Donne manager: l’Italia migliora, ma resta a distanza siderale dagli altri Paesi europei
Palpabili gli effetti della legge Golfo-Mosca, approvata oramai dieci anni fa. Eppure, dove la normativa non impone obblighi...Nove. Alla domanda “giudice Ginsburg, quante dovrebbero essere le donne nella Corte Suprema degli Stati Uniti?”, lei rispose: “Nove. Sono stati nove uomini per secoli, dunque perché no?”. Eva Desana, professoressa ordinaria di Diritto Commerciale all’Università di Torino, ha scelto la provocazione del magistrato che a lungo si occupò dei diritti delle donne, recentemente scomparso, per rafforzare i concetti espressi al convegno “Donne: un’opportunità senza pari”, svoltosi giovedì 7 luglio nella nuova sede di Confindustria Cuneo.
La Desena, che è anche componente del Comitato di Gestione del CIRSDe (Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere n.d.r.), invitata come relatrice, ha commentato gli effetti della legge Golfo-Mosca, che ha imposto quote di genere nei consigli di amministrazione e collegi sindacali delle società italiane quotate in borsa. La normativa, applicata a partire dal 2012, ha imposto un graduale aumento della presenza femminile all’interno degli organi, fino all’ultima quota, approvata nel 2019, al 40%.
L’introduzione dei posti riservati a favore del genere sottorappresentato ha innescato effetti non trascurabili: “Secondo l’ultimo Rapporto Consob la percentuale di donne nei Consigli di amministrazione delle società quotate è passata dal 7,4%, registrata nel 2011, al 41,2% alla fine del 2020”. Il che, ha spiegato la docente universitaria, avrebbe diversi riscontri positivi: “L’età media dei consiglieri si è abbassata ed è aumentato il livello di istruzione - ha proseguito Desena -. Inoltre, con ingresso delle donne nei Cda, le quotate mostrano una maggiore propensione all’export e un maggior valore delle esportazioni”.
Secondo alcuni studi illustrati nell’occasione, le donne, seppure con un certo grado di approssimazione, sarebbero diverse dagli uomini, in quanto tendenzialmente più empatiche, sensibili e attente ai temi etici e sociali: “La presenza delle donne negli organi apicali non è soltanto uno strumento per
dare effettività al principio di eguaglianza sostanziale sancito dalla Costituzione - ha aggiunto Desena -, ma anche uno strumento di efficienza”. Sempre secondo la componente del CIRDs, la presenza di donne tra i top manager produrrebbe effetti positivi sulla performance delle aziende, riuscendo ad aumentare la produttività delle altre donne che lavorano nell’impresa e mettendo in campo una maggiore capacità relazionale e di cooperazione.
Nonostante ciò, come evidenziato nel medesimo contesto, le cosiddette “ombre” sono ancora parecchie. Nelle società quotate le donne che ricoprono la carica di presidente o quella di amministratore delegato sono ancora poche, rispettivamente 30 e 16 su un totale di 225. Insomma, dove non opera l’obbligo di legge l’altra metà del cielo resta oscurata, anche analizzando i dati delle società a controllo pubblico, che non sono dei più confortanti.
Nell’ultimo decennio l’Italia ha fatto decisi passi in avanti sull’equilibrio di genere, ma a quanto pare non abbastanza. Se nel 2011 il nostro Paese risultava al 74esimo posto del “Global Gender Gap Index”, dietro al Bangaladesh (69°), oggi ha guadagnato alcune posizioni, passando davanti al paese asiatico dove i diritti per le donne latitano, ma a distanza siderale dagli altri stati europei come Germania (11a), Spagna (14a) e Francia (16a). Nel corso del convegno, introdotto dalla direttrice di Confindustria Cuneo Giuliana Cirio e che ha visto l’intervento della nuova sindaca di Cuneo Patrizia Manassero, sono stati affrontati altri temi legati al mondo del lavoro in gonnella, come la certificazione della parità di genere, illustrata da Claudia Straserra, Chief Reputation Officier Bureau Veritas.
Un documento - nel quale l’organizzazione definisce le strategie e gli obiettivi riguardanti l’uguaglianza di genere - che permette alle aziende private che ne siano in possesso, nel limite di 50 milioni di euro, un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. L’esonero è determinato in misura non superiore all’1% e, nel limite massimo di 50mila euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile. Inoltre, alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione sulla parità di genere, è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte delle autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato e cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
La mattinata, coordinata dalla responsabile del servizio Welfare di Confindustria Cuneo Stefania Bergia, si è conclusa con una tavola rotonda sul ruolo strategico della visione al femminile nelle aziende, con la partecipazione della Consigliera di Parità della Provincia di Cuneo Monica Beltramo, dell’A.D. della Tosa S.p.a., Serena Tosa, e dell’A.D. della Brovind Vibratori, Paola Veglio.
Articolo pubblicato sul settimanale cartaceo di Cuneodice in edicola giovedì 14 luglio.
Samuele Mattio
CUNEO Confindustria