Borgna tira le somme: “Ero il sindaco cieco, ora sono il sindaco e basta”
L’intervista al primo cittadino uscente: “Sono stati anni bellissimi, ma sono contento esista la regola del doppio mandato”. Per il futuro lascia aperte tutte le porte e ironizza: “Sono come la bela Maria...”Pubblicato in origine sul numero del 14 aprile del settimanale Cuneodice: ogni giovedì in edicola
Sono passati dieci anni da quando i cuneesi hanno conosciuto quello che per due mandati sarebbe stato il loro sindaco. Ora è giunto a pochi mesi dalla scadenza del secondo quinquennio e la legge elettorale non gli consente di candidarsi per un terzo, ma Federico Borgna non pare troppo dispiaciuto: “Sono stati anni bellissimi e mi sembra incredibile che siano già passati. Se tornassi indietro rifarei l’esperienza, ma sono contento che esista il limite dei due mandati: è una regola di buon senso”.
Qual è stato il momento più bello dei suoi due mandati da sindaco?
“Difficile dirne uno su tutti, ce ne sono stati tanti. Ricordo con piacere la catena umana di libri per inaugurare la Biblioteca 0-18 o l’inaugurazione di via Roma pedonale con Cuneo Illuminata, nel 2015: quando si sono accese le luci si è sentito il mormorio di stupore della piazza”.
E nelle ultime settimane?
“Di recente sono andato a trovare gli anziani che vivono a “Dolce casa”, la comunità autogestita per anziani autosufficienti che trova spazio al piano ammezzato del Puf. Incontrare questo gruppo di dieci persone che vivono in sostanziale autonomia, con la storia che ha quel palazzo, è stato molto bello”.
L’altro lato della medaglia, il momento più brutto?
“È una domanda che mi hanno già fatto e ci ho pensato molto. Anche in questo caso ce ne sono stati tanti. Certamente mi ricorderò per tutta la vita il 14 marzo del 2020: nella notte ci fu il primo morto di Covid a Cuneo e accadde in una nostra casa di riposo. Alle tre e mezza di notte ero al telefono con il responsabile della struttura e cercavamo di trovare una soluzione per arginare il problema, mentre la sanità era nel caos. È stato un periodo pesantissimo per tutti, ma per me è stato incredibile”.
Tra i tanti progetti realizzati, di quale è più orgoglioso?
“Abbiamo ricevuto l’eredità della strategia sui Fondi Pisu dall’amministrazione precedente. L’impatto che ha avuto sul centro storico ha cambiato il modo di vivere la città. Via Roma pedonale è stato un progetto complesso da portare avanti, gran parte della politica non era d’accordo e anche molti cittadini erano scettici. Oggi è uno degli elementi identitari, quando arriva un amico da fuori i cuneesi lo portano a fare due passi in via Roma, perché ne sono orgogliosi. Secondo me la stessa cosa accadrà con Parco Parri”.
E le frazioni?
“In tutte le frazioni abbiamo fatto o stiamo per fare qualcosa di significativo. L’ultima zona che aspettava era Bombonina e nelle scorse settimane è stata indetta la gara d’appalto per il parco giochi. Una richiesta degli abitanti”.
Per il resto?
“Molto è stato fatto sull’impiantistica sportiva. Quando abbiamo inaugurato la piscina olimpionica c’erano Gregorio Paltrinieri e la Nazionale di nuoto sincronizzato. L’allenatrice azzurra mi ha detto che di impianti simili ne aveva visti solamente in Cina. Abbiamo realizzato la piscina a Cuneo con l’azienda che a metà lavori è fallita. Ricordo ancora quel giorno: mi chiamò l’allora assessore allo Sport Valter Fantino, uno che lavora tanto, ma che al mattino fatica a carburare. Quando vidi il suo nome sul telefono alle 6,30 capii subito che c’era un problema”.
Quali saranno le sfide che dovrà affrontare il tuo successore?
