La nuova sanità nasce dal dialogo tra pubblico e privato
Il messaggio scaturito dal convegno della Sezione Sanità di Confindustria CuneoUna nuova era nei rapporti tra sanità pubblica e privata, in provincia di Cuneo come in Piemonte, incentrata sull’abbandono dei vecchi pregiudizi e sulla volontà di collaborare per il raggiungimento degli obiettivi comuni, che restano la salute ed il benessere del cittadino: anche alla luce del radicale cambiamento dell’assetto sociale della popolazione, le cui nuove esigenze hanno cambiato le priorità e le strategie che la sanità pubblica e privata devono mettere in atto per soddisfarle. Il convegno organizzato lunedì scorso - 28 novembre, ndr - a Cuneo dalla Sezione Sanità di Confindustria Cuneo, al di là della grande e qualificata affluenza di pubblico (che ha reso necessario un cambio della location) e dei relatori di primissimo piano a livello nazionale (presenti due ministri, tra gli altri), ha avuto l’indubbio merito di far sedere per la prima volta allo stesso tavolo attori pubblici e privati della sanità, creando le condizioni per una ripartenza del dialogo, oggi più che mai indispensabile per rispondere alle urgenti domande dei cittadini in materia di servizi sanitari e assistenza territoriale.
“Dopo anni in cui, soprattutto a livello regionale, il confronto tra sanità pubblica e privata non è stato facile, mi ha fatto molto piacere sentire l’assessore regionale alla Sanità, Antonio Saitta, parlare di nuova apertura al dialogo e nuova fase di collaborazione - commenta il presidente della Sezione Sanità di Confindustria Cuneo, Paolo Spolaore -. Credo fermamente che il dialogo sia l’unica strada da percorrere per non perdere di vista il bene comune e che sia ormai giunta l’ora di lasciarsi alle spalle una conflittualità che non ci appartiene, perché i problemi non si risolvono ricorrendo alla giustizia, ma sedendosi intorno ad un tavolo per analizzare la situazione e trovare insieme soluzioni condivise ai problemi comuni”.
“Ieri il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin - continua -, ha riconosciuto come spesso la sanità privata abbia fatto la differenza laddove quella pubblica non poteva arrivare, ora dobbiamo lavorare insieme perché la sanità territoriale non sia più percepita una cenerentola nei confronti dell’eccellenza rappresentata dalla sanità dell’acuzia, ma abbia pari dignità e venga considerata una componente fondamentale del sistema sanitario nel suo complesso. Allo stesso modo la sanità privata deve diventare un interlocutore alla pari della sanità pubblica, senza diffidenze o pregiudizi di sorta, perché solo così sarà possibile concertare insieme un percorso che porti ad una reale e concreta integrazione tra pubblico e privato, senza doppioni”.
“Oggi il carico dell’assistenza sanitaria si è spostato dall’istituzione alla famiglia, con la differenza che siamo passati da un modello di famiglia patriarcale a quello mononucleare – conclude -. Come ha ben sottolineato il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie locale con delega alle Politiche per la Famiglia, Enrico Costa, è qui che dobbiamo intervenire, dando importanza e riconoscendo la centralità della famiglia, aiutandola prima che quell’ampia fascia di popolazione anziana oggi ancora autosufficiente perda la sua autonomia e indipendenza”.
HANNO DETTO: GLI INTERVENTI DEI RELATORI DEL CONVEGNO
“Bisogna evitare sovrapposizioni tra pubblico e privato e avere un rapporto di grande lealtà - ha detto l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Antonio Saitta -. Ora che è finita l’emergenza del commissariamento, ci sono le condizioni per poter uscire dal patto di stabilità, in quanto ci sono spazi enormi che possiamo utilizzare. La vera novità è l'assistenza domiciliare, la cura della prossimità. Sono contento che si cominci a sentir parlare di orgoglio della buona sanità piemontese. Una recente ricerca dell’Università di Tor Vergata ha collocato la sanità piemontese al quarto posto a livello nazionale, qualcosa vorrà dire. Certo, dobbiamo ancora fare tantissimo, ma la nostra ambizione non è quella di ridurre l'assistenza sanitaria, piuttosto di rivederla e riorganizzarla. I cittadini non ci chiedono l’ospedale sotto casa, ma servizi sanitari di qualità e specializzati”.
