A qualcuno piace caldo
In Piemonte si chiude l'ottobre più rovente degli ultimi 65 anni, ma anche il cambiamento climatico ha i suoi negazionistiIl mese che si è concluso da pochi giorni è stato per il Piemonte il più caldo ottobre degli ultimi sessantacinque anni (ovvero il più caldo da quando vengono raccolti i dati a livello regionale). Le temperature sono state superiori di 3.5 °C rispetto alla media del periodo e di 1 °C rispetto a quelle del secondo ottobre più caldo della serie storica, quello del 2001. È quanto emerge dal rapporto che Arpa Piemonte ha pubblicato nei giorni scorsi sui valori termici dell’ultimo mese. Un mese caratterizzato da temperature quasi estive: lo si può chiaramente osservare tramite il portale online Meteo3R, anch’esso sviluppato da Arpa Piemonte. Nell’ultimo weekend a Cuneo la colonnina di mercurio è salita oltre i 23 gradi. A Bra sono stati superati i 25 gradi, ad Alba i 24, a Fossano e Mondovì si è arrivati a 23. Impressionanti anche i dati rilevati dalle stazioni meteo installate sull’arco alpino. Quella del Monviso, posta a 3.325 metri, per tutto lo scorso fine settimana non è mai scesa sotto gli zero gradi (lo zero termico si è attestato a circa 3.500 metri, una quota prettamente estiva). Sul Colle della Lombarda (2.305 metri) sono stati superati i 15 gradi, la stazione di San Bernolfo (1.695 metri) ha registrato una temperatura di oltre 17 gradi. Superiore agli 11 gradi quella rilevata alla Rocca dell’Abisso (2.753 metri). E si potrebbe continuare ancora (i dati, come detto, sono pubblici e consultabili comodamente online).
Numeri che restituiscono l’immagine inequivocabile del cambiamento climatico in atto, che - insieme ad una serie di evidenze scientifiche ormai sempre più vasta - fotografano una realtà lampante, malgrado qualcuno ancora si ostini a negarla. E non si tratta, come sarebbe comprensibile, dei classici commentatori da bar, poco avvezzi ad analisi approfondite. No, i negazionisti del cambiamento climatico siedono anche sui banchi del Parlamento. È il caso - uno tra i tanti - di Alberto Bagnai, professore universitario di politica economica, eletto alla Camera dei Deputati per la Lega, che in un tweet del 29 ottobre (puntualmente subissato di pernacchie sul noto social) ha scritto: “Questo caldo così eccezionale, così inconsueto, così catastrofico, così imprevedibile, che per chiunque (tranne che per gli ignoranti), ha un nome che risale nei secoli: Estate di San Martino”. “I luoghi comuni sì, le statistiche e la scienza no”, ha replicato ironico un utente: difficile sintetizzare meglio.
Fuori da Twitter, nel mondo reale, si toccano invece con mano le conseguenze di questo caldo anomalo e dell’altrettanto anomala siccità degli ultimi mesi (con la sinistra sensazione che il peggio debba ancora arrivare): “Ad oggi – spiegano da Coldiretti Cuneo – preoccupa la prospettiva di un inizio novembre con temperature ancora calde che stanno provocando l’allungamento della fase vegetativa delle piante: il rischio è che ripartano le fioriture con il pericolo di esporle ai danni di un prevedibile successivo abbassamento delle temperature che comprometterebbe le coltivazioni. Nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche sui parassiti che sono rimasti attivi con le temperature miti e attaccano più facilmente le colture ancora in campo. Se in campo, per la frutta e gli ortaggi autunnali, gli agricoltori sono riusciti a sopperire nella maggior parte dei casi alla carenza d’acqua con le operazioni di irrigazione, pur a fronte di costi moltiplicati a causa dei rincari energetici, resta la preoccupazione per le semine dei cereali autunnali come il grano”.
E il tema siccità, emergenza diventata ormai cronica fin dallo scorso inverno, uno dei più secchi della storia recente, è stato sottolineato nei giorni scorsi anche da Alberto Bertone, amministratore delegato dell’Acqua Sant’Anna, che ha parlato all’Ansa: "Sono molto preoccupato: i torrenti di montagna praticamente non esistono più e le falde si sono impoverite tantissimo, sono quattro-cinque volte meno ricche rispetto al passato. Da due anni nevica e piove poco o niente nel nord ovest italiano. È più che mai urgente che si realizzino gli invasi per trattenere l'acqua quando cade, snellendo le procedure. Come stanno le cose oggi non va: basta che uno alzi la mano e si opponga a un progetto e tutto si ferma. Il sistema va cambiato, sempre ovviamente nel rispetto dell'ambiente, c'è assoluta necessità di ricavare invasi raccolta lungo il corso dei fiumi in montagna”.
E se i “Friday for Future” - l’ultimo a Cuneo lo scorso settembre - da soli non basteranno a risolvere il problema, hanno quantomeno il merito - non irrilevante, visto il contesto - di mantenere alta l’attenzione su un problema che si fa ogni anno più grave, oltre a darci una speranza di maggiore sensibilità sul tema da parte delle nuove generazioni. Con buona pace di chi ogni volta accusa i ragazzi di cogliere semplicemente un’opportunità per marinare la scuola, di chi di fronte a un fenomeno dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche si limita a guardare il proprio orticello festeggiando per il risparmio sulle bollette del gas. Di quelli che, con la boria di chi la sa lunga e di chi ha capito tutto prima degli altri, in maniche corte sul terrazzo a inizio novembre continuano a garantire che è tutto normale.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul numero del 3 novembre del settimanale di Cuneodice.it.
Andrea Dalmasso
CUNEO clima - ottobre