Due pesi e due misure: Cuneo in zona rossa, Asti in arancione nonostante i numeri peggiori
I nostri vicini di casa hanno dati oltre la soglia prevista da quasi una settimana, ma hanno avuto un trattamento diverso...Due pesi e due misure. Martedì scorso, 13 aprile, la Regione Piemonte ha comunicato il prolungamento della zona rossa per la provincia di Cuneo fino a domenica prossima, rimandando a venerdì 16 una nuova verifica sull’evoluzione della situazione. Una decisione inevitabile considerando l’andamento dei contagi nella Granda, ma che senza dubbio Torino poteva gestire diversamente, almeno dal punto di vista della comunicazione. Negozianti, estetisti e parrucchieri sono stati beffati a nemmeno 24 ore dall’annunciata riapertura, registrando l’ennesimo danno economico e morale. Disagi anche per gli studenti di seconda e terza media e delle superiori, che oramai sono costretti a programmare lo studio alla giornata, non sapendo se il giorno dopo dovranno seguire le lezioni in presenza oppure in dad.
Nelle piazze della Granda si moltiplicano le legittime proteste delle categorie produttive e del mondo della scuola. Tutti chiedono un graduale ritorno alla normalità e va sottolineato che, eccezioni a parte, c’è sempre grande consapevolezza della gravità dell’emergenza sanitaria. Alcune categorie si sentono penalizzate rispetto ad altre e non è infrequente sentire frasi del tipo “E allora i supermercati?”, “Sui pullman il virus non c’è?”, “Dal macellaio non ci si contagia?”. Reazioni comprensibili, a volte di pancia, altre volte basate su dati concreti. Ed è in quest’ultimo insieme che possiamo collocare il singolare paradosso che sta vivendo non una categoria di lavoratori, ma la nostra provincia, unica rossa in un Piemonte arancione.
Com’ è oramai noto anche ai non addetti ai lavori il parametro che sta tenendo la Granda in zona rossa è l’incidenza settimanale dei nuovi contagi calcolata su 100 mila abitanti. Se superiore a 250 è scontato l’ingresso nella fascia con le misure più restrittive.
A quanto pare il principio di valutazione non vale per tutti. Negli ultimi giorni, analizzando il medesimo parametro che tiene Cuneo in zona rossa, si scopre che la vicina Asti ha registrato contagi decisamente al di sopra della soglia di 250 e, beffa ulteriore, ha avuto dati ben peggiori della nostra terra, risultando addirittura, due giorni fa, la provincia con più infetti in Italia.
Vero è che al momento delle decisioni l’Astigiano era al di sotto della soglia, ma da sabato in poi non lo è mai stato. Tant’è che già venerdì 9 aprile i nuovi contagi ogni 100 mila abitanti erano a 290 e nei giorni successivi sono sempre stati sopra la soglia, fino a toccare l’apice di 320 martedì 13 aprile, per l’appunto record italiano. L’ultimo dato disponibile sul medesimo parametro è di ieri, mercoledì 14, quando l’incidenza di Asti si è attestata a 292 mentre Cuneo si è fermata a 270. Un trend già evidente nei giorni scorsi: da lunedì la città del palio è regolarmente sopra la Granda.
Non avendo alcuna nostalgia della Germania dell’Est e della Stasi non vogliamo assumerci il ruolo di delatori e puntare il dito sul vicino di casa, ma piuttosto evidenziare un aspetto beffardo. Tanto più evidente alla luce dalla decisione presa martedì scorso del presidente della Regione Alberto Cirio. Come mai, sulla base dello stesso parametro, l’ingresso della provincia di Cuneo in zona arancione è stato rinviato, mentre Asti non è tornata in zona rossa?
Si potrebbe asserire, non senza ragione, che sarebbe stato assurdo far precipitare Asti nella fascia con le misure più limitanti dopo soli due giorni, ma a questo punto non si capisce perché Cuneo debba rimanerci pur avendo dati più confortanti. Sarebbe però opportuno che dal mondo delle istituzioni qualcuno chiedesse chiarimenti, perché a leggerla così, si parva licet, sembra una di una di quelle tante storielle sulla stoltitudine dei cuneesi raccolte a suo tempo da Piero Camilla. Studenti e lavoratori meritano delle risposte.
Samuele Mattio
CUNEO cuneo - zona rossa - contagi - Zona Arancione