Sono trascorsi cinque anni da quel 17 dicembre del 2016 quando, proprio nel giorno del suo ottantesimo compleanno, papa Francesco nominava come nuovo vescovo della Diocesi di Saluzzo il vercellese Cristiano Bodo. Il suo nome come successore di monsignor Giuseppe Guerrini fu ufficializzato dopo la rinuncia da parte di quest’ultimo, per raggiunti limiti di età. Quello stesso giorno, fu proprio Guerrini, alle 12, a comunicare ai sacerdoti e ai laici presenti nel Seminario di Sant’Agostino che il Santo Padre aveva designato Cristiano Bodo a reggere le sorti della Diocesi concessa da papa Giulio II al Marchesato di Ludovico II nel 1511.
Il ritorno al Vangelo come fonte da cui partire per pensare la Chiesa oggi e immaginare quella di domani, il valore della famiglia e dei ministeri laicali come parte attiva delle fraternità pastorali sono alcuni dei perni del cammino pastorale portato avanti da monsignor Bodo in questi anni. Così come l’attenzione all’ascolto della comunità attraverso le visite pastorali e la necessità di mettersi in dialogo con i giovani. Proprio nei loro confronti il vescovo ha dimostrato in questi cinque anni particolare attenzione a creare le migliori condizioni per un incontro. Anche quando ciò è stato possibile solo a distanza (a causa del Covid), monsignor Bodo non ha rinunciato a cercare tecnologie e linguaggi (come i video e i social) vicini alle nuove generazioni.
A testimoniare come uno degli ambiti della pastorale che sta molto a cuore al Vescovo siano senza dubbio i giovani, sono le parole di don Giovanni Banchio, vicario episcopale per il mondo giovanile: “Ricordo che proprio nella settimana dopo il suo ingresso in Diocesi c'è stato un evento al Cinema Teatro Magda Olivero, in occasione della Giornata diocesana dei giovani. Monsignor Cristiano ci aveva sorpresi tutti per il suo tono scherzoso e il suo simpatico modo di presentarsi e salutare per la prima volta i giovani di Saluzzo. Tra le molte proposte che il nostro vescovo ha suggerito alla Pastorale giovanile di realizzare, credo che in particolare due meritino di essere ricordate: la Scuola di preghiera mensile che è stata realizzata per due anni presso l'Oratorio Don Bosco fino al sopraggiungere della pandemia e poi la coraggiosa ‘avventura’ della Missione Giovani. Questa iniziativa ha permesso di riunire parecchie persone, oltre all'équipe diocesana della Pastorale giovanile, attorno all'idea di uscire e incontrare i giovani. Credo che sarebbe stata una bella novità missionaria e pastorale per la città di Saluzzo se l'emergenza del Covid non ci avesse obbligato a sospendere tutto. Credo che dobbiamo dire grazie al nostro vescovo anche perché ha voluto investire risorse per realizzare una interessante e seria indagine conoscitiva tra gli adolescenti e giovani del Saluzzese, condotta dall’Istituto Toniolo (ente fondatore dell’Università Cattolica di Milano). Più di 2000 ragazzi sono stati coinvolti in questa operazione di ascolto e di incontro preparatoria alla Missione Giovani e che è già stata essa stessa una vera Missione Giovani”.
In questi cinque anni l’attenzione di monsignor Bodo non è mai mancata anche nei confronti delle persone e delle famiglie più colpite dalla crisi, dai poveri agli emarginati, che pure si trovano in un territorio in cima alle classifiche per il reddito pro-capite. Il suo sostegno si è spesso esplicitato attraverso le opere della Caritas diocesana, dall’ottobre del 2020 guidata dal prof. Carlo Rubiolo.
