SALUZZO - Diego Botta, presidente Cia di Saluzzo, racconta le tante sfide che l’agricoltura deve affrontare

I suoi obiettivi sono "ascoltare, conoscere e imparare in modo da far crescere e migliorare l’intero comparto locale". Con un focus molto attento sulla frutticoltura, tessuto produttivo principale della zona

23/05/2022 08:42

Per la Cia zona di Saluzzo, che fa parte della macro-area di Cuneo, la responsabile è il vicedirettore provinciale dell’organizzazione agricola, Filomena Sammarco; referente, il tecnico, Maurizio Ribotta. L’assemblea del dicembre 2021 ha eletto presidente Diego Botta, 39 anni, fondatore e titolare, con Ivan Lodini e Luigi Cagioni, del birrificio agricolo Kauss di Piasco. Attività nata nel 2012, con l’obiettivo, raggiunto negli anni successivi, di utilizzare materie prime (orzo, segale, frumento e luppolo) coltivate con il metodo biologico e prodotte e trasformate in Piemonte. Una scelta vincente che ha fatto crescere la struttura, diventata un punto di riferimento per lo stile nella produzione innovativa attraverso la filiera locale e dal punto di vista della tutela dell’ambiente.
 
Allora Botta, ci spieghi il motivo per cui ha accettato la presidenza Cia della zona di Saluzzo per i prossimi quattro anni. Dice: “Non è stata una decisione
presa a cuor leggero, perché se si accetta l’incarico poi bisogna essere presenti e portare avanti i progetti. Ma per raggiungere dei risultati, ognuno di noi deve fare la propria parte. Non serve solo lamentarsi o criticare le azioni degli altri quando ci sono dei problemi da risolvere. Bisogna mettersi in gioco e “sporcarsi le mani". Dedico alla Cia tutto il tempo possibile nel quale non sono impegnato in azienda”. Gli obiettivi del mandato? “Ascoltare, conoscere e imparare. Con il referente della zona di Saluzzo, Ribotta, voglio approfondire in modo attento le caratteristiche del territorio Saluzzese in cui si sviluppano produzioni molto diversificate. In modo da far crescere e migliorare, per quanto possibile, l’intero comparto agricolo locale. Perché a livello globale, con i nostri prodotti - in particolare la frutta - che si vendono sui mercati internazionali, da Saluzzo possiamo solo esporre i problemi. Devono essere le strutture Cia provinciale, regionale e nazionale a sensibilizzare le Istituzioni sulle politiche da attuare”.
 
Avete già iniziato a lavorare in questi mesi? “Ci siamo riuniti con i colleghi Cia di tutti i settori per capire, dai nostri associati, le difficoltà esistenti e quali visioni avessero del futuro. Così da iniziare un percorso operativo”.
 
La frutticoltura
Il tessuto produttivo principale del Saluzzese è costituito dalla frutticoltura. Sottolinea Botta: “Il Saluzzese è uno dei poli più importanti a livello nazionale.
Abbiamo già partecipato e saremo presenti anche ai prossimi incontri del Tavolo della frutta, con i rappresentanti delle altre organizzazioni agricole e delle
amministrazioni pubbliche per confrontarci sulla gestione di tutti gli aspetti legati al comparto”. La difficoltà maggiore rimane il reperimento della manodopera necessaria alla raccolta? “Essendo un’attività legata a un lavoro stagionale, concentrato in alcuni mesi dell’anno, costituisce un problema. Anche perché la provincia di Cuneo, per fortuna, è tra quelle italiane con il minor tasso di disoccupazione e quindi c’è meno disponibilità a svolgere occupazioni periodiche. Di conseguenza, per forza di cose, se non si vuole lasciare la frutta sulle piante, bisogna cercare persone in arrivo da fuori. La mancanza di manodopera, però, è una questione sulla quale serve urgentemente affrontare dei ragionamenti. Infatti, nel mondo rurale è un problema per l’agricoltore che non può effettuare la raccolta, ma diventa un problema anche per il consumatore che non vede arrivare la frutta sulla tavola. Quindi, è una difficoltà di sistema per l’intera filiera: dal produttore a chi compra il prodotto. Inoltre, sta diventando una questione da risolvere anche per gli altri comparti non agricoli: di conseguenza, per l’intero sistema lavoro”.
 
