Riceviamo e pubblichiamo.
È sicuramente lodevole che il comune Venasca voglia ricordare “una delle pagine più tristi e drammatiche della sua storia”: l’incendio dell'11 agosto 1944, in cui andarono distrutte fra concentrico e frazioni più di cento case. Tuttavia per la verità storica non si trattò “di una rappresaglia ordinata dal tenente Adriano Adami”. A dare fuoco al paese fu il I battaglione Luftwaffen-Sicherungs-Regiment Italien, vale a dire un corpo dell’aviazione tedesca del campo di volo di Lagnasco (La Grangia), dotato di cannoni contraerei, dalla lunga gittata. Si trattava di un corpo usato nei rastrellamenti delle vallate, proprio perché in grado di sparare grossi proiettili dal basso verso l’alto. Comandava il battaglione il tenente colonnello Fritz Herbert Dierich. Ne facevano parte avieri sperimentati, ma anche 80 militari condannati per reati vari (furto, stupro, disobbedienza ecc.), a cui era data la possibilità di uscire di cella e “riabilitarsi”. Di rappresaglia si può parlare in senso molto lato. Il 26 luglio i partigiani avevano attaccato il presidio germanico di Busca. Per ritorsione nei giorni successivi Lemberg fece incendiare San Damiano e Cartignano. Poi si convinse o fu convinto dai podestà di Tarantasca e Villafalletto che gli assalitori potessero venire dalla val Varaita. Così toccò a Rossana, poi a Venasca subire la stessa sorte dei due piccoli comuni della val Maira. In realtà da Venasca non partì nessun attacco. Garibaldini e gielle erano troppo impegnati a presidiare i posti di blocco a valle del paese o a scivolare lungo i versanti laterali per scendere in pianura a fare rifornimento di farina e altri generi alimentari per sé e per la popolazione. Adriano Adami “Pavan” e la Divisione alpina “Monterosa” arriveranno solo in autunno. Sarà una presenza altrettanto feroce, ma in un quadro militare diverso. Nazisti e fascisti si troveranno ad affrontare l’avanzata alleata da sud, ma anche potenzialmente dalla displuviale delle Alpi marittime, dopoché il 15 agosto 1944 truppe americane e di “France libre” sono sbarcate in Provenza. I partigiani dovranno inventare nuove strategie, visto che ora le vallate, con l’eccezione della val Grana che non arriva al confine francese, sono alternativamente presidiate dai Gebirgsjäger, da un battaglione della divisione Littorio o dal Bassano della Monterosa.
Quanto alla “repubblica partigiana”, stroncata dal rastrellamento, aveva avuto come “capitale” Sampeyre: Venasca era troppo a ridosso del fronte ed esposta alla risalita dei mezzi corazzati. Infine anziché un concerto di “canti popolari”, sarebbero state più adatte a ricreare il contesto canzoni partigiane come “Fischia il vento” o “La guardia rossa” per i garibaldini, “Pietà l’è morta” o la “Badoglieide” per i GL. Non sarebbe stato opportuno contattare l’Istituto storico della resistenza di Cuneo o l’Anpi di Verzuolo-valle Varaita per evitare anacronismi e imprecisioni così rilevanti? O forse sarebbe bastato leggere alcune pagine del libro “Crocevia di valle. Venasca tra Otto e Novecento”, voluto nel 2003 dall’allora sindaco Dario Ballatore, disponibile in tutte le biblioteche della zona, compresa quella di Venasca.
Livio Berardo, ex presidente dell’Istituto storico della resistenza di Cuneo e membro del direttivo Anpi di Verzuolo