La peste suina africana alle porte della Granda: "Una spada di Damocle sulle teste dei nostri allevatori"
Secondo lo studio di Confagricoltura il danno diretto per il comparto agricolo e alimentare cuneese sarebbe di oltre mezzo miliardo. Icardi: "Sarebbe una catastrofe economica al pari di quella del Covid"“Una spada di Damocle che pende sulle teste dei nostri allevatori”. Sono le parole che Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Cuneo, ha utilizzato per descrivere il possibile - per molti ormai inevitabile - arrivo della peste suina africana in provincia di Cuneo. Il tema e le sue possibili conseguenze per l’economia della Granda sono stati analizzati stamattina, venerdì 12 maggio, in una conferenza stampa organizzata presso la sede cuneese dell’organizzazione agricola.
In provincia di Cuneo si concentra il 70,6% della produzione suinicola piemontese: 622 gli allevamenti, 931.789 i capi. In Piemonte il virus della peste suina africana è stato riscontrato per la prima volta il 7 gennaio del 2022 a Ovada, in provincia di Alessandria, in una carcassa di un cinghiale: nei successivi sedici mesi sono stati registrate 691 positività tra Piemonte (nelle province di Alessandria e Asti) e Liguria. Da allora si è proceduto all’abbattimento di circa 6.800 cinghiali e alla costruzione di recinzioni per limitarne gli spostamenti. Tra le aree attualmente indenni l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ha individuato quindici Comuni a rischio, nove dei quali in provincia di Cuneo: si tratta di Fossano, Villafalletto, Savigliano, Envie, Centallo, Racconigi, Saluzzo, Bene Vagienna e Cavallermaggiore.
È bene specificare che il virus non è trasmissibile all’uomo, ma l’eventuale positività di un suino (finora la PSA è stata riscontrata solo nei cinghiali) bloccherebbe le esportazioni, con danni incalcolabili e facili da intuire per il comparto. Più volte, in questo senso, è stato richiamato l’esempio della Sardegna, che solo ora sta uscendo da undici anni di “embargo” causa PSA. Un ulteriore campanello di allarme è dato dalla elevata contagiosità e dalla capacità del virus di resistere alla lavorazione della carne.
Le misure messe in campo finora per arginare l’epidemia, però, sembrano non essere sufficienti, considerato l’aumento delle positività registrato nell’ultimo mese. Lo scenario delineato da Allasia, che ha illustrato lo studio elaborato da Confagricoltura, è decisamente fosco: “Se dovessimo riscontrare il virus in un cinghiale in provincia di Cuneo gli effetti per la nostra economia sarebbero devastanti. Nell’immediato si avrebbe un danno diretto per il comparto agricolo e alimentare di oltre mezzo miliardo di euro. Il valore della produzione, infatti, è stimato in 188,5 milioni, quello della trasformazione in 496 milioni. In più ci sarebbero i costi per lo smaltimento delle carcasse e il profitto mancante per il periodo di chiusura dell’attività, almeno dodici mesi, senza contare che la PSA in Piemonte potrebbe essere dichiarata endemica, cancellando la possibilità di praticare l’allevamento suino per molti anni e mettendo in crisi la filiera delle DOP. Tutte le denominazioni di origine protetta della provincia legate alla filiera suinicola verrebbero cancellate”.
Ad integrare l’analisi di Allasia il direttore provinciale Roberto Abellonio: “I danni indiretti si ripercuoterebbero sull’intera filiera: dalle aziende cerealicole a quelle che producono macchine agricole, dai mangimifici ai macelli, fino al settore dei trasporti e ai commercianti. E poi c’è il tema dell’occupazione: gli addetti del settore in provincia sono 3.100, a cui si aggiungono i 2.100 dell’indotto. Il costo per indennizzare il mancato reddito di questi operatori è quantificabile in circa 130 milioni di euro l’anno”.
E ancora, un aspetto spesso sottovalutato, se non dimenticato: quello turistico. Nel caso di estensione dell’area infetta da PSA, come già accaduto in altre zone, potrebbero essere bloccate o fortemente limitate tutte le iniziative outdoor, pilastro dell’offerta turistica cuneese. Sarebbe inoltre bloccata la cerca tartufi e funghi, la raccolta delle castagne e dei prodotti del sottobosco
“Finora non ci sono stati suini infetti, solo cinghiali. - ha proseguito Abellonio - Paradossalmente se ci fossero casi tra i suini negli allevamenti l’epidemia sarebbe più facile da contenere”. Sulle misure per contrastare la diffusione del virus: “Sarebbero stati necessari 50 mila abbattimenti nel 2022, abbiamo superato di poco i 27 mila. Al 10 maggio del 2023 siamo arrivati a 7.376. Sui 144 chilometri di recinzioni necessarie sul territorio piemontese, 30 restano da completare. Insomma, non basta. Chiediamo l’avvio immediato di un vasto piano di contenimento della fauna selvatica, con incentivi per chi si occupa degli abbattimenti, e una pronta modifica della legge nazionale sulla caccia, uno strumento che risale a trent’anni fa”. Confagricoltura chiede inoltre una modifica delle disposizioni comunitarie, prevedendo, per le aziende suinicole indenni nelle aree di restrizione, la possibilità di continuare a commercializzare, previo controllo sanitario ed epidemiologico.
È intervenuto in videocollegamento anche Rudy Milani, presidente nazionale della Federazione Suinicola di Confagricoltura: “L’eradicazione della PSA non è una scelta, ma un obbligo di legge: chi non si adopera per adempierlo se ne deve assumere le responsabilità. Quanto fatto finora non è sufficiente. Le reti sono totalmente inutili, l’unica via sono gli abbattimenti dei cinghiali. Sono anni che gli allevatori dicono che la situazione è fuori controllo: non chiediamo lo sterminio della fauna selvatica, ma non è nemmeno possibile che si debba cedere il passo ai cinghiali sui marciapiedi di Roma e sulle spiagge di Genova. Questa non è convivenza uomo-animale, ma follia”.
Intervenuta in video anche la direttrice generale di Confagricoltura, Annamaria Barrile: “Le conseguenze sarebbero economiche, ma anche di immagine, con un impatto importante sul made in Italy. Il tempo sarà un fattore decisivo, lo abbiamo visto con il Covid. Aver deciso di procedere con misure ordinarie è stato un errore: servono procedure di emergenza per affrontare il problema".
Presente anche il presidente della Provincia di Cuneo Luca Robaldo, che ha illustrato le misure messe in campo finora dall’ente provinciale. Poi l’intervento dell’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi, per il quale un eventuale contagio tra i suini “sarebbe per il Piemonte una catastrofe economica al pari di quella del Covid. La priorità è proteggere la filiera suinicola, anche sacrificando alcune attività come quelle outdoor”. L’assessore ha poi promesso finanziamenti regionali per incentivare l’attività di depopolamento.
A chiudere la serie degli interventi i parlamentari cuneesi Giorgio Bergesio (Lega) e Monica Ciaburro (FdI), insieme al consigliere regionale Paolo Demarchi (Lega), i quali hanno garantito il loro impegno per arrivare ad uno snellimento delle procedure per una più tempestiva azione per affrontare l’emergenza PSA.
Andrea Dalmasso
CUNEO psa