Il carcere di Alba riapre tra un anno: “La sfida del futuro? Portare qui il lavoro vero”
Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari ha visitato il cantiere della casa di reclusione, chiusa dal 2016. Quando riaprirà potrà ospitare 180 detenutiNon più di un anno per riavere il carcere di Alba aperto e funzionante. La conferma arriva dal sottosegretario alla Giustizia con delega al trattamento dei detenuti, il leghista Andrea Ostellari, oggi in visita al cantiere da oltre 6 milioni di euro del “Giuseppe Montalto”, accompagnato dal senatore Giorgio Maria Bergesio e dal garante regionale dei detenuti Bruno Mellano.
La casa di reclusione è chiusa dal gennaio 2016, quando un’epidemia di legionella portò allo sfollamento dell’istituto, già “retrocesso” dal rango di casa circondariale dopo la perdita del tribunale. Nel 2021 ha riaperto la casa di lavoro, dove oggi sono ospitati 34 internati e 8 semiliberi. Con la conclusione della ristrutturazione potrà ospitare fino a 180 detenuti: un sollievo atteso da tutti i penitenziari regionali in cui la soglia di capienza tocca livelli allarmanti, Cuneo inclusa. Tra fine anno e inizio 2025 si prevede di concludere la prima fase dell’intervento sul padiglione detentivo e per la metà del prossimo anno la seconda fase, comprendente la caserma agenti, la sezione semiliberi, gli uffici amministrativi e di servizio.
Niente più ritardi, promette Ostellari, confermando quel che la direzione risorse dell’amministrazione penitenziaria aveva già anticipato al garante dei detenuti. In base al primo cronoprogramma, infatti, i lavori iniziati a luglio 2022 si sarebbero dovuti ultimare a ottobre 2023: la tempistica però è stata aggiornata con l’inserimento di altri interventi che non erano previsti in origine. “L’impegno è di rivederci tra un anno - conferma il sottosegretario - per inaugurare un carcere modello: avrà spazi detentivi idonei e capacità di investire sulla formazione e il lavoro, cosa che già oggi si fa in piccolo”.
Dal 2005 infatti l’istituto è dotato di una vigna interna, nella quale, in collaborazione con l’Istituto enologico albese e la Fondazione casa di carità Arti e Mestieri onlus, si producono 3mila bottiglie di vino all’anno. Il “Valelapena” è un “rosso rubino con riflessi purpurei” e una gradazione alcolica del 13%. Sotto la direzione tecnica dell’agronomo Giovanni Bertello lavorano nella vigna dodici reclusi, secondo un criterio di turnazione: “Il progetto - spiega l’agronomo - ha sempre l’obiettivo di mettere a lavorare il numero più alto possibile di internati. La convenzione è stata rinnovata un paio di mesi fa e proprio stamattina si è tenuto l’esame di formazione”. A supportare il lavoro dei carcerati provvede anche la multinazionale Syngenta, che oltre a fornire sementi e agrofarmaci si occupa della promozione. “Oltre al vigneto - ricorda Bertello - ci sono la serra, l’orto e il noccioleto: quest’anno partirà il primo corso di corilicoltura”.
Il limite fisiologico di queste esperienze, finora, è stato il fatto che il lavoro si esaurisca in carcere, a differenza di quanto accade a Cuneo e Fossano con la cooperativa di panificatori Panatè-Glievitati. La scommessa per il futuro, dice il sottosegretario Ostellari, è portare le imprese a “investire” sui carcerati: “In molti istituti stiamo potenziando la capacità di investimento delle aziende locali, per spostare linee di produzione all’interno del carcere. La legge Smuraglia permette già ora di avere importanti sgravi per le imprese che avviano queste lavorazioni”. “Siamo in contatto anche con Panatè, vedremo se si potrà portare qui un’analoga iniziativa” fa sapere il direttore Nicola Pangallo, arrivato ad Alba lo scorso novembre, dopo un periodo di “vuoto” ai vertici del “Montalto”: “Credo che il lavoro sia, in generale, la chiave di volta per la risoluzione di problematiche di lungo periodo, anche dal punto di vista della sicurezza interna”.
Tuttavia, come ricordato anche dal collega cuneese Domenico Minervini, ci sono limiti oggettivi: per il lavoro esterno, servono requisiti di affidabilità che pochi detenuti garantiscono. Il lavoro interno è più “facile”, ma anche meno finanziato: “La scommessa è aumentare l’investimento sulle ditte e qualificare le professionalità, riconoscendo l’impegno lavorativo dei detenuti”. Anche il garante dei detenuti Mellano si dice soddisfatto per la visita odierna al cantiere: “È decisiva l'assunzione di responsabilità del ministero, in un percorso che sembra aver imboccato il binario giusto per giungere alla meta, ma - come sappiamo molto bene - meglio essere in guardia. Anche io ho potuto vedere, per la prima volta dalla chiusura del gennaio 2016, lo stato dei lavori e mi sembra che sia positivo”. La conclusione dei lavori, aggiunge il garante, restituirà alla città e all’intera regione “una struttura di eccellenza per progetti e per capacità di accoglienza di cui si ha urgente bisogno per sgravare altri istituti penitenziari in forte sovraffollamento, come Torino”.
Andrea Cascioli
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