Morti intossicati dal fumo ad Alba: “Non potevano entrare nelle strutture di accoglienza”
“Siamo rimasti con il cuore amaro” dice il sindaco Gatto, confermando che i due giovani immigrati non avevano trovato posto nei dormitori cittadiniSi sono addormentati e non si sono più svegliati. Il freddo della notte ha fatto da padrone in un casolare nella periferia di Alba, precisamente in località Gamba di Bosco, vicino al carcere. Lo stesso freddo che aveva fatto decidere ai due giovani africani, di 24 e 28 anni, rispettivamente senegalese e guineano, di accendere un braciere in un casolare abbandonato dove avrebbero trascorso la notte, in mancanza di meglio. Il monossido di carbonio ha probabilmente invaso tutta la stanza senza che i due se ne accorgessero, nel sonno. Poi si è spento. E di loro nessuna notizia fino a martedì 10 dicembre, quando - stando alla cronaca di oggi - un loro conoscente li ha trovati senza vita nello stesso luogo. Una morte silenziosa, come silenziosi sono i problemi che non si vedono o non si vogliono vedere attorno ai migranti che, quotidianamente, vivono e lavorano con noi.
Dopo la cronaca, ci sono anche le reazioni. In primis quella del sindaco di Alba, Alberto Gatto (Pd), che, dopo aver appreso la tragica notizia, commenta: “Siamo rimasti con il cuore amaro. Purtroppo abbiamo compreso che, per fatti pregressi, questi due giovani non potevano essere accolti nelle strutture di accoglienza che abbiamo a disposizione. Non esistono parole giuste per commentare una notizia come questa, sappiamo poco di loro, della loro vita, del motivo per cui siano venuti in Italia e ad Alba, sappiamo poco della loro famiglia e i loro cari, a cui va tutta la nostra solidarietà, ovunque essi siano”.
Anche la consigliera regionale Giulia Marro (Avs), molto vicina a questi temi, ha commentato sui suoi profili social questo evento, parlando di “un sistema che ignora, che fa finta di non vedere, che preferisce girarsi dall’altra parte e mettere la polvere sotto il tappeto”. “Questa tragedia poteva avvenire ovunque - dice ancora Marro -. Ogni volta che succede qualcosa di drammatico, ci si rifugia in un mare di parole vuote o di incolpevoli silenzi”. Poi il cenno alla proposta “Vuoti a rendere” per tutelare il diritto alla casa, facendo un censimento degli alloggi di proprietà inutilizzati per renderli alla comunità: “Lasciare case vuote mentre le persone muoiono in strada è un crimine sociale. Quando ho difeso questa proposta in commissione, mi hanno chiamata ‘leninista’. Eppure stavo semplicemente difendendo il diritto a vivere in un posto decente, a non dover morire in una casa abbandonata, a non dover dormire in strada come se la vita non avesse valore. La vita ai margini logora, la vita in strada uccide”.
l.r.
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