La rapina ai danni di un giovane riapre il dibattito sulla sicurezza in piazza Boves. O no?
In molti, sui social e nei bar, hanno denuciato una recrudescenza di fenomeni di microcriminalità nella zona, ma...
La notizia dell’arresto dei responsabili della rapina consumatasi in piazza Boves lo scorso luglio, ai danni di un 21enne ecuadoregno, ha riportato l’attenzione sulla sicurezza del parcheggio sotterraneo e della zona circostante. Indubbiamente si è trattato di un caso isolato, ma negli ultimi mesi la percezione di insicurezza che si respira nella zona è cresciuta e in molti, sui social e nei bar, hanno denunciato una recrudescenza di fenomeni di microcriminalità. È davvero così?
Negli anni la gentrificazione del centro storico ha spedito nel dimenticatoio le polemiche che hanno accompagnato la progettazione e la costruzione del parcheggio di piazza Boves. Inaugurato nel 1994 dall’allora sindaco Beppe Menardi, viene citato da molti come un errore da non ripetere. Un ”non luogo di singolare bruttezza” o “incubo architettonico-urbanistico” l’avevano descritta qualche mese fa i membri dell’associazione di ‘Piazza in Piazza’ per argomentare la loro tesi di contrasto al progetto dell’amministrazione comunale di un parking sotterraneo in piazza Europa. Una recente intervista al quotidiano ‘La Stampa’ Ernesto Algranati, assessore all’Urbanistica del Comune di Cuneo per vent’anni, negli anni della ‘Prima Repubblica' ha parlato di un progetto “stumentalizzato dalle opposizioni” e a cui “i cuneesi si sono abituati”, ma la sensazione è che siano in molti a non essere dello stesso avviso dell’ex repubblicano. Talvolta bellezza architettonica e sicurezza, o almeno la sua ‘percezione’, vanno di pari passo.
Lo spazio è sempre stato oggetto dell’attenzione delle forze dell’ordine e delle denunce di gruppi organizzati di cittadini per la poca sicurezza che vi si respirava. Un accoltellamento all’inizio del millennio fu il prologo al terribile omicidio del 19enne Filippo Verros, morto per aver cercato di difendere un’amica dai pesanti apprezzamenti che le erano stati rivolti. Negli anni successivi ci fu una stretta, i locali aperti a cavallo tra il primo e il secondo decennio del secolo hanno ripopolato la piazza in orario serale e le hanno ridato nuova linfa, restituendo il luogo alla città. Anche il progetto ‘Arte in Piazza’, lanciato nel 2016 dall’associazione dei commercianti per trasformare la zona in uno spazio dedicato alla ‘street art’, ha indubbiamente abbellito una zona che, complice la presenza ingombrante del silos, ha faticato non poco per trovare la sua identità, nonostante sia a due passi dalla popolarissima via Roma.
Oggi è possibile affermare, pur senza il sostegno delle statistiche, che le zone della città su cui le forze dell’ordine stanno puntando gli occhi sono altre: piazzale della Stazione, corso Gioltti e via Silvio Pellico su tutte, con problematiche differenti da quelle che si respiravano un tempo in quella piazza nata a metà degli anni ’50 dopo l’abbattimento di un caseggiato fatiscente.
Già nei suoi momenti meno floridi asserire che piazza Boves fosse un luogo poco sicuro se paragonato ai quartieri più malfamati di altre città italiane era esperienza per spericolati ‘avanguardisti’, nonostante la tragicità di alcuni eventi verificatisi. Senza andare ai soliti Librino e Scampia basti pensare al milanese Quartoggiaro o al genovese Begato per avere coscienza di quello che significano zone davvero degradate.
Se la rapina ai danni del giovane è stata un caso isolato, peraltro da un terzetto di ragazzini con il vizio del crimine che oggi prendono un po’ di fresco dalle parti di Cerialdo, a dare fastidio ai residenti è altro. Alcuni di essi hanno denunciato continui atti vandalici nel parcheggio sotterraneo, ma è pacifico che si tratti dell’opera di qualche sbarbatello con più brufoli che neuroni e non del passatempo di qualche efferato criminale.
