Cuneo si sente sicura, la provincia un po’ meno: “Ma smettiamola con l’isola felice”
In Prefettura un confronto con forze dell’ordine, procuratore e avvocati, davanti a una platea di giornalisti. Il questore: “Ci preoccupano i furti in abitazione”La metafora dell’“isola felice”, quella che per decenni i giornali hanno usato per descrivere la situazione dell’ordine pubblico a Cuneo, non piace più: “Quando si usa l’espressione ‘isola felice’ vuol dire che succede di tutto” dice scherzando, ma nemmeno tanto, il procuratore capo Onelio Dodero.
“La vera criminalità organizzata deve ancora arrivare, anche se ci sono le avvisaglie” aggiunge il magistrato: “È ovvio che chi è nato e vive qui ha una percezione diversa da chi sta in realtà meno garantite”. Ecco, la “percezione”: un’altra delle parole magiche evocate quando si riflette sulla sicurezza e come viene garantita. Se ne parla in occasione di un incontro, intitolato “Ordine e sicurezza pubblica. Dati statistici e percezione a confronto”, organizzato in Prefettura dall’Ordine dei Giornalisti.
Di fronte alla stampa in platea si alternano il prefetto Mariano Savastano, il questore Carmine Rocco Grassi, i comandanti provinciali dei Carabinieri Marco Piras e della Guardia di Finanza Mario Palumbo, il comandante della Polizia Locale di Cuneo Davide Bernardi, prima del confronto conclusivo tra Dodero e il presidente dell’Ordine degli Avvocati Alessandro Ferrero. Nel corso della mattinata c’è spazio per il saluto del presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte Stefano Tallia.
Dai numeri, forniti dal questore Grassi in base all’ultima indagine Eurispes e alla classifica del Sole 24 Ore, emerge il quadro di un territorio “a due velocità” in quanto a percezione di sicurezza: “La provincia si colloca tra le più sicure d’Italia, al 99esimo posto su 106: le denunce sono poco più di 14mila per ogni 100mila abitanti. Il dato che deve far riflettere è che quasi l’82% dei reati denunciati avviene nei paesi. Il capoluogo ha un’incidenza tra le più basse in Italia per denunce su abitanti, poco più del 18%”. A pesare è in particolare il ruolo dei “topi d’appartamento”: “Siamo al 35esimo posto per i furti in abitazione, un dato che ci preoccupa: 294 denunce ogni 100mila residenti”. Alta - e collegata a questo - è anche la statistica sulle rapine in abitazione, dove la Granda è 19esima. Ma qui i numeri sono molto contenuti: “L’analisi numerica parla di 4 denunce per 100mila abitanti”.
Più che sulla criminalità, avverte il questore, conviene concentrarsi sulla devianza: “È un concetto che incide fortemente sulla percezione del crimine, con cui si intende ogni atto anche solo verbale che viola le norme di una comunità e che non necessariamente è reato. Ci viene molto spesso chiesto di intervenire su condotte che non sono neanche inquadrabili come reato: ad esempio prostituirsi in modo libero, escludendo favoreggiamento o induzione, non è di per sé reato”.
Il tema lo affronta anche il comandante dei vigili Bernardi, menzionando l’ordinanza sindacale sul divieto di vendita di alcolici nel cosiddetto “quadrilatero” e quella che viene “impropriamente denominata” daspo urbano: “Non è un’ordinanza ‘anti accattonaggio’, ma rivolta ai comportamenti molesti di determinati individui. Prevede, in determinate aree individuate nel confronto con la Prefettura e le pattuglie, la possibilità di contestare un ordine di allontanamento a chi impedisce la libera fruizione di spazi pubblici. Il provvedimento restrittivo, della durata di 48 ore, viene notificato immediatamente insieme alla sanzione pecuniaria e comunicato al questore, perché in caso di reiterazione non solo la sanzione pecuniaria si rincara ma sono previsti ulteriori provvedimenti”.
“Abbiamo condiviso la necessità di giungere a un patto per la sicurezza urbana della città di Cuneo” spiega il prefetto Savastano, ricordando che “la sicurezza si costruisce anche attraverso l’inclusione sociale. A volte leggo ‘la povertà non è un reato’: certo che non lo è, ma misure come il daspo urbano e il daspo Willy sanzionano la reiterazione di condotte solo se comportano pericoli per la sicurezza”.
Sulla “percezione” incide anche, com’è ovvio, l’azione dei mezzi d’informazione. Sempre più complicata, ricorda il presidente dei giornalisti piemontesi Tallia, dai vincoli imposti col decreto legislativo sulla presunzione d’innocenza: “Sono il primo a sostenere che in anni passati ci sia stato un rapporto sbagliato tra l’informazione e la giustizia, come è stata una stagione negativa quella in cui intercettazioni private che nulla aggiungevano alle inchieste venivano pubblicate sui giornali. Il punto è che oggi siamo arrivati a un ribaltamento di questa situazione, a partire da un presupposto e da una direttiva europea giusta”.
“Abbiamo tutti esagerato” riconosce il procuratore Dodero, stigmatizzando “le conferenze stampa di molte procure che davano per scontato quello che scontato non era assolutamente, la famosa sfilata del circo equestre. Quella stagione non è terminata, perché leggo sui giornali la pubblicazione di intercettazioni anche quando non devono essere pubblicate”. A Cuneo, fa sapere il capo della Procura, sono stati autorizzati 17 comunicati nel 2022, 13 nel 2023, 16 nel 2024. Al totale vanno aggiunti quella Procura di Asti, più “comunicativa”, che ha ereditato dalla vecchia Procura di Alba la competenza su Langhe e Roero.
La “presunzione d’innocenza” non esiste, avverte il presidente degli avvocati Ferrero: “C’è il principio di non colpevolezza che è costituzionalmente codificato. Se si parte da questo principio anche il modo di trattare la notizia deve tenere conto di questo fatto”. Per esempio: “Non è necessario scrivere sempre i nomi sui giornali: ci sono notizie rispetto a cui non cambia nulla. Un esempio è l’importante indagine sul carcere di Cuneo” dove menzionando gli indagati “si rischia di farli additare come torturatori”, sostiene il legale. Anche le toghe, però, hanno le loro responsabilità: “È chiaro che come avvocati abbiamo anche bisogno della stampa, ma dobbiamo imparare a dire la nostra solo quando è necessario. Nei talk show ci sono avvocati intempestivi, che pensano forse più alla loro popolarità mediatica che al risultato da portare a casa e cioè la tutela dell’assistito, sia innocente o colpevole”.
Andrea Cascioli
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