“Nella distribuzione dei posti letti o delle funzioni, la Regione ha la possibilità di valutare quelli che sono i reali fabbisogni ed esigenze del territorio e i mezzi per provare a soddisfarli - ha spiegato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin -. A livello nazionale, invece, abbiamo già una buona integrazione pubblico-privato soprattutto per quanto riguarda le strutture convenzionate con le Regioni. Poco importa chi eroga il servizio, ma è il servizio in sé che deve attenersi ai requisiti di qualità e sicurezza a cui ha diritto e che richiede il cittadino. Ci sono molte strutture intermedie, quello che non può afre il pubblico lo faccia il privato in un’ottica di collaborazione e integrazione, con lo scopo di fornire buoni servizi. Il presupposto da cui dobbiamo partire tutti è che la sanità e un servizio pubblico di base, se questo non è chiaro la dicotomia tra pubblico e privato sarà sempre più difficile. Dobbiamo lavorare su schemi molto rigorosi, in cui i ruoli e le parti sono chiari. Bisogna preparare dei piani regionali dove si decide chi fa che cosa in base a situazioni e bisogni territoriali”.
“È fondamentale dare un supporto alle famiglie soprattutto per l’assistenza ai non autosufficienti - ha dichiarato il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie locale con delega alle Politiche per la Famiglia, Enrico Costa -. Ci sono già molte famiglie che se ne fanno carico, che operano attivamente, dedicano il loro tempo, anche facendo gioco di squadra. E lo fanno sostituendo talvolta quello che dovrebbe fare lo Stato. È importante dare una forma di riconoscimento che sia un riconoscimento giuridico, insieme ad una formazione, una messa in rete che dia dignità a questo lavoro. I numeri sull’invecchiamento della popolazione e la constatazione che le famiglie ormai sono fatte di tanti figli unici, ci dicono che la sanità deve far conto che il panorama è cambiato, la composizione della società oggi è diversa, basta pensare ai dati sulla natalità. Questo probabilmente nel corso degli anni diventerà l'elemento più importante nelle scelte per l'assistenza alle persone non autosufficienti. Se il modello di riferimento è quello familiare allora bisogna renderlo idoneo a poter svolgere quel ruolo”.
“Dobbiamo cercare di anticipare quale sarà il futuro della sanità anche provando a sperimentare il funzionamento di nuovi modelli - ha spiegato il direttore generale dell’Asl Cn1, Francesco Magni -. Un esempio sono gli infermieri di famiglia che abbiamo appena cominciato a sperimentare in alcune valli della montagna della provincia di Cuneo. Dobbiamo guardare avanti e individuare i bisogni e la situazione che si verranno a creare domani”.
“Vorrei sottolineare che è vero che siamo uscita dal piano di rientro, ma la strada davanti a noi se non è in salita non è neppure dritta - ha detto il direttore generale dell’Asl Cn2, Danilo Bono -. Sono state fissate tante regole, ora dobbiamo provare ad attuare i modelli individuati, vedere se e come funzionano. Dobbiamo credere nei sistemi. Una buona rete ospedaliera può dare dei risultati, ma bisogna che la rete della socio-assistenza e gli altri servizi si integrino con gli ospedali, perché solo insieme possono dare il massimo dei risultati. Ci sono molte possibilità intermedie tra l'ospedale e il territorio, ad esempio i letti di prossimità. I territori possono diversi tra di loro, ma le regole da rispettare devono essere uguali per tutti. Al di là dell'onestà intellettuale, ci deve essere un sistema di controllo che garantisca che le regole vengano applicate ovunque allo stesso modo”.
“Negli ultimi tempi è cresciuta una sorta di avversione ideologica ad una corretta percezione del concetto di di mobilità - ha aggiunto Giovanni Monchiero, parlamentare della Commissione Sanità della Camera -. La mobilità, infatti, ha il pregio di mantenere vivo un confronto permanente tra le strutture e i territori che non si traduce solo in parole astratte, ma in fatti concreti. Inoltre, per quanto la mobilità possa essere uno stimolo alla crescita sia delle strutture pubbliche che di quelle private, ciò non significa che tutti i pazienti sono obbligati a muoversi. Ben vengano i privati, l’importante è che il pubblico fissi bene le regole. I piani di rientro dei bilanci ospedalieri introdotti dalla legge finanziaria dell'anno scorso, sono buona cosa, ma vanno rispettati dappertutto. Riguardo l'integrazione tra sanità pubblica e privata, bisogna uscire da una visione ospedale-centrica della sanità. L'ospedale è indubbiamente un momento fondamentale della presa in carico del paziente, ma non esaurisce il tutto il percorso di cura, perché c’è un ‘prima’ e c’è un ‘dopo’. L'integrazione non deve avvenire tra le strutture, ma tra le esigenze e i bisogni del paziente a cui le strutture devono rispondere”.
c.s.
CUNEO Enrico Costa - Antonio Saitta - Francesco Magni - Danilo Bono - Giovanni Monchiero - Beatrice Lorenzin - Paolo Spolaore