L’altolà della Regione al governo: ‘Troviamo una soluzione per celebrare le messe in sicurezza’
Dall’assessore Ricca una lettera al premier: ‘Come spiegare ai cittadini che è lecito recarsi a lavoro ogni giorno, ma non in chiesa per un’ora alla settimana?’La ‘fase 2’ così come tratteggiata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte domenica scorsa non piace alla Regione Piemonte. Perlomeno non per quanto riguarda la contestata decisione di rinnovare il divieto alla celebrazione di funzioni religiose pubbliche oltre il 4 maggio - decisione che ha già suscitato la netta contrarietà della Conferenza Episcopale Italiana.
L’assessore regionale alla Sicurezza Fabrizio Ricca si è così rivolto al premier con una lettera nella quale manifesta la disponibilità della Regione Piemonte di compiere ogni sforzo possibile “nel trovare una soluzione, congiunta con la Curia, le autorità del culto, il Governo e le realtà dei fedeli, per far tornare a vivere le chiese in sicurezza”.
“Come rappresentante delle istituzioni - esordisce Ricca - mi rendo conto dell’esigenza e della difficoltà di coniugare la sicurezza dei cittadini con quella di permettere loro di esercitare le libertà che la Costituzione (e non noi, attraverso un nostro “permesso”) garantisce loro. Tra queste libertà momentaneamente soppresse con il nuovo Decreto pronto a entrare in vigore dal 4 maggio, una più di altre sta generando dibattito e malumori tra gli italiani: mi riferisco a quella che vede ancora interdette le funzioni religiose e che, a differenza di altri settori, non vede nemmeno all’orizzonte uno studio o una pianificazione che possa riportare all’apertura delle Chiese. “Troppo pericolose per via del contagio”, pare di capire dalle poche dichiarazioni in merito. Quello che è certo è il silenzio assordante intorno a possibili soluzioni ipotizzate dal Governo per poter far tornare i fedeli a seguire le funzioni”.
“Ma i credenti non possono pregare a casa?”, si chiede qualcuno: “Certo, e già lo fanno, - è la risposta dell’assessore - ma senza impelagarci in dissertazioni teologiche è evidente che parte integrante del rito Cristiano Cattolico abbia a che vedere con l’eucarestia e con la presenza, ritenuta fisica dai fedeli, di Gesù Cristo nel tabernacolo della Chiesa. Parimenti la stessa libertà di culto non potrebbe definirsi libera senza essere esercitata, mi permetta il gioco di parole, liberamente. Tutto questo, ovviamente, studiando i modi migliori, e sono convinto che questi modi esistono, per rendere sicure e a prova di contagio le funzioni”.
L’esponente della Lega conclude sottolineando le possibili incongruenze della norma: “Come faremo altrimenti, nel caso in cui tra qualche mese la situazione dovesse dimostrarsi ancora pericolosa, a negare i riti religiosi per settimane e settimane? E ancora, come faremo già dal 4 a spiegare ai nostri cittadini che è lecito e consigliato recarsi a lavoro per 8 ore, vicini ai colleghi, magari arrivando in fabbrica o in ufficio con i mezzi pubblici, ma non lo è andare in chiesa per un’ora alla settimana, distanziati dagli altri fedeli? Sono queste le domande che mi pongo e che Le pongo, sperando di riuscire a dare una risposta ai tatti parrocchiani che, dopo essere stati a lungo a “casa loro”, aspettano di poter tornare in quella che considerano la loro “casa comune””.
Redazione
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