Dalla riapertura del dormitorio e della mensa in corso Piemonte fino all’inaugurazione del nuovo ambulatorio odontoiatrico, monsignor Bodo nelle parole di Rubiolo “è un vero amico della Caritas. Come testimonia già il motto da lui scelto: ‘Caritas numquam excidit’ - ricorda il direttore Rubiolo -. per suo impulso, infatti, che è nata ‘Casa Madre Teresa di Calcutta’, la struttura di accoglienza polifunzionale di via Sant’Agostino; ed è grazie al suo decisivo interessamento che la Casa di prima accoglienza ‘Mons. Bona’ ha potuto continuare ad operare anche dopo che l’associazione Papa Giovanni XXIII aveva dovuto lasciarne la gestione. Per la mia azione di coordinamento della Caritas diocesana so di poter contare sul suo costante sostegno, oltre che sul pungolo della sua inesauribile ‘creatività’ pastorale”.
Dunque un vescovo attento a camminare e ascoltare il presente (e i presenti), ma anche proiettato verso una visione futura della Chiesa, che accompagna, come sottolinea don Silvio Eandi, coordinatore della pastorale diocesana, prendendo molto a cuore l’organizzazione e il futuro della nostra Diocesi e delle parrocchie. “Ad esempio - ricorda don Eandi - ha favorito l’unione tra le comunità e la nascita di nuovi ministeri che possano accompagnare o in alcuni casi sostituire i sacerdoti che vengono sempre meno”.
Non va dimenticata, infine, la particolare sensibilità di monsignor Bodo “verso tutto ciò che è bello e questo si concretizza nel suo impegno a far rivivere il Duomo in tutta la sua bellezza, a tutti i presepi che allestisce in Curia durante il tempo natalizio, alla sua attenzione a ciò che è dignitoso, curato, ordinato, bello”. Aspetto che ha portato in questi cinque anni monsignor Bodo a ricercare un dialogo con la fede e i fedeli anche attraverso l’arte e la cultura come testimoniano le tante mostre ed esposizioni a Palazzo dei Vescovi e la sottoscrizione dell’accordo con il Comune per la candidatura di Saluzzo a capitale della Cultura 2024, nell’intento di utilizzare l’arte, ad esempio, per diffondere con nuovi linguaggi il messaggio evangelico.
Infine, il cantiere del Duomo, senza trascurare le molte povertà presenti anche nel nostro territorio. “Cinque anni fa mons. Cristiano ha voluto iniziare un restauro capillare della cattedrale, che io credevo impossibile. Confesso che ero dubbioso, venendo dall'ambiente Caritas. - osserva il vicario generale don Beppe Dalmasso - A lavori fatti, ammetto che il vescovo ha avuto coraggio e ha portato il Duomo nel suo splendore. Prima c'era il grigiore degli affreschi, ora non toglieresti più gli occhi dai dipinti. Quando ero missionario in Brasile, alla periferia di San Paolo, ho iniziato celebrando messa sotto un albero o in una piccola officina meccanica. La gente che viveva nelle favelas l’abbiamo sostenuta con l’aiuto della parrocchia di Dronero a costruirsi una chiesa. Analogamente, per decenni la nostra Diocesi ha mandato missionari in Camerun con la prima partenza di don Gottero. Ultimamente non siamo più presenti, ma continuiamo ad aiutare materialmente anche quella giovane Chiesa tramite il Centro missionario e collaboriamo anche alla costruzione della cattedrale della Diocesi con sede a Maroua”.
“Questo per dire - continua don Dalmasso - che preziosi interventi sulle chiese non hanno mai tolto nulla a chi è in difficoltà, né in missione né qua. Gli aiuti ai poveri o alle persone in situazioni di disagio, sia italiani che stranieri, non sono venuti meno, anzi sono aumentati. L'aiuto alle persone è sempre stato la preoccupazione della nostra chiesa locale. L'otto per mille viene rigorosamente distribuito per i poveri e il restauro degli edifici religiosi. Su 625 chiese in Diocesi anche la nostra cattedrale ha avuto un investimento e l'attenzione che meritava. Poi il sogno di mons. Bona: casa della cultura e casa della carità, ulteriormente cresciuto se sapremo ora crescere con la nuova restaurata Casa della preghiera”.