. “‘Voi giornalisti non l’avete mai raccontata giusta su di lui’, mi dice, aggiungendo che ad una settimana dal default Parmalat Tanzi aveva portato in Svizzera diversi quadri di grande valore. ‘E lei come lo sa?’. ‘Ero la sua guardia del corpo’. L’ho fatto accostare immediatamente e mi sono fatto raccontare tutto. Mi ha poi chiesto una percentuale del 3% sul valore dei quadri, gli ho spiegato che non funzionava così!”.
Tra i tanti argomenti toccati nel corso della serata, e presenti nel libro, anche l’ultima intervista a Borsellino recuperata da Ranucci ed alcuni momenti intimi del giornalista, come il rammarico legato al fatto che il padre non abbia mai potuto vederlo condurre Report perché morto poco prima (“Ho dovuto mentirgli dicendogli che l’operazione sarebbe andata bene, ben sapendo che non ce l’avrebbe fatta”), le raccomandazioni della mamma il giorno delle puntate di Report (“Stasera non fare i nomi!”) e quella volta in cui pensò al suicidio, nel 2014, dopo che venne accusato di aver realizzato un dossier falso con l’utilizzo di presunti fondi neri della Rai dall’ex sindaco di Verona Tosi, su cui stava portando avanti un’inchiesta: “Il clima intorno a me era pesante, pensai che la mia carriera sarebbe finita e feci pensieri obliqui. Volevo buttarmi dalla finestra, mi fermò la chiamata di mio figlio che mi fece riacquistare lucidità”.
Dronero ha applaudito e apprezzato l’intervento di Sigfrido Ranucci, il migliore inizio che ci si potesse aspettare per “Ponte del Dialogo”, la rassegna che proseguirà per tutta la settimana.