Papa Francesco in Mongolia, il cardinale cuneese Marengo fa gli onori di casa
Il prefetto apostolico è il più giovane porporato della Chiesa. È stato lui ad accogliere il pontefice in visita nel Paese asiaticoEra il 1246 - venticinque anni prima del viaggio di Marco Polo - quando papa Innocenzo IV inviava il missionario francescano Giovanni da Pian del Carpine alla corte degli imperatori mongoli, per stabilire un primo contatto con quella stirpe di cui tanto si favoleggiava nella cristianità: l’obiettivo era formare un’alleanza che avrebbe stretto in una tenaglia i domini musulmani, e forse perfino convertire il gran khan dei “tartari” alla fede in Cristo.
Quasi ottocento anni dopo a recarsi in Mongolia è il capo della Chiesa cattolica, per la prima volta nella storia. Papa Francesco sarà nella terra di Gengis Khan fino al 4 settembre per un viaggio apostolico che prevede, oltre agli impegni pastorali, diversi incontri politico-istituzionali e interreligiosi e cinque discorsi. A fare gli “onori di casa” è un prelato di origini cuneesi che il pontefice ha nominato prefetto apostolico di Ulan Bator nel 2020 e creato cardinale lo scorso anno: quarantottenne nel momento in cui riceveva la berretta rossa, Marengo è oggi il più giovane membro del Sacro collegio.
Dopo una giovinezza a Torino tra i missionari della Consolata, il religioso - nato a Cuneo da papà bovesano e mamma monregalese - è arrivato in Mongolia vent’anni fa, quando la prefettura apostolica era stata appena istituita da Giovanni Paolo II. La Mongolia, grande cinque volte più dell’Italia, conta 3,3 milioni di abitanti, meno di 1500 dei quali sono cattolici. Per questo la