Incognite sulle riaperture in Piemonte: il 7 gennaio sventolerà ‘‘bandiera gialla’’?
L’indice Rt è allo 0,76 e la media dei positivi resta stabile. Ma a preoccupare è la soglia di occupazione dei posti letto: non si esclude il ritorno in zona arancioneSul ponte sventola bandiera gialla? Ѐ ancora presto per dirlo. Per sapere, cioè, se dopo il 7 gennaio il Piemonte riprenderà - nella divisione cromatica “a zone” adottata per prevenire il diffondersi dell’epidemia da Covid-19 - il colore che aveva prima del lungo confinamento natalizio.
Essere in zona gialla significa assicurare anzitutto a bar e ristoranti la possibilità di tornare ad aprire fino alle ore 18 e ai residenti quella di spostarsi liberamente all’interno del territorio regionale o in altre regioni dello stesso colore tra le 5 e le 22, orario in cui dovrebbe restare fissato il coprifuoco. Se invece le autorità dovessero optare per una prudenziale zona arancione, come era stato deciso a fine novembre, bar e ristoranti rimarrebbero chiusi se non per l’asporto e le consegne a domicilio e gli spostamenti tra comuni sarebbero vietati salvo comprovati motivi di lavoro, necessità e salute da indicare nell’autocertificazione.
L’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità risale al 30 dicembre ma è stato integrato da alcuni aggiornamenti tra capodanno e il primo gennaio. Lo “stato di salute” del Piemonte non desta particolari preoccupazioni: l’indice Rt è a 0,76, quindi al di sotto della soglia critica di 1. Anche il numero medio settimanale dei positivi rimane stabile fra gli 800 e i 1000 casi al giorno. La nostra regione non rientra quindi tra i sorvegliati speciali a rischio di imminente ritorno in zona rossa perché dotati di un indice Rt puntuale maggiore di 1 anche nel valore inferiore, ovvero Veneto, Liguria e Calabria. Altre tre regioni (Basilicata, Lombardia e Puglia) superano quella soglia nel valore medio e sono perciò sotto osservazione, mentre Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche sfiorano il “tetto” senza sfondarlo.
Il report del 30 dicembre presenta però ulteriori criticità. Una, in particolare, preoccupa gli esperti: Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Piemonte, Provincia autonoma di Trento ed Emilia Romagna hanno una probabilità superiore del 50% di superare la soglia critica di occupazione dei posti letto in area medica in 30 giorni, mentre per Lombardia, Trento e Veneto lo stesso discorso vale per le terapie intensive. A questi dati si aggiunge il caso della Sardegna, che paga l'incompletezza dei numeri forniti. In attesa che il prossimo report sciolga ulteriormente i nodi, qualcosa potrebbe cambiare anche sui parametri di valutazione. Lo riferisce l’Ansa dando notizia del fatto che nelle prossime ore, a seguito di una una richiesta formulata dalle regioni, l'Iss potrebbe ufficializzare alcune modifiche che potrebbero influire sui 21 indicatori per stabilire l'assegnazione delle regioni nelle varie fasce. Tra questi un diverso metodo di calcolo dei tamponi antigenici e molecolari effettuati, che potrebbe poi influire sul tasso di positività. Ad essere rivalutate potrebbero essere anche la definizione dei casi e le strategie di esecuzione dei test.
Tra i nodi più complessi resta per il Piemonte la questione dei tamponi e del contact tracing. Dopo la querelle sul conteggio dei test rapidi insieme a quelli molecolari, osserva La Repubblica, nei primi giorni di gennaio si è tornati su livelli molto più bassi. Il ritorno in classe per gli studenti di seconda e terza media e quelli delle superiori il 7 gennaio, insieme all’apertura delle piste da sci il giorno 18, saranno banchi di prova importanti per capire quanto il sistema di tracciamento regionale possa reggere la pressione.
a.c.
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