“Una non certo banale è riuscire a spendere entro il giugno 2026 i 40 milioni di euro ottenuti dal Pnrr. A Cuneo ci sono in ballo due grandi obiettivi: 26 milioni per il Pinqua (Piano innovativo per la Qualità dell’abitare), 14 progetti che vanno da Confreria a Borgo San Giuseppe passando per la caserma Piglione, e poi c’è il completamento della Biblioteca Santa Croce, da 13 milioni di euro. A questi progetti si aggiungono il parcheggio sotterraneo in piazza Europa (a breve l’approvazione del progetto definitivo, n.d.r.) e la Caserma Montezemolo, per la quale stiamo aspettando il via libera della Soprintendenza al progetto definitivo. Un totale di 56 milioni di euro di progetti da realizzare nei prossimi 5 anni. Solo questo richiederà un sforzo enorme”.
Questo per quanto già programmato. E poi?
“Dall’altra parte ci sono le grandi sfide infrastrutturali in partenza. Una su tutte, la programmazione del cantiere del nuovo ospedale che si porterà dietro la realizzazione della tangenziale di Cuneo. I due progetti sono legati. Dopo la chiusura dei cantieri dell’autostrada Asti-Cuneo, bisognerà iniziare con la prosecuzione del tracciato verso Nizza. Poi c’è il tema dell’aeroporto di Levaldigi”.
Lei indica tra gli asset strategici anche lo scalo aeroportuale cuneese, che oramai è in piedi grazie a investimenti privati
“La normativa che riguarda le società partecipate è demenziale. È sbagliato immaginare che debba sottostare a quella legge un aeroporto, vale a dire un’infrastruttura che serve a sviluppare il territorio e per questo può avere un bilancio in perdita. D’altra parte non è che l’edilizia scolastica, il teatro o il cinema generino ricavi, ma ci confrontiamo con un quadro normativo stupido e dobbiamo far fuoco con la legna che abbiamo. Negli ultimi anni la famiglia Merlo ha garantito la sopravvivenza di Levaldigi, ma siamo al mecenatismo. Secondo me serve un progetto industriale serio che consenta all’aeroporto di avere i conti in equilibrio. Ora si punta sul traffico passeggeri, il volo per Roma ha avuto grande successo, ma in futuro può diventare un hub intermodale unico nel Nord Ovest. L’autostrada e la ferrovia passano vicino, si potrebbe valorizzare l’unicum. Serve che la pubblica amministrazione sia lungimirante, le risorse del Pnrr sono un’occasione”.
Il tutto come si inserirà a livello più alto?
“La globalizzazione così come l’abbiamo vista cambierà. All’ordine del giorno ci saranno i temi dell’energia e dell’approvvigionamento delle materie prime. Il sindaco di Cuneo non governerà questi processi, ma dovrà avere una visione di città coerente con un quadro che cambia”.
Una domanda da presidente della Provincia. C’è la possibilità che alcuni Comuni non riescano a spendere i fondi del Pnrr?
“Il Pnrr per l’Italia è un operazione ad altissimo rischio. Nei centri più piccoli il rischio che i soldi non si riescano a spendere c’è: è un problema serio, tant’è che abbiamo strutturato un servizio in Provincia per dare una mano ai piccoli centri. Spesso mancano le forze amministrative per riuscire a utilizzare nella giusta maniera queste risorse. I fondi europei sono complicati da gestire per progettazione e rendicontazione, ma il Pnrr è ancora più complicato”.
Tema delle infrastrutture: tra il crollo del ponte del viadotto della Tangenziale di Fossano, la tempesta Alex che ha distrutto il Tenda e le stesse problematiche irrisolte, oggi la provincia è messa peggio di come l’ha trovata
“Come sistema Paese dobbiamo chiederci se i tempi di risposta di Anas e Ferrovie siano accettabili. Non voglio buttare la croce addosso agli operatori, ma è un combinato disposto per cui non è mai colpa di nessuno. Il codice degli appalti va in una direzione, l’Anas funziona in un altro, il Cipe in un altro ancora”.
