'La cosiddetta fase 2 ci preoccupa, e molto'
Le riflessioni della segreteria regionale Anaao, associazione dei medici e dirigenti sanitari: 'Mancano un piano chiaro e definizione dei ruoli'Partirà lunedì 4 maggio la cosiddetta “Fase 2”, con la ripartenza graduale delle attività produttive fermate dal “lockdown” per il Coronavirus. Su questo tema, pubblichiamo le riflessioni della segreteria regionale dell’Anaao Assomed, associazione dei medici e dei dirigenti sanitari, sulla situazione in Piemonte.
La cosiddetta fase due ci preoccupa, e molto.
Perché il rischio è che alla fase 2 coincida il picco 2. Che potrebbe essere peggiore del picco 1.
In Piemonte i contagi stanno scendendo, lentamente. Questo lo si vede dalla riduzione della pressione sui ricoveri in ospedale. Per esempio, sono stati chiusi al S. Luigi un reparto COVID a bassa intensità e una RIA COVID, al Maria Vittoria un reparto COVID, due al Giovanni Bosco sono tornati “puliti”. Il numero dei decessi rimane alto, ma incidono i casi nelle RSA che sono focolai numericamente importanti ma circoscritti. Il numero dei contagi non scende, ma si stanno facendo più tamponi. Il che comunque evidenzia che la diffusione del virus all’inizio dell’epidemia è stata molto, molto più grave di quella stimata.
Insomma, il contagio pare attenuato e gli sforzi della popolazione, da settimane in lockdown, non sono stati vani. Se ci fosse un piano chiaro e certezze, potremmo forse pensare davvero alla fase 2. Ma mancano, come manca una chiara definizione dei ruoli.
Le criticità che sono indispensabili risolvere prima di pensare a una riapertura delle attività sono:
- Chi decide: l’Assessorato, l’Unità di Crisi, la Task Force o il Comitato Tecnico Scientifico? I ruoli e le responsabilità devono essere ben chiari. Ora così non è. L’Unità di Crisi, nonostante tutti i gravissimi errori, è ancora al suo posto, lievemente integrata e con un appoggio della Task Force. E’ necessario che la fase due sia gestita diversamente dalla catastrofica fase uno, che le persone cambino e la catena di comando sia precisa.
- DPI: abbiamo sufficienti maschere chirurgiche per renderle obbligatorie a tutta la popolazione? E DPI negli ospedali? Alle Molinette mancano i camici, quasi ovunque in Piemonte nei reparti “puliti“ i sanitari indossano solo maschere chirurgiche, una per turno. Poiché non c’è nulla di certamente pulito, e nessun paziente certamente non infettivo, tutti i sanitari dovrebbero avere le filtranti, almeno 2 al giorno: oggi non è così, non è così da 2 mesi, sarà così tra 10 giorni?
- Tamponi: ieri in Piemonte sono stati fatti 6.457 tamponi. Ma se pensiamo di riaprire dobbiamo prevedere di essere in grado, con assoluta certezza, di fare i tamponi a tutti i sintomatici e soprattutto ai loro contatti, per isolare immediatamente i casi e impedire la diffusione del contagio. Saremo in grado? Dopo linee guida, protocolli e circolari sono ancora in ritardo perfino i tamponi ai sanitari sul territorio, che possono aspettare giorni prima di sapere se sono positivi e se possono aver contagiato colleghi e pazienti.
- Dove isoliamo i positivi? Vorremmo sapere con precisione le strutture (alberghi?) che ospiteranno i sintomatici e i positivi, poiché il contagio familiare è frequente e rischioso.
- Dobbiamo essere in grado di ricostruire i contatti. Lo siamo?
- Gli ospedali continueranno una gestione mista, di pazienti COVID e non COVID, o saranno previsti ospedali riservati per i pazienti COVID? Che progetti ci sono per Verduno e le OGR? Oggi in molti presidi non è garantita una netta suddivisione dei percorsi in puliti e sporchi (es. DEA Ciriè). Riusciremo a crearla?
- Abbiamo aperto delle RSA solo COVID? Quante ne apriremo? Quando?
- Le USCA devono prevedere 1 medico e 1 infermiere ogni 50.000 abitanti, 7/7 giorni per 12 ore: sono state tutte attivate adeguatamente? I Sisp sono stati potenziati? Abbiamo il personale sufficiente e qualificato per il contact tracing?
- L’ampio e spinoso capitolo della riapertura delle attività negli ospedali: riprenderanno le visite ambulatoriali e gli interventi chirurgici di elezione? Come?
In sintesi: oggi non siamo pronti. Siamo ben lontani dall’essere pronti. Il dott. Raviolo, gli va dato merito, all’inizio dell’epidemia chiese fortemente la zona rossa. Quella scelta, da noi pubblicamente sostenuta e richiesta a gran voce, evitò una situazione ancora peggiore. Ora si pensa di riaprire. Sapranno i decisori essere altrettanto lucidi, come quando si invocò la zona rossa? Chiediamo ancora una volta che le priorità di salute della popolazione siano messe davanti a tutto, e che si riapra solo se si è in grado di evitare una nuova ondata di contagi e di morti.
La Segreteria Regionale Anaao Assomed Piemonte
Redazione
CUNEO coronavirus