'Le donne sparite dalle 'task force', non un segnale di buon auspicio'
Le riflessioni delle donne componenti della segreteria provinciale del Partito DemocraticoRiceviamo e pubblichiamo.
Come stanno vivendo le donne questi giorni e questi mesi di pandemia? Sono state o si sono messe da parte? Sono finite in secondo piano? E come combattono? E domani? Le statistiche raccolte nel mondo e in Italia parlano chiaro: fin dai primi giorni si è rilevato che il virus che ci tormenta prediligeva il sesso maschile, colpendo una maggioranza di uomini - con quasi il 60% dei casi - tra i contagiati, anche se poi questo non è così vero per le persone che hanno meno di 50 anni.
C’è una teoria per cui il virus sarebbe più aggressivo e letale per la popolazione maschile perché gli uomini sono più spesso fumatori e un’altra perché hanno la pressione più alta o ancora perché il sistema immunitario femminile reagisce subito agli attacchi esterni, e con maggior forza, di quello maschile. Ma, tra le persone decedute a causa del virus in età avanzata, le donne sono una maggioranza, sia per la struttura demografica sia, e soprattutto, per la sciagurata decisione di alcuni presidenti – la minuscola è doverosa almeno in questo caso - di Regioni, specie al Nord, di ricoverare le persone contagiate nelle Residenze per Anziani, sprovviste di dispositivi di prevenzione anche per la tutela del personale medico e di assistenza.
Nella lotta contro il virus, le donne hanno ricoperto un faticoso e rischioso ruolo di primo piano, con una serie di attività professionali di prima linea in campo sanitario e negli ospedali, come nelle residenze per anziani e nelle farmacie; ma anche a casa, a seguire i figli senza scuola, o nell’insegnamento a distanza, o nel commercio di prossimità, in quei piccoli ma fondamentali negozi retti da donne, o come commesse nella grande distribuzione. Per non dimenticare le preziose donne del volontariato.
In un primo momento, le donne sembravano sparite dai radar dei Servizi anti violenza, che ricevevano meno richieste di aiuto proprio quando le misure di isolamento sociale – necessarie per contenere il virus – espongono le donne a rischi incommensurabili. Ora che, grazie al Ministero della salute, il numero gratuito 1522 è attivo 24 ore su 24 ed è stato pubblicizzato in più e più lingue, sia questo che i servizi territoriali stanno tornando ad essere ricercati dalle donne chiuse in casa coi loro aguzzini. Ci stiamo dunque avviando alla “Fase 2” nella quale si dovrà ragionare e trovare soluzioni dignitose ed efficaci anche per quei lavori “femminili” – colf e badanti - che prima erano perlopiù svolti in nero e ora potrebbero e dovrebbero trovare un strada per “emergere”, con le necessarie tutele e diritti.
Una “Fase 2” che veda una ripartenza al femminile, con le donne al loro posto di lavoro in fabbrica, nei servizi terziari, nelle scuole, nel turismo, nel commercio, in agricoltura e nel settore pubblico. Senza discriminazioni sfavorevoli in quelle realtà che risulteranno più critiche, in caso di licenziamenti o di riduzioni di orario non contrattate. E nella “Fase 2” dovrà essere possibile coniugare il lavoro, non solo quello delle donne, con le esigenze scolastiche e di cura delle famiglie. E nessuna donna dovrà trovarsi a dover scegliere di lasciare il proprio lavoro, avendo come necessità di mantenere quello maschile in famiglia, solitamente meglio retribuito.
Ma fateci caso: se c’è uno spazio dal quale sono quasi completamente sparite le donne è quello dei gruppi di lavoro – le famose e onnipresenti “task force” - che stanno progettando la ripartenza, e questo non sembra un segnale di buon auspicio. E non si dica che non è necessario vivere in prima persona un’esperienza per saperla affrontare, per trovarvi soluzioni, perché potrei ribattere che le donne, in una situazione così grave e senza precedenti per tutti, hanno il dovere prima ancora che il diritto di portare il loro punto di vista, il loro sentire, la loro competenza nei più diversi settori. E non si dica che ci sono questioni più importanti a cui pensare che non le politiche di genere, perché potrei ribattere che fino ad ora, proprio in assenza di politiche di genere e con una limitata presenza di donne nei centri decisionali, non è che si sia lavorato proprio al meglio. Crediamo sarebbe ora di tentare nuove vie e nuovi attori e registi, o meglio nuove attrici e registe, e stiamo parlando dei paesi e del Paese. Dalla provincia di Cuneo fino a Roma, passando per il Piemonte.
Rosita Serra, Maria Peano, Ivana Borsotto, Pierangela Castellengo, Sara Tomatis, Valentina Sandrone, componenti della Segreteria provinciale Pd Cuneo
c.s.
CUNEO coronavirus