Dalla provincia di Cuneo alla Polonia, storie di accoglienza di fronte alla tragedia ucraina
Fabio Cosio ospita una donna in fuga da Kiev con la figlia 13enne. A Cracovia, la robilantese Debora Ranieri ha aperto la porta a una giovane mamma e alla sua bambinaLudmyla è scappata da Kiev a 35 anni, insieme alla figlia Olga che di anni ne ha tredici. Sole in giro per mezza Europa dell’est, prima il bus verso la Romania, poi alcuni giorni a Bucarest, infine l’approdo in Bulgaria. Non sapeva dove andare, finché un’amica che vive a Lubiana, in Slovenia, le ha detto che un suo ex compagno di studi italiano era disponibile ad ospitarla.
Così per Ludmyla e Olga si sono aperte le porte di una casa a 2.300 chilometri di distanza dall’unico luogo che avessero mai chiamato “casa”. A Cuneo le aspettava Fabio Cosio, 31 anni, una carriera avviata in Unicredit dopo anni di esperienze all’estero, Russia e Ucraina comprese. Fabio conosce il russo e da poche settimane convive con la sua fidanzata a Roata Rossi: “Dall’inizio della guerra ho sentito tutti gli amici ucraini, per fargli sapere che eravamo a disposizione. Avevo appena preso contatto anche con i canali ‘ufficiali’, quando ho ricevuto la richiesta della mia amica”. In Ucraina Ludmyla faceva l’infermiera ed è l’unica in famiglia ad aver lasciato il Paese. Sua mamma non si è voluta muovere da Kiev, mentre il marito e il fratello sono sotto le armi: “Il marito per fortuna si trova nell’ovest, ma di fatto l’intera Ucraina è ora sul fronte”.
Appena arrivata, la scorsa settimana, Ludmyla diceva che sarebbe presto ritornata a casa. Ora, spiega Fabio, sembra meno convinta: “Ma gli ucraini hanno la certezza di vincere la guerra. Forse, pur senza ammetterlo, considerano persa la Crimea, non certo il Donbass, dove pure ci sono più russi e russofoni”. Lui che in quei luoghi ha vissuto assicura che il sentimento di identità nazionale travalica l’appartenenza linguistica: “Nel 2013 ho visto le manifestazioni di Euromaidan, sia a Kiev che a Leopoli. Si può essere d’accordo o meno, ma è lì che l’Ucraina ha scelto la sua strada. Ero certo che avrebbero difeso la loro indipendenza”. A Cuneo, nel frattempo, madre e figlia stanno costruendo il loro prossimo futuro: “Lo sportello Info Ucraina del Comune è stato d’aiuto, come pure la Questura che ha già fornito codice fiscale e permesso di soggiorno. Lyudmila potrebbe trovare presto un lavoro, mentre Olga ha cominciato scuola martedì [22 marzo, ndr]. Devo fare un plauso alla preside dell’istituto di Madonna dell’Olmo, è stata eccezionale”. La convivenza dai Cosio si è rivelata facile, come Fabio si aspettava: “Lyudmila tiene molto alla sua indipendenza, ci invita a non preoccuparci di loro in alcun modo. In casa ora parliamo russo e cuciniamo la zuppa borsch”.
Anche in casa di Debora Ranieri, 35enne originaria di Robilante, la guerra ha portato cambiamenti. Con una differenza, perché Debora vive dal 2009 a Cracovia, in Polonia, dove ha costruito una famiglia con il marito danese e due figli: “Cracovia è a meno di 200 km dalla frontiera, la sofferenza dei profughi è visibile. Persone normalissime, di tutti i ceti e le professioni”. È visibile anche la solidarietà, enorme, verso i due milioni di sfollati: “La Russia è vista da sempre come un nemico, anche se questa fobia si era stemperata dopo l’ingresso nell’Ue e nella Nato”. Neanche con l’Ucraina però ci sono rapporti idilliaci, per ragioni storiche: “Gli eccidi di polacchi compiuti dai collaborazionisti ucraini in Volinia, durante la guerra mondiale, sono una ferita aperta come le foibe in Italia. In più c’è il fatto che molti lavoratori stagionali ucraini sono immigrati in questi anni”.
Il marito di Irina è uno di loro. Irina, 25 anni, è arrivata da un paese nella regione di Odessa, insieme alla figlioletta Alisa. Debora le ospita in attesa che possano trovare una casa tutta loro: “È stata una cosa abbastanza spontanea come lo è tutta l’accoglienza qui, basata su gruppi volontari. Pochi giorni dopo l’inizio della guerra io e mio marito abbiamo cominciato a seguire i canali che si organizzavano su Facebook. Poi è arrivata la chiamata di un ragazzo che annunciava l’arrivo di una giovane mamma con la sua bambina, in cerca di alloggio. Mi diceva che sarebbero arrivate tra mezzanotte e le tre, perciò ho avuto appena il tempo di passare in un supermercato a comprare qualcosa per loro, prima che un volontario le accompagnasse”. Con la lingua non ci sono grossi ostacoli, assicura: “Ucraino e polacco sono abbastanza simili, un po’ come l’italiano e lo spagnolo”. Anche i due popoli, ora, stanno scoprendo di avere più somiglianze che differenze: “Non avevo mai visto prima tanta prontezza ad accogliere. Restano le contraddizioni, gli immigrati afghani dalla Bielorussia continuano essere considerati di ‘serie B’, ma verso gli ucraini c’è una solidarietà incredibile”.
Andrea Cascioli
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