Come sta l’agricoltura della “Granda”
Spiega Botta: “Sicuramente arriviamo da anni difficili dovuti all’emergenza Covid. Però, sono ottimista di carattere e cerco di guardare sempre agli aspetti positivi della vita. Vedo il mondo rurale in fermento. C’è uno sviluppo non solo più basato sulle grandi aziende, ma cominciano ad avere un peso anche le realtà più piccole con produzioni diversificate che aiutano ad aumentare la biodiversità del territorio: un percorso importante sotto l’aspetto naturale, ma anche turistico ed economico. E poi iniziano a tornare i giovani in agricoltura, che hanno una mentalità orientata a individuare dei nuovi modelli di sviluppo sostenibile. Tutto ciò significa una crescita più responsabile del comparto, con l’utilizzo di pratiche rispettose dell’ambiente. L’agricoltore, infatti, vive in un grande ecosistema e ha responsabilità sociali verso la natura e le altre persone. Si tratta di un cambiamento epocale che avviene per gradi, ma già oggi si vedono i primi risultati di questa trasformazione positiva”.
 
I problemi che il settore deve affrontare? “Se penso alla zona di Saluzzo e alla coltivazione della frutta, ma vale anche per altre aree della provincia e per altre produzioni, uno dei principali problemi è rappresentato dalla globalizzazione. Sui mercati internazionali dobbiamo confrontarci con concorrenti italiani e di altre nazioni che, per vari motivi, sono più avvantaggiati di noi. La nostra provincia può vincere la sfida solo se punta sulla qualità e sulla diversificazione dell’offerta, legandole al territorio. Perché se cerca la quantità ha perso la partita in partenza”. Ma non solo. “L’altra sfida molto importante per il mondo agricolo è sviluppare sempre di più un percorso “green”, chiestoci anche dalla programmazione dell’Unione Europea. Con l’obiettivo di contribuire al rallentamento, pur difficile, dei cambiamenti climatici, e con la consapevolezza di avere sempre meno armi per combattere le malattie e gli insetti dannosi che colpiscono le colture”.
 
Inoltre? “In ballo c’è la sostenibilità economica delle aziende. Oggi, al prodotto agricolo viene riconosciuto un importo alla vendita troppo basso rispetto a quanto meriterebbe. Va ripensato il sistema di ripartizione dei guadagni lungo l’intera catena del valore, dando il giusto compenso al contadino, ma consentendo al consumatore di acquistare il prodotto a cifre non sproporzionate”.
 
Infine? “L’agricoltore non può permettersi, come spesso avviene, di attendere il pagamento di quanto ha conferito un anno dopo. Magari senza conoscerne prima il prezzo. Perché, nel frattempo, ha dovuto investire per sviluppare l’azienda e arrivare al nuovo raccolto. E, allora, lavora al “buio” con tutti i rischi che questo comporta e con la possibilità di andare in sofferenza economica”.
 
Cosa serve dalle istituzioni e dalla Cia
Sottolinea Botta: “Dalle istituzioni occorre molta più velocità nel prendere le decisioni. Un esempio? Posso anche accettare di dover compilare tanti moduli in tempi ristretti, ma vorrei che mi rispondessero negli stessi tempi in cui io ho preparato i fogli di carta. Una situazione al momento nemmeno immaginabile. E c’è bisogno di una loro maggiore presenza sul territorio non solo per controllare, ma per accompagnare le aziende. Gli imprenditori non sono “brutti e cattivi” e vogliono crescere in modo “sano”. Se andiamo avanti insieme, andiamo lontano. Invece, adesso, la politica è troppo distante dalla realtà. E la Cia deve continuare ad essere sempre presente nel seguire le aziende e nello stimolare continuamente le Istituzioni affinché creino le condizioni per la crescita del settore agricolo”.

c.s.

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