La protesta degli operai alla Merlo: “Se l’azienda è una famiglia, non ci devono essere figli bastardi”
Uno sciopero a scacchiera della Fiom contro il mancato rinnovo dei premi. Da cui sono esclusi, denuncia il sindacato, circa 400 lavoratori: “Eppure il fatturato vola”“Tifiamo rivolta” si legge in uno degli striscioni inalberati dagli operai in sciopero davanti ai cancelli della Merlo. Una citazione dei mitici Cccp-Fedeli alla linea, abbinata a messaggi dai toni più duri: “Merlo, quanto fatturato con l’operaio sfruttato”, oppure “con la morte di Amilcare se n’è andato anche il premio”.
Il premio è l’oggetto principale dello sciopero “a scacchiera” che la Fiom Cgil, unico sindacato con una rappresentanza attiva nello stabilimento di San Defendente di Cervasca, ha promosso quest’oggi. Le squadre uscivano a turno e presidiavano gli accessi, alternandosi al lavoro. Un modo per mandare un segnale chiaro senza arrivare - per ora - a bloccare la produzione: la trattativa per il contratto di secondo livello è aperta da un anno e mezzo e tra i dipendenti c’è malumore. Certo, in mezzo è successo di tutto. Compresa la morte del fondatore e patron dell’azienda, il cavalier Amilcare Merlo, a novembre 2022.
“La sua scomparsa comportava un cambio di gestione molto importante e i lavoratori non hanno voluto lasciare nessun alibi all’azienda” sottolinea Davide Mollo, segretario generale provinciale dei metalmeccanici Cgil. Ulteriori difficoltà sono sorte con il pensionamento dello storico responsabile delle risorse umane e la sua sostituzione: il nuovo nominato, giunto alla fine dell’estate scorsa, ha chiesto altro tempo. Gli operai lo hanno concesso, ma ora, dicono, la pazienza è finita: “Qui non si parla di migliorare il vecchio premio ma di metterlo in discussione. Potrei capire se parlassimo di un’azienda in difficoltà, ma alla Merlo c’è un attivo spaventoso”. Testimoniato, in effetti, da un recente comunicato con cui l’impresa ha fatto sapere di aver raggiunto un +11% di fatturato nel 2023.
L’entusiasmo dei vertici non è condiviso dalla base, dicono gli operai in presidio: “Chiediamo il riconoscimento del premio di risultato anche nelle aziende minori del gruppo: abbiamo interi settori non coperti dalla trattativa di secondo livello. Se siamo una grande famiglia, come ripeteva spesso il fondatore, non devono esserci figli bastardi”. I figliastri invece ci sono: all’incirca 400 lavoratori sui 1500 dipendenti totali, secondo le stime. Da parte del sindacato resta la massima apertura alla trattativa, ribadita anche dall’azienda con una nota interna diramata ieri: tuttavia, insiste Mollo, “al tavolo ci siamo da quattro mesi e siamo da due anni in attesa. Finora questa disponibilità non si è vista”. L’azione di oggi incoraggia a proseguire: “Abbiamo voluto dare un segnale e la risposta dei lavoratori è stata positivissima, perfino inaspettata”.
Merlo è uno dei fiori all’occhiello dell’industria cuneese, forgiata dalla filosofia di un patriarca d’altri tempi, al lavoro fino all’ultimo giorno di vita. “Ma negli ultimi due anni c’è stato un turnover mostruoso: questo significa che lì si sta male” ribatte il sindacalista. E poi c’è il tema della sicurezza: “L’unico morto in provincia di Cuneo nel settore della metalmeccanica, negli ultimi tre anni, è stato in Merlo”. Anche questo alimenta un certo scetticismo: “Pensavamo che questa azienda volesse svecchiarsi ed eravamo andati con buoni propositi, trovando un’apertura incredibile nei primi tempi: ora è tornata l’azienda-matrigna”.
Andrea Cascioli
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