I casi più eclatanti?
“L’esempio paradigmatico ce l’abbiamo: dopo la tempesta Alex in valle Roya, la Francia ha investito 150 milioni di euro per sistemare tutto, mentre noi siamo partiti con il cantiere due mesi fa. Dico questo non per puntare il dito contro qualcuno, ma dobbiamo riflettere su cosa non funziona nel sistema”.
Cosa non funziona?
“Il raddoppio della Cuneo-Fossano è nei piani di programma di RFI da vent’anni e ogni tre viene fatto scivolare sul triennale successivo. In questo momento abbiamo risorse per gli investimenti e ci sono una serie di temi che vanno cavalcati e sistemati. Non ho la sindrome della mosca cocchiera, ma i cantieri dell’Asti-Cuneo si sono sbloccati perché abbiamo messo il gazebo davanti alla Prefettura. Su tante partite la nostra Provincia è a credito con il Paese. È arrivato il momento di discuterne”.
Cosa farà nel suo futuro? La collocano ovunque, da Cuneo (alla presidenza della Fondazione CRC) al Parlamento Europeo a Bruxelles, in Regione a Torino e al Parlamento Italiano a Roma
“Sun come la bela Maria: tuti la volu gniun la pia. (Sono come la bella Maria: tutti la vogliono, ma nessuno la piglia, n.d.r.). Si tratta di proposte estremamente interessanti e stimolanti, ma io sono diventato sindaco quasi per caso. Non l’avevo cercato e la vita funziona così: se sei la persona che serve al momento giusto e al posto giusto bene, altrimenti meglio lasciar stare. Io mai avrei pensato di fare il sindaco e il presidente della provincia di Cuneo, sono a credito con la vita politica. Se ci saranno delle opportunità, le coglierò volentieri, altrimenti continuerò il mio percorso. D’altronde vivevo bene anche prima di diventare sindaco”.
Lei è stato il primo sindaco non vedente d’Italia, oggi ce ne siamo dimenticati
“Meraviglioso. Il pensiero che in origine mi ha fatto accettare la candidatura a sindaco è proprio questo. Nel 2012 ero presidente regionale dell’Unione Ciechi ed ero in procinto di diventare presidente nazionale. Quando mi hanno fatto la proposta il ragionamento è stato il seguente: ‘Se accetto la candidatura a sindaco e riesco a non fare la figura del pirla dal punto del vista del messaggio di integrazione sociale delle persone con disabilità visiva, potrei aprire delle porte’. Ieri ero il sindaco cieco, oggi sono il sindaco e basta: è una cosa di cui vado molto orgoglioso”.
Com’è stato il rapporto con i cittadini?
“Molto bello. Forse la cosa che mi mancherà di più, ma credo continuerà perché non vado a vivere a Oslo. In questi anni mi sono imbattuto in persone illuminate e becere, ho capito che la lungimiranza e la generosità sono distribuite equamente su tutta la scala sociale. Le dinamiche sono sempre le stesse, sia che si parli di grandi infrastrutture o di reddito di cittadinanza”.
Si candiderà al Consiglio comunale come fece il suo predecessore?
“Il quadro è completamente diverso. Valmaggia si era candidato perché si era arrivati a una rottura forte (dopo le primarie che avevano indicato Gigi Garelli come candidato del centrosinistra, n.d.r.). Io arrivavo da Bernezzo e in questa città ero un carneade. La sua candidatura fu un gesto di generosità atto a garantire per me. Ora c’è una situazione totalmente differente: la candidata sindaco (Patrizia Manassero n.d.r.) ha un curriculum che parla per lei. Non mi candiderò: se lo facessi sarebbe sbagliato e irrispettoso nei suoi confronti e la regola dei dieci anni è una bella regola”.
Samuele Mattio
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