'Nelle RSA visite ancora semi blindate: così non si può andare avanti'
Lo sfogo del presidente della casa di riposo di Sanfront Silvio Ferrato in una lettera inviata ai rappresentanti delle istituzioni, sia nazionali che localiRiceviamo e pubblichiamo la lettera che il presidente della casa di riposo di Sanfront, Silvio Ferrato, ha inviato a diversi rappresentanti delle istituzioni - dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, passando per gli esponenti degli enti locali e per il Prefetto di Cuneo - sulla situazione delle visite e dei contatti con l’esterno per gli ospiti delle RSA
Seppure sia chiaro a tutti - e aggiungo giustamente! - che nulla deve tornare come prima, cioè con visite non controllate, accessi ed uscite degli ospiti senza alcuna precauzione, purtroppo ancora ad oggi la situazione delle visite dei congiunti è ad un punto morto! Nonostante la possibilità di riaprire ai parenti, con tutte le norme di sicurezza del caso inclusi pannelli di plexiglass e divieto di contatto fisico, una seppur parvenza di normalità pare ancora lontana per gli ospiti delle Rsa ed i loro parenti. In tutte le strutture le visite sono molto contingentate, con divieto di contatto e di vicinanza assoluto per l'emergenza Coronavirus ormai da moltissimi mesi. I bar pieni, le spiagge affollate, le discoteche, ora le scuole per le quali si è cercata e trovata una parvenza di normalità, mi fanno tutti i giorni pensare agli ospiti delle Rsa ed i loro familiari per i quali non solo una soluzione pare essere ancora un miraggio, ma è un miraggio persino una seria discussione sul problema! Purtroppo è straziante vedere e non auguro a nessuno di trovarsi di fronte al proprio caro che cerca di accarezzarvi toccando il plexiglass o peggio il tablet che ha di fronte. Anche il parlare, a debita distanza purtroppo per molti è difficilissimo perché l’udito è quello che è, ma soprattutto il non poter sentire una carezza cara è devastante per molti! In qualità di presidente di una struttura mi rendo conto che così non si può andare avanti!
I nostri ospiti sono vivi e questo vorrei fosse ben chiaro, e l’unico scopo di vita è la vicinanza dei parenti, le voci dei congiunti, i sorrisi e le carezze dei nipotini, mangiare un dolcetto fatto a casa, sentire i racconti di quello che fanno là fuori, commentare le nuvole nel cielo, insomma sentire l’affetto dei loro congiunti, forse l’unica cosa che gli interessa a questo punto. Invece tutto questo è ancora proibito, si è costretti a interpretare i silenzi da lontano, o a cambiare discorso con leggerezza davanti ad un’operatrice che si trova ad entrare, senza volerlo, nelle pieghe delle famiglie. Pensiamo veramente che gli ospiti ci perdonino tutto questo? Io non lo penso! Questa desertificazione dei sentimenti per qualcuno è cosa da poco, mentre credo che siano diritti negati. Le ho pensate già tutte e mi sveglio la notte con questo pensiero e mi chiedo se non basterebbe, con una spesa limitata, anche da far pagare alle famiglie, attrezzare i parenti in visita con i necessari dispositivi di protezione, creare accessi e percorsi sicuri e sanificati ad ogni visita, per poter permettere un minimo di calore umano a chi ha solo più quello? La nostra civiltà è possibile che sia così povera di inventiva e di idee? Io non lo credo proprio: se chi governa, se i nostri amministratori locali non si renderanno conto presto di questo drammatico impoverimento dei legami sociali e delle ripercussioni che tutto questo avrà sulla vita delle nostre famiglie e sul tessuto delle nostre città, se non facciamo di tutto per dimostrare coi fatti che chi invecchia resta al centro della società, tra qualche anno ci ritroveremo a vivere in un lager, ed in quel lager fra pochi anni ci saremo noi! Anche in questa parte d’Italia ben pasciuta, dove c’è chi continua a chiudere gli occhi perché pensa che il problema non lo tocchi e non si rende conto che gli piomberà addosso molto presto!
Intanto noi stiamo alle regole e, dal momento che ci hanno detto di pazientare, abbiamo inghiottito e pazientiamo. Chi, intanto, muore di solitudine non siamo noi, sono i nostri genitori che se ne andranno, dopo aver evitato il Coronavirus ma essere morti in totale solitudine dopo una vita di lavoro e di affetti, con la sensazione di essere stati abbandonati da tutti senza colpa alcuna. Ma che società vogliamo? Gli anziani sono sempre in fondo alle scelte pubbliche quando il sistema si sgretola, i primi ad uscire e gli ultimi a rientrare. Questa è una società malata. Un pensiero lo rivolgo anche al personale di cura ed ai responsabili delle residenze, nelle nostre zone svolgono ogni giorno un lavoro eccezionale. Devono proteggere se stessi e i residenti dalla trasmissione del virus, non possono più contare sul sostegno di parenti e volontari e devono, ancor di più, cercare di arginare la solitudine degli anziani. Oltre all’assistenza, devono curare le relazioni interpersonali, e mostrare empatia. Ed è qui che i nostri collaboratori svolgono davvero un lavoro eccezionale, già prima del Covid-19, e ora più che mai. I rapporti interpersonali, in particolare, sono diventati ancora più importanti in questi mesi. È il nostro personale che ascolta gli anziani, che offre loro parole di conforto, che è presente lì per loro. Cercano in tutti i modi possibili ed immaginabili di far mantenere agli anziani i pochi contatti con i familiari, ma non basta. Con questo mio sfogo personale vorrei scuotere non solo i nostri rappresentanti politici (che sanno che tanti dei nostri anziani non votano più), ma anche quei dirigenti e funzionari della pubblica amministrazione affinché con un impeto di orgoglio e di impegno non perdano il senso della prossimità e della cura sociale. Ci deve pur essere il modo per restituire concretezza a queste relazioni, è questa la vera battaglia che dobbiamo fare, è questa la prima opera pubblica di una politica sana. Ma abbiamo poco tempo: nessuno lo vede?
Redazione
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