Fornaro (MDP): 'Il PD non fu fondato per togliere diritti ai lavoratori'
'Con il jobs act investiti tanti soldi e diminuite le tutele'Il senatore Federico Fornaro è uno dei più importanti ed autorevoli esponenti di Articolo UNO-MDP. Classe 1962, alle elezioni del 2013 è stato eletto a Palazzo Madama nella circoscrizione Piemonte nelle liste del Partito Democratico. E' esperto di sistemi e flussi elettorali su cui ha scritto recentemente il libro "Fuga dalle urne". Lo abbiamo incontrato per rivolgergli alcune domande sull'attualità politica, con un occhio particolare alla creazione del soggetto unitario di sinistra che si concretizzerà domenica a Roma.
D. Senatore Fornaro, come sta andando in Piemonte il processo che sta portando all'assemblea di Roma?
R. In Piemonte si sono svolte otto assemblee provinciali molto partecipate e con un dibattito vero. Credo si siano poste le condizioni affinchè il passaggio elettorale sia il viatico per la costruzione di un soggetto unitario della sinistra. Questo è l'obiettivo a cui tutti lavoriamo. E' evidente che il risultato elettorale sarà importante, ma il progetto è più ambizioso. Domenica a Roma si riuniranno i 1500 delegati più i delegati di diritto in una grande assemblea democratica che sancirà la nascita della lista, individuerà anche chi ci rappresenterà nonchè la struttura di coordinamento politico e organizzativo.
D. Cosa l'ha spinta alla difficile decisione di lasciare il Partito Democratico che aveva contribuito a fondare?
R. Il fatto che, semplicemente, il PD non è più il partito che ho contribuito a fondare. Non si può non osservare una deriva centrista e assolutamente lontana dai valori della sinistra che Renzi ha impresso al Partito Democratico. Quando si usano gli slogan della destra "Via l'Articolo 18" e "Meno tasse per tutti" è evidente che è in atto una mutazione genetica che è la ragione per cui noi abbiamo lasciato un partito che avevamo contribuito a fondare, non certo per comprimere i diritti dei lavoratori nè per premiare i "furbetti".
D. Dunque il problema che impedisce il dialogo con il PD è il suo segretario Renzi?
R. Il problema non è la personalizzazione. Renzi non è piovuto dal cielo, ma è stato eletto con più di un milione di voti alle elezioni primarie. Dunque prendo atto che questa è la volontà largamente maggioritaria dei militanti e simpatizzanti del Partito Democratico.
D. Il Jobs Act è la riforma che più ha fatto discutere in questa legislatura ed è sicuramente tra i motivi più importanti tra quelli che hanno portato alla vostra scissione. Che cos'ha di sbagliato?
R. Il Jobs Act parte da un presupposto completamente sbagliato e non condivisibile, cioè che il mercato del lavoro sia simmetrico e che dunque il compito di politica e istituzioni sia semplicemente quello di favorire l'incontro tra domanda e offerta. Invece, strutturalmente, il mercato del lavoro è asimmetrico. Non per colpa delle aziende senza le quali non ci sarebbe lavoro, semplicemente perchè strutturalmente è così. Il compito della politica (specialmente se di sinistra) è quello di rendere il mercato più simmetrico possibile. L'impresa va aiutata e sostenuta affinchè sia competitiva, soprattutto sul mercato internazionale, ma se metto dei soldi pubblici, io devo metterli per garantire più diritti. Il paradosso è che il Governo ha messo tanti soldi nel Jobs Act per garantire meno diritti ai lavoratori.
