Borgo San Dalmazzo, il 'no' al biodigestore anche online: 'La storia ci dice che impianti così grandi non funzionano'
Nella serata di lunedì 17 febbraio un nuovo incontro pubblico organizzato dal comitato che si oppone alla realizzazione dell'impianto, partita la raccolta firmeE’ partita ufficialmente stasera, lunedì 17 febbraio, con la riunione pubblica nella sala consiliare borgarina, l’attività del comitato “No al biodigestore”, che si oppone alla realizzazione, a Borgo San Dalmazzo, dell’impianto in cui Acsr vorrebbe smaltire tutti i rifiuti organici della provincia di Cuneo. Avviata la raccolta firme annunciata alcune settimane fa dal consigliere comunale borgarino Mauro Fantino: tutti i giovedì mattina durante il mercato settimanale si potrà firmare in piazza Martiri la petizione cartacea, che sarà proposta poi anche a Borgo nuovo e nei Comuni limitrofi, oltre che online sul portale Change.org (QUI il link alla petizione).
Ad aprire la serata lo stesso Fantino: “L’effetto dirompente che hanno avuto la creazione del nostro comitato e le nostre prima attività dimostra quanto la comunità sia stata tenuta all’oscuro di quanto sta accadendo”. L’ex assessore ha ripercorso le tappe che hanno portato l’assemblea dei Sindaci ad approvare, lo scorso 19 dicembre, l’iter per la realizzazione del biodigestore, senza risparmiare duri attacchi ad Acsr: “Aveva un amministratore unico, ora ne hanno nominati cinque. Hanno affidato la comunicazione ad un ufficio stampa, ma continuano a non rispondere alle domande che poniamo da settimane. Durante l’assemblea che ha approvato la realizzazione dell’impianto ben 28 sindaci (su 54, ndr) erano assenti”.
Molto diretto anche l’intervento del sindaco di Roccavione Germana Avena, tra i sei primi cittadini a votare contro il biodigestore. “La gestione dei rifiuti è di competenza regionale, - ha spiegato Avena - noi in questo ambito abbiamo una legge molto moderna, la numero 1 del 2018, promossa da Alberto Valmaggia: questa norma dice che va privilegiato il recupero di materia, non quello di energia, e che la realizzazione degli impianti è di competenza della stessa Regione, non dei consorzi. Nessuno, nelle riunioni dei bacini provinciali, ha mai manifestato la necessità di un biodigestore in una zona decentrata come Borgo San Dalmazzo”.
Il sindaco di Roccavione ha poi fatto riferimento alle parole di Federico Valentini, agronomo che ha redatto lo studio di fattibilità dell’impianto, che durante un incontro con i giornalisti aveva definito il biodigestore “non solo necessario, ma indispensabile”: “Ha ragione, è indispensabile…per lui”.
Avena ha illustrato nel dettaglio l’iter che ha portato alla situazione attuale: “Già quando la Provincia ha deciso di sottoporre il progetto a Valutazione di Impatto Ambientale ipotizzando risvolti negativi da questo punto di vista sarebbe stato opportuno fermarsi: almeno il Comune di Borgo avrebbe dovuto farlo. A dicembre durante l’assemblea dei Sindaci ho chiesto ai revisori contabili cosa ne pensavano di questo progetto: definirono i flussi di cassa relativi all’intervento ‘positivi a patto che tutti gli elementi ad oggi indefiniti si presentino in modo positivo’: insomma, nessuna certezza. Sostennero che ‘qualora l’investimento non venisse realizzato i costi per lo studio definitivo influenzerebbero negativamente il risultato di esercizio’. Ricordo che mediamente un progetto definitivo costa il 10% dell’opera. In questo caso circa un milione e mezzo di euro che andrebbero spesi in ogni caso, anche se l’opera non venisse realizzata. Un secondo macigno che avrebbe dovuto indurre a fermarsi”.
Dopo aver messo in dubbio la possibilità di conferire nell’impianto i quantitativi di rifiuti necessari a renderlo efficiente (“Servono 45 mila tonnellate di rifiuti organici, oggi la provincia ne produce 27 mila e stanno diminuendo”), la prima cittadina di Roccavione si è poi soffermata sull’aspetto della società “in house”, vale a dire una società i cui soci sono enti per i quali la stessa società svolge dei servizi: "Secondo la legge Madia l’80% del fatturato di queste società deve provenire da attività svolte per gli enti soci. Nel caso specifico, insomma, Acsr potrebbe prelevare fuori dal suo bacino solo il 20% del fabbisogno, requisito ampiamente violato dal progetto presentato per il biodigestore". Dubbi anche sul ritorno economico dell'opera: "Si parla di un ritorno di un milione e 148 mila euro all’anno, ma anche la stessa Acsr ammette che sono in corso ulteriori verifiche in caso di funzionamento non ottimale dell’impianto".
“Probabilmente c’è un piano B: - ha proseguito la Avena - a Borgo c’è una discarica che può essere riaperta e può essere utilizzata per altri dieci anni. Quando saremo con l’acqua alla gola e i sindaci non potranno più aumentare le bollette, arriverà un privato a farsi carico dell’impianto: da allora non sapremo più cosa accade dentro l’impianto, non si controllerà più nulla. La discarica di Borgo è una ricchezza che fa gola: per questo dico ai borgarini di attivarsi per fermare questo progetto finché si è in tempo”.
Tra i “relatori” della serata anche Franco Dini, medico, ex consigliere comunale borgarino e membro del Comitato, che ha contestato punto per punto le affermazioni fatte dal sindaco di Borgo San Dalmazzo Gian Paolo Beretta nella lettera inviata ai cittadini nei giorni scorsi per motivare l’approvazione al progetto del biodigestore.
Ad intervenire, in seguito, l’ingegner Marco Baudino, operante in una società che si occupa proprio di impianti per lo smaltimento rifiuti: “In Svizzera il tema dell’organico viene gestito così: la logica risolutiva dei problemi è la miniaturizzazione degli impianti, adeguarli alle esigenze del territorio, ragionando sull’efficientamento. In sostanza, gli impianti vengono dimensionati in base all’esigenza del territorio, non si mette il territorio al servizio dell’impianto. La logica è distribuire la tecnologia con impianti più piccoli ma più efficienti, invece di accentrarla e mettere in giro camion, per un impianto che molto probabilmente non funzionerà perché troppo difficile da gestire. L’impianto deve essere piccolo in modo che la comunità senta la responsabilità di farlo funzionare bene. La storia ci dice che impianti troppo grandi non funzionano. Troppi rifiuti in entrata sono impossibili da controllare, il che significa che sarà impossibile controllare anche ciò che ne esce. Un impianto delle dimensioni di quello che si vuole realizzare a Borgo San Dalmazzo non sarà mai efficiente e non permetterà mai di rientrare dell’investimento”.
In chiusura della serata, dopo alcuni interventi del pubblico, è stata poi data lettura del testo della petizione lanciata dal comitato “No al biodigestore”, prima del via ufficiale alla raccolta firme.
Qui di seguito alcuni dei nostri approfondimenti sul progetto
Andrea Dalmasso
BORGO SAN DALMAZZO Borgo San Dalmazzo - biodigestore