Era il pomeriggio di giovedì 17 febbraio 1972 quando in valle Vermenagna iniziò a nevicare. Una nevicata fitta: nell’abitato di Vernante venerdì si misuravano già 80 centimetri di accumulo, che avrebbero poi raggiunto i 180 il sabato. Fu il preludio ad una tragedia che oggi, cinquant’anni dopo, l’amministrazione comunale ha deciso di ricordare sul suo sito internet, pubblicando alcuni passaggi del libro “Luoghi e Gente di Vernante, dal 1900 ai giorni nostri” e della rivista “Messaggi” redatta dal Parco Alpi Marittime, testi che ricostruiscono i fatti di quei giorni.
"La domenica nevica ancora, - si legge - ma la neve è fradicia e non cresce più ma appesantisce quella già caduta. Affannosamente si spalano i tetti, tutte le vie e più ancora i vicoli e i cortili si riempiono di montagne di neve che arrivano all’altezza dei balconi del primo piano delle case. Intanto la notte è mancata la luce, i treni non circolano, la strada per Limone è chiusa, mancano il pane e il riscaldamento, chiudono le scuole e le poste. Lunedì continua a nevicare con alterni momenti di pioggia, poi finalmente da martedì si rivede il sole. Sembra di uscire da un incubo, il parroco Don Silvestro con alcuni volontari del Soccorso Alpino salgono verso i Folchi per portare un po' di conforto e dei viveri agli abitanti della frazione fra i quali ‘Giusep Bepurla’ e sua sorella Ciutina che trovano nella stalla in buone condizioni”.
“Il maresciallo dei Carabinieri - racconta Don Silvestro – ci aveva chiesto di salire fino a Tetti Baru per vedere come stavano Lucia Giordano e il figlio Giuseppe Dalmasso”. La piccola comitiva salì così oltre i tetti Muriat, arrivando a Tetto Baru: “C’era così tanta neve che si faceva fatica a capire dove di preciso fossero le case. C’era un piano di neve enorme e silenzio ricorda il parroco, siamo allora saliti ai Tetti Fuet , ma questi erano deserti”.
Dalle pendici del monte Garbella e dalla Costa Pianard si era staccata una valanga di enormi proporzioni, tra le più grandi di cui si ha conoscenza sulle nostre montagne, paragonabile a quella tristemente famosa del 1755, che aveva travolto Bergemoletto in valle Stura. Partita da circa 2250 metri di quota, con uno spessore di circa tre metri e un fronte di un chilometro, l’enorme massa di neve polverosa aveva percorso più di tre chilometri dalla zona di distacco, sfiorando Palanfrè e i Tetti Fuet sbattendo contro le pareti del Bec Brusatà e investendo i tetti Baru. “Quando Don Silvestro e i volontari capirono cosa era successo, il sole declinava costringendo il gruppo a scendere a valle senza poter intervenire”, prosegue il testo pubblicato dal Comune di Vernante.
Alle 7 del giorno successivo i soccorsi composti da volontari di Vernante e di Folchi, i Carabinieri, il Soccorso Alpino, la Polizia e il CAI erano già sul posto. Nel pomeriggio vennero raggiunti anche dalla RAI: “Gianni Macario ricorda di ‘Pin Bel’ originario della frazione sepolta, che faceva da guida ai soccorritori, quasi come un rabdomante, per trovare le case dei Dalmasso”. Si scavò per ore, e in tarda mattinata fu finalmente trovata la stalla, diventata bara di Lucia Giordano, classe 1901, e delle sue dodici mucche. Il suo cane venne estratto vivo, del figlio invece non c’era traccia. Il corpo del povero Giuseppe venne ritrovato un mese dopo dagli alpini di Borgo San Dalmazzo.
“Una pagina triste della nostra comunità che non vogliamo dimenticare”, commenta sul suo sito l’amministrazione comunale di Vernante.