D. A quale elettorato si rivolge oggi Articolo UNO-MDP?
R. Noi vogliamo dare una risposta ad una domanda che continua a crescere nel paese. Quella di una sinistra moderna che non abbia però perso il suo sistema valoriale. I dati delle ultime tornate elettorali indicano con chiarezza l'esistenza di un deficit di rappresentanza di una quota significativa dell'elettorato di sinistra che non si ritrova più nelle scelte di politica economica del Partito Democratico e che, anzi, si è sentito tradito da Renzi. E' un elettorato che è andato o verso l'astensione oppure ha visto nel Movimento 5 Stelle il soggetto verso cui orientare il proprio voto. Noi abbiamo l'obiettivo di riportare nei seggi elettorali le tante persone deluse dalla sinistra, anche nell'interesse della democrazia, con una proposta nuova in grado di intercettare questa domanda di rappresentanza. Poi c'è l'ambizione di conquistare voti anche tra coloro i quali si recano regolarmente a votare, proponendo loro una politica che sia in grado di attrarli.
D. Avete un obiettivo percentuale?
R. Guardi, io credo che in questa fase sia difficile dare dei numeri. O meglio, è facile dare dei numeri, ma quanto questi possano essere credibili è tutto da verificare visto che i sondaggi indicano oggi un'affluenza al voto del 60%. Considerando che nel 2013 l'affluenza fu del 75% è pensabile che il 15% di chi oggi pensa di astenersi, in realtà, rientrerà nell'ottica di andare a votare, magari nell'ultima settimana. Stiamo parlando di milioni di persone che sono quelle che determineranno il risultato finale.
D. Anche perchè oggi il voto è meno cristallizzato rispetto al passato quando due grandi blocchi si contrapponevano e gli spostamenti da una parte all'altra erano minimi. Oggi l'elettorato risulta essere molto più fluttuante, anche per la presenza di un'offerta politica quantitativamente maggiore.
R. Certo. Io ho scritto un libro che si intitola "Fuga dalle urne" nel quale disegno sostanzialmente un modello. C'è un 20% di elettori astensionisti cronici, un 40% di elettori fedeli con senso civico che, rispetto alla prima repubblica, hanno una mobilità elettorale impensabile soltanto qualche tempo fa ed infine un 40% di astensionisti intermittenti che decidono se e come andare a votare sulla base dell'offerta politica e dei candidati.Questo è uno schema che ben si applica alle ultime due tornate di elezioni amministrative dove, in rarissimi casi, abbiamo avuto un'affluenza alle urne superiore all'80%.
D. Lei è un esperto di sistemi elettorali. In un'intervista a "Il Fatto Quotidiano" ha definito il nuovo sistema elettorale "Rosatellum Bis" una truffa.
R. Il Rosatellum prevede che i due terzi dei parlamentari sia eletto con il sistema proporzionale su liste bloccate in collegi plurinominali che al Senato avranno una dimensione media di due milioni di abitanti e di un milione alla Camera. Al Senato, ad esempio, nove regioni avranno un solo collegio plurinominale della dimensione appunto dell'intera regione. Sono collegi plurinominali che assomigliano, dunque, più a delle circoscrizioni: il Rosatellum chiama collegio anche quello plurinominale richiamando nell'immaginario collettivo il collegio del Mattarellum che aveva però solo 125mila abitanti e non uno o due milioni. Il risultato finale del Rosatellum è quello di ampliare il fossato tra elettori ed eletti anziché ridurlo, con buona pace dell'intento di recuperare la fiducia dei cittadini verso la politica e le istituzioni. Invece di combattere il "tarlo della democrazia" rappresentato dall'astensionismo si rischia di alimentarlo grazie a una legge elettorale falsificatrice (finte coalizioni, liste civetta, pluricandidature ecc.) e manipolatrice (voto dato solo al candidato all'uninominale riattribuito d'ufficio in quota parte alle liste sulla base delle scelte espresse da altri elettori nel collegio).
D. Qual è la sinistra ideale di Federico Fornaro?
R. Una sinistra che non abbia il torcicollo perchè ciò che è stato non torna più, ma al tempo stesso che non accetti che la modernità significhi anche la distruzione di un sistema di valori e che non accetti che la disuguaglianza sociale sia così ampia come oggi, cioè come mai nella storia del nostro paese.
D. Domenica sera, Pietro Grasso sarà il leader del nuovo soggetto politico della sinistra unita?
R. Lo spero proprio.
Fabio Rubero
CUNEO Federico Fornaro