Certamente è bene tenere alta l’attenzione per evitare che bagattelle (seppur fastidiose e che vanno punite) e lo spaccio di droghe leggere diventino cosa più seria. L’incessante lavoro di Polizia e Carabinieri testimonia l’attenzione che le autorità hanno per la sicurezza dei cittadini. Da parte di questi ultimi serve però più collaborazione. Il continuo puntare il dito sulla presunta pericolosità di zone in cui il problema non sussiste non porta nulla, mentre la strada giusta passa per una collaborazione fattiva, fatta di segnalazioni e denunce (quando è il caso). La maggioranza dei cuneesi, in onore alla tradizione sabauda, già agisce così, si tratta solo di convincere gli irriducibili dalla lamentela fine a se stessa…
Negli anni la gentrificazione del centro storico ha spedito nel dimenticatoio le polemiche che hanno accompagnato la progettazione e la costruzione del parcheggio di piazza Boves. Inaugurato nel 1994 dall’allora sindaco Beppe Menardi, viene citato da molti come un errore da non ripetere. Un ”non luogo di singolare bruttezza” o “incubo architettonico-urbanistico” l’avevano descritta qualche mese fa i membri dell’associazione di ‘Piazza in Piazza’ per argomentare la loro tesi di contrasto al progetto dell’amministrazione comunale di un parking sotterraneo in piazza Europa. Una recente intervista al quotidiano ‘La Stampa’ Ernesto Algranati, assessore all’Urbanistica del Comune di Cuneo per vent’anni, negli anni della ‘Prima Repubblica' ha parlato di un progetto “stumentalizzato dalle opposizioni” e a cui “i cuneesi si sono abituati”, ma la sensazione è che siano in molti a non essere dello stesso avviso dell’ex repubblicano. Talvolta bellezza architettonica e sicurezza, o almeno la sua ‘percezione’, vanno di pari passo.
Lo spazio è sempre stato oggetto dell’attenzione delle forze dell’ordine e delle denunce di gruppi organizzati di cittadini per la poca sicurezza che vi si respirava. Un accoltellamento all’inizio del millennio fu il prologo al terribile omicidio del 19enne Filippo Verros, morto per aver cercato di difendere un’amica dai pesanti apprezzamenti che le erano stati rivolti. Negli anni successivi ci fu una stretta, i locali aperti a cavallo tra il primo e il secondo decennio del secolo hanno ripopolato la piazza in orario serale e le hanno ridato nuova linfa, restituendo il luogo alla città. Anche il progetto ‘Arte in Piazza’, lanciato nel 2016 dall’associazione dei commercianti per trasformare la zona in uno spazio dedicato alla ‘street art’, ha indubbiamente abbellito una zona che, complice la presenza ingombrante del silos, ha faticato non poco per trovare la sua identità, nonostante sia a due passi dalla popolarissima via Roma.
Oggi è possibile affermare, pur senza il sostegno delle statistiche, che le zone della città su cui le forze dell’ordine stanno puntando gli occhi sono altre: piazzale della Stazione, corso Gioltti e via Silvio Pellico su tutte, con problematiche differenti da quelle che si respiravano un tempo in quella piazza nata a metà degli anni ’50 dopo l’abbattimento di un caseggiato fatiscente.
Già nei suoi momenti meno floridi asserire che piazza Boves fosse un luogo poco sicuro se paragonato ai quartieri più malfamati di altre città italiane era esperienza per spericolati ‘avanguardisti’, nonostante la tragicità di alcuni eventi verificatisi. Senza andare ai soliti Librino e Scampia basti pensare al milanese Quartoggiaro o al genovese Begato per avere coscienza di quello che significano zone davvero degradate.
Se la rapina ai danni del giovane è stata un caso isolato, peraltro da un terzetto di ragazzini con il vizio del crimine che oggi prendono un po’ di fresco dalle parti di Cerialdo, a dare fastidio ai residenti è altro. Alcuni di essi hanno denunciato continui atti vandalici nel parcheggio sotterraneo, ma è pacifico che si tratti dell’opera di qualche sbarbatello con più brufoli che neuroni e non del passatempo di qualche efferato criminale.
Certamente è bene tenere alta l’attenzione per evitare che bagattelle (seppur fastidiose e che vanno punite) e lo spaccio di droghe leggere diventino cosa più seria. L’incessante lavoro di Polizia e Carabinieri testimonia l’attenzione che le autorità hanno per la sicurezza dei cittadini. Da parte di questi ultimi serve però più collaborazione. Il continuo puntare il dito sulla presunta pericolosità di zone in cui il problema non sussiste non porta nulla, mentre la strada giusta passa per una collaborazione fattiva, fatta di segnalazioni e denunce (quando è il caso). La maggioranza dei cuneesi, in onore alla tradizione sabauda, già agisce così, si tratta solo di convincere gli irriducibili dalla lamentela fine a se stessa…
Samuele Mattio
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