CUNEO - Trent’anni fa la strage mafiosa di Capaci: in tribunale un ricordo nel silenzio

La bomba di Cosa Nostra uccise i magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo con la scorta. Fu l’attuale procuratore di Cuneo a processare chi portò il tritolo

a.c. 23/05/2022 17:17

A mezzogiorno in punto l’attività del palazzo di giustizia di Cuneo si è fermata all’improvviso. Giudici, procuratori, avvocati, cancellieri e dipendenti amministrativi si sono ritrovati nell’aula d’Assise per ricordare i trent’anni dalla strage di Capaci.
 
“Oggi sarà una giornata di parole, noi preferiamo il silenzio” ha detto il procuratore capo Onelio Dodero, d’intesa con il presidente del tribunale Paolo Demarchi e il presidente dell’Ordine degli Avvocati Claudio Massa. Nel silenzio, sono stati scanditi i nomi delle vittime di quel 23 maggio 1992: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Uccisi con mezza tonnellata di tritolo, RDX e nitrato d’ammonio, sistemati con uno skateboard in un cunicolo di drenaggio sotto l’autostrada A29 Palermo-Trapani, dove sarebbe passata l’auto sulla quale Falcone, all’epoca direttore della sezione Affari penali del ministero a Roma, rientrava dall’aeroporto di Punta Raisi con la moglie e gli agenti di scorta.
 
Da dove veniva quel tritolo? Lo si scoprirà dopo decenni di sospetti, in seguito alle rivelazioni di Gaspare Spatuzza. Nel 2008 il pentito di Cosa Nostra fu il primo a svelare che l’organizzazione era andata a prendere in mare il tritolo utilizzato per confezionare le bombe di Capaci e via d’Amelio e quelle che - nella fase stragista - sarebbero poi esplose in via dei Georgofili a Firenze, in via Palestro a Milano, di fronte alle chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro a Roma. Residuati di ordigni bellici inesplosi della seconda guerra mondiale, la “cassetta del pesce” nelle parole del pescatore Cosimo D’Amato, cugino del boss Cosimo Lo Nigro, l’uomo che consegnò l’esplosivo a Spatuzza e compagni.
 
A indagare sulla bomba venuta dal mare è stato proprio l’attuale procuratore capo di Cuneo, per sei anni al vertice della Procura di Caltanissetta da dove era arrivato lasciando la DDA di Torino. Nel processo “Capaci bis” Dodero ha ottenuto nel 2016 le condanne all’ergastolo di Salvatore Madonia, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo e Lorenzo Tinnirello. Un verdetto poi confermato in appello nel 2020. Le stragi, ha spiegato lo scorso anno il magistrato in un’intervista a Cuneodice, furono in realtà il segnale di una crisi di Cosa Nostra, messa in ginocchio dai pentiti, dal 41bis e dalle sentenze del maxiprocesso, conclusosi pochi mesi prima di Capaci: “Quella con cui si confrontavano Falcone e Borsellino - aveva detto Dodero - era una mafia che si mostrava e che faceva di tutto per apparire, fino a cercare di far scendere lo Stato a patti. Ma sono state proprio le stragi a comportare la fine di quella mafia che a poco a poco si è trasformata”.

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