L'inverno senza neve mette in allarme anche l'agricoltura: "C'è grande preoccupazione"
Le riserve idriche sull'arco alpino erose dalle alte temperature. Dalle organizzazioni della categoria un coro unanime: "Serve iniziare un percorso di progettazione degli invasi"La mancanza di neve mette in ginocchio il sistema degli impianti sciistici cuneesi, costretti a fare i proverbiali "salti mortali" per continuare ad aprire. Ma non è questo l'unico settore colpito: l'inverno secco e caldo che stiamo vivendo mette in allarme anche il mondo dell’agricoltura, già mandato in crisi da un anno, quello passato, eccezionalmente secco, aperto con un periodo senza precipitazioni da record - quello compreso tra dicembre 2021 e marzo 2022 - e proseguito con rovesci ben al di sotto della media: secondo l’Arpa la precipitazione cumulata del 2022 in Piemonte è stata di 611.9 mm, con un deficit pluviometrico di -417.6 mm (pari al 41%) nei confronti della media climatica del trentennio 1991-2020. Ora un inverno con poche nevicate e temperature ancora una volta sopra la media, che stanno erodendo le riserve di neve sull’arco alpino: fattori che inducono il mondo dell’agricoltura a guardare con particolare preoccupazione alla prossima estate (e agli anni successivi).
Per Claudio Conterno, presidente provinciale di Cia, la mancanza d'acqua sarà per l’agricoltura la “vera questione da risolvere nei prossimi anni prima che diventi un problema drammatico”. La soluzione indicata dall’imprenditore vitivinicolo di Monforte d’Alba è quella degli invasi: “Non si può solo e sempre dire no agli invasi e ai micro-invasi: occorre confrontarsi e dopo iniziare un percorso concreto di progettazione e di realizzazione senza distruggere il territorio. Attraverso l’impegno di tutti è un cammino possibile. Bisogna, però, iniziare a progettare il futuro, guardando lontano. Politici, organizzazioni agricole, dipartimenti universitari attraverso la ricerca, associazioni interessate allo sviluppo del settore, ambientalisti, devono sedersi tutti attorno a un tavolo per individuare, insieme, delle strade condivise”.
Il tema è prioritario anche per i vertici provinciali di Coldiretti. Spiega il presidente Enrico Nada: “La siccità, unita alle alte temperature, è la cifra dominante del cambiamento climatico sul nostro territorio. La carenza di pioggia e neve non consente di ripristinare le scorte idriche nei terreni, negli invasi, nei laghi, nei fiumi e sulle nostre montagne dove i pochi ghiacciai rimasti perdono di superficie e spessore. Se nel corso del 2022 gli agricoltori sono riusciti a sopperire nella maggior parte dei casi alla carenza d’acqua con le operazioni di irrigazione, pur a fronte di costi moltiplicati a causa dei rincari energetici, è ora grande la preoccupazione per la nuova annata agraria”. Fa invece eco alle parole di Conterno il direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu: “Resta prioritaria l’esigenza di accelerare sulla realizzazione di un piano per i bacini di accumulo, poiché solo in questo modo riusciremo a garantirci stabilmente in futuro l’acqua necessaria per l’agricoltura e non solo. Il Piano invasi proposto dalla Coldiretti consentirebbe di aumentare la raccolta di acqua piovana oggi ferma ad appena l’11%, un intervento necessario anche per raggiungere l’obiettivo della sovranità alimentare con l’aumento della produzione locale e la riduzione della dipendenza dall’estero”.
Nel frattempo il Consiglio dei Ministri ha prorogato fino al 31 dicembre 2023 lo stato di emergenza per carenza idrica: il varo del Decreto, firmato il 23 dicembre 2022, consentirà alle imprese agricole di richiedere fino al 21 febbraio prossimo gli indennizzi per gli eventi calamitosi legati alla siccità nel periodo tra maggio e settembre 2022. Sul tema si è espresso anche il presidente di Confagricoltura Piemonte, Enrico Allasia: “Sono ormai passati parecchi mesi dallo scorso maggio, che verrà ricordato per l’assenza totale di piogge e che ha dato il via al periodo più siccitoso degli ultimi trent’anni: perdite dei raccolti nel settore ortofrutticolo, diminuzione delle rese soprattutto di foraggio e cereali (mediamente il 15% in meno per il grano a livello nazionale, 10 mila ettari in meno di riso coltivato), aumento delle infestanti resistenti alle condizioni climatiche estreme e aumento delle zoonosi sono solo alcune delle conseguenze causate dalla mancanza di precipitazioni in tutto il Piemonte che ha caratterizzato la scorsa campagna e perdura tutt’oggi. Una stima di Confagricoltura, attesta un deficit superiore al 30% della produzione agricola nazionale, con conseguenze a cascata sull’allevamento e sull’export delle materie prime. Inoltre il 28% del territorio italiano è a rischio desertificazione e, per fronteggiare altre estati particolarmente calde, sarebbe necessario e urgente prevedere sin d’ora misure preventive, applicandole ove già se ne manifesti la necessità”.
Insomma, il mondo dell’agricoltura cuneese sembra aver già accettato un “cambio di approccio”: la convinzione è che le condizioni climatiche degli ultimi anni siano destinate a trasformarsi da eventi anomali a “nuova normalità”. Una condizione che come tale andrà affrontata.
Andrea Dalmasso
CUNEO siccità