Fine anno amaro per le imprese cuneesi: le stime sulla produzione scendono a -4,7%
Nell’indagine trimestrale di Confindustria vanno male moda, mobili e turismo, tengono i servizi. In salita, ma ancora limitato, il ricorso alla cassa integrazioneL’“eccezione cuneese” non è morta, ma nemmeno se la passa troppo bene. A leggere i dati dell’indagine congiunturale di Confindustria per il quarto trimestre 2022 si notano segnali di incertezza preoccupanti, per un tessuto economico abituato a “far da sé” e a viaggiare in controtendenza nei periodi di crisi.
Alla domanda relativa ai livelli di produzione attesi, il saldo tra “ottimisti” e “pessimisti” nel manifatturiero vede un secco -4,7% per questo ultimo scorcio d’anno: un campanello d’allarme, se consideriamo il +10,1% dello scorso trimestre e il calo più contenuto (-1,8%) a livello regionale. I timori per il futuro pesano in particolare sulla redditività attesa (-28,9%), ma restano positive - benché in calo dal precedente 16,1% - le stime sull’occupazione, al 5,3%. Segno che gli imprenditori, almeno per ora, non intendono smettere di assumere. Aumenta però la previsione di ricorso alla cassa integrazione, dal 3% al 7%: un dato comunque inferiore, ricordano da Confindustria, rispetto alla media piemontese.
I tanti segni meno, avverte il direttore generale di Confindustria Giuliana Cirio, “si riferiscono a un calo congiunturale da considerare anche sotto l’aspetto emotivo”: c’è grande incertezza tra gli imprenditori rispetto al futuro. “I fondamentali dell’industria però tengono bene - aggiunge Cirio - e ci lasciano tranquilli riguardo alla salute dell’economia cuneese, che sempre ha reagito meglio alle avversità rispetto ad altri distretti”. Ci sono aziende che hanno deciso di limitare o scaglionare la produzione a causa dei costi energetici, tuttavia la previsione sugli investimenti rimane ancora buona, anche se si riducono quelli significativi (23,9% contro il 28,7% precedente). Di queste difficoltà, sottolinea il direttore generale, risentono sia gli ordini nazionali che internazionali. La battuta d’arresto è meno pesante nei servizi rispetto al manifatturiero: qui la stima sull’occupazione è al 12,1% (dal 18,7%), ma la redditività attesa (-16,5%) sconta allo stesso modo il peso della sfiducia.
A livello settoriale, spiega la responsabile del Centro Studi di Confindustria Elena Angaramo, la crisi nel manifatturiero investe soprattutto i comparti moda e mobili, reduci da numeri positivi nel periodo Covid. Reggono l’ambito farmaceutico e l’elettronica/elettrotecnica, oltre ai settori intermedi legati al ciclo delle costruzioni. Nei servizi le attese negative sono limitate a commercio e turismo: pesa la preoccupazione per la contrazione dei consumi da parte delle famiglie.
Il presidente di Confindustria Cuneo Mauro Gola ammette la delusione per la discesa finora contenuta dei prezzi dell’energia: “Tutti speravano che la discesa dal picco massimo di agosto avvenisse su tempi più brevi: siamo su costi ancora tre o quattro volte superiori a quelli di prima della pandemia. Indubbiamente il 2023 non ci darà i risultati di crescita e recupero che abbiamo avuto nel 2022”.
Le preoccupazioni del mondo imprenditoriale sono analoghe a quelle espresse dagli enti pubblici per voce del presidente della Provincia Luca Robaldo: “I costi energetici sono aumentati anche per la pubblica amministrazione e gli enti. La provincia di Cuneo ha 72 istituti scolastici da riscaldare, con un impatto di milioni di euro ogni anno”. Robaldo chiede con forza un segnale sul tema del Pnrr: “L’adeguamento al costo dei materiali è necessario: o ci rendiamo conto di questo o gli enti locali moriranno di Pnrr”. Oltre che sui costi, aggiunge il neoeletto presidente, c’è da intervenire sulle scadenze perentorie che impediscono agli enti locali di progettare e bandire le gare. Un esempio? Il tema dell’edilizia scolastica: “Come Provincia abbiamo investimenti sull’edilizia scolastica che per il solo 2022 ammontano a circa 30 milioni di euro: il termine per bandire le gare è il 31 dicembre ma è difficile, per non dire impossibile, che ci arriveremo, proprio perché in base al nuovo prezzario dovremmo avere risorse per dieci milioni in più”.
Andrea Cascioli
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