'Il ricordo delle Gallerie di Pietro Micca'
Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviata al direttore da un nostro lettoreRiceviamo e pubblichiamo una lettera inviata al direttore da un nostro lettore.
Oggi 25 Aprile, festività della Liberazione, è il giorno dei ricordi del mio periodo torinese, che spero, non si verifichi più. Il periodo della guerra per me e, per una moltitudine di italiani, fu un periodo lungo e traumatico, cosparso di continua fame, spaventi e paure che hanno indelebilmente segnato la mia lunga vita. Oggi pur cercando di non farlo vedere, nonostante siano passati 70 anni, soffro quando i giovani mangiano golosamente i salumi, i formaggi e le pietanze, senza l’accompagnamento del pane; pane che, in quel periodo, sognavo e non avevo e, per me, è una vera sofferenza constatare che, degli alimenti, siano gettati nei rifiuti.
Oggi 25 Aprile, festività della Liberazione, è il giorno dei ricordi del mio periodo torinese, che spero, non si verifichi più. Il periodo della guerra per me e, per una moltitudine di italiani, fu un periodo lungo e traumatico, cosparso di continua fame, spaventi e paure che hanno indelebilmente segnato la mia lunga vita. Oggi pur cercando di non farlo vedere, nonostante siano passati 70 anni, soffro quando i giovani mangiano golosamente i salumi, i formaggi e le pietanze, senza l’accompagnamento del pane; pane che, in quel periodo, sognavo e non avevo e, per me, è una vera sofferenza constatare che, degli alimenti, siano gettati nei rifiuti.
Da un quotidiano, divoro l’articolo riguardante i rifugi antiaerei di “Pietro Micca” e, in me, si risveglia la memoria; io quei rifugi, pieno di paura e, non per diletto, li ho frequentati. Quando suonava l’allarme, prima di notte e ultimamente di giorno, da corso Duca degli Abruzzi angolo corso Montevecchio, accompagnato dalla mamma, correvo sino a corso Vittorio, se ben ricordo, al n° 92 dove, dai portici, entravo nella zona rifugio. Trasferita l’abitazione in corso Vinzaglio 26, sempre con genitori, si frequentava, il rifugio di via S. Quintino, credo 42, ed entrambi i rifugi, erano porzioni della “Galleria di Pietro Micca”.
In entrambi i casi, entrati nel fabbricato si andava, il più celermente possibile, in rigorosa coda, nelle cantine e, aiutati da un volontario se si avevano valige o fagotti, si imboccava e si scendeva, uno alla volta, l’infinita scala a chiocciola che, dopo 20 minuti terminava
nella galleria. La paura, sentendo gli scoppi, durava sino al momento della prima discesa sulla scala a chiocciola, la sua profondità, dava un senso di sicurezza e momentaneamente la paura svaniva.
La galleria, a 14 metri di profondità, era costruita in mattoni con volta ad arco e, secondo una personale stima, direi che misurasse un paio di metri in altezza e 1,80 in larghezza e, lungo una parete, erano sistemate le panche dove, seduti, attendavamo il cessato allarme. La scala a chiocciola che in discesa era fonte di sicurezza, in risalita, diveniva apportatrice di forte tensione perché ognuno, ardentemente sperava, di trovare l’abitazione intatta. Preciso che a fine 1944 con i bombardamenti nel solo arco solare, si è realizzato il record delle permanenze nei rifugi, con 7 corse giornaliere. Una vita veramente grama che, oggi, fa parte di incancellabili ricordi.
Lorenzo Garro
c.s.
CUNEO Festa della Liberazione - Lettera firmata - Lorenzo Garro - Gallerie - Pietro Micca