Ospedale Civile di Busca, la denuncia del presidente: ‘In un mese non è arrivato nulla dalle istituzioni’
Tommaso Alfieri boccia la gestione dell’emergenza: ‘La burocrazia impedisce di trovare mascherine e personale. Se non potete aiutarci, almeno fateci lavorare’“In trenta giorni non hanno mandato una mascherina, ma nelle mail ci chiedono risposte entro un’ora”: la sintesi offerta da Tommaso Alfieri, presidente dell’Ospedale Civile di Busca, fotografa la situazione di ‘guerra su due fronti’ che molti dirigenti di strutture sanitarie si stanno trovando ad affrontare.
Da un lato c’è lo scontro che fa più paura, quello con il nemico silenzioso che in ogni momento potrebbe mettere a rischio la vita di pazienti spesso già sospesi a un filo perché anziani o debilitati da gravi patologie. Dall’altro c’è la lotta quotidiana con la burocrazia, un percorso accidentato fatto di rimpalli tra un ufficio e l’altro, cavilli e richieste spesso al limite dell’assurdo.
Sul primo fronte, perlomeno, le notizie sono confortanti: tutti gli ospiti del nosocomio stanno bene, anche se si denuncia qui come ovunque la cronica mancanza di tamponi per isolare eventuali soggetti asintomatici. Quanto al resto, Alfieri boccia l’intera gestione dell’emergenza dal punto di vista organizzativo: “Le istituzioni continuano a dire che c’è la guerra, ma sembrano non averlo capito. Dall’Asl, dalla Regione e dallo Stato non è arrivato niente e le altre strutture denunciano gli stessi problemi”.
E non si tratta di distribuire colpe o aprire polemiche personali, precisa il presidente dello storico complesso sanitario: “Da 44 anni vendo dispositivi di protezione individuali per i sanitari, so benissimo che oggi non ce ne sono e so altrettanto bene che è difficilissimo reperirne. Non colpevolizzo nessuno per questo, ma perché ci rompono le scatole: se non possono aiutarci, almeno ci lascino lavorare”. Troppe richieste difficili da gestire (specie ora che in ufficio è rimasto solo uno dei tre dipendenti a disposizione, e si occupa anche di vigilare sugli ingressi), troppi tavoli programmatici, riunioni e cabine di regia, soprattutto troppi adempimenti quando l’ospedale cerca (da solo) di attrezzarsi.
Un esempio? La questione delle mascherine: procurarsele sul libero mercato è quasi impossibile anche per chi può attingere al proprio patrimonio di esperienza e conoscenze personali. Perché i paletti legali che erano in vigore prima dell’emergenza sono rimasti tali e quali: “Se ora acquistiamo mascherine a un prezzo ritenuto spropositato rispetto a quello del dicembre scorso, - spiega Alfieri con un esempio - un domani qualunque organo di controllo potrebbe decidere di chiedercene conto. Non mi preoccupo per me stesso, ma per il segretario che potrebbe essere chiamato a rispondere di un illecito avallando la mia scelta”.
Stesso discorso vale per il reclutamento del personale: gli ospedali possono contare sui medici in pensione, una risorsa preziosissima in questo momento. Le strutture sanitarie come quella di Busca invece non possono rivolgersi nemmeno ai propri ex dipendenti. Anche se ce ne sarebbe più che mai bisogno, ammette il presidente: “Non è certo per sfiducia nei confronti dei giovani, ma di fronte all’emergenza preferirei poter contare su qualcuno che conosce a menadito la struttura e sa già dove cercare le scope o i cateteri, piuttosto che su qualcuno che si è iscritto da un mese al corso per operatore sociosanitario”.
L’Ospedale Civile di Busca è un presidio della salute attivo fin dal 1698, quando ad opera della Confraternita della Santissima Trinità nacque l’‘ospedale dei poveri infermi’. Oggi è stato riconvertito in residenza sanitaria assistenziale per anziani con 108 posti letto. Oltre alla Rsa, l’edificio ospita al primo piano l’Hospice e il centro oncologico che sono però sotto la diretta gestione dell’Asl.
Una grossa fortuna per la struttura è stata quella di poter contare, nella tempesta attuale, sulla generosità del territorio. Molti cittadini hanno già inviato aiuti sia economici - i più semplici da gestire ora - che materiali: “Abbiamo ricevuto molte mascherine ma ci servono come il pane, anche perché sono dispositivi monouso” riferisce Alfieri. Una raccomandazione dalla dirigenza ospedaliera per chi intendesse donarne altre è di evitare il modello FFp2 con la valvola: “Meglio piuttosto le mascherine chirurgiche, l’ideale comunque è poter disporre di FFp2 o FFp3 con il filtro”. Ma ci sono tanti altri dispositivi di protezione che tornerebbero utili, a cominciare dalle tute batteriologiche (diverse dai semplici camici verdi): “Un’azienda avrebbe voluto regalarci perfino delle visiere, purtroppo ho dovuto rifiutarle perché non erano certificate. Per la legge è meglio non avere nessuna protezione che averne una ‘non omologata’”.
“Ringrazio di cuore tutto il personale, non solo quello dipendente dell’ente ma chiunque sta lavorando in ospedale. E grazie anche a chi, senza parlare più di tanto, ha fatto offerte di cui c’è sempre bisogno” conclude il presidente: “C’è un’Italia che non fa discussioni e tavoli programmatici ma si dà da fare, a differenza di quanto sta avvenendo nelle istituzioni”.
Andrea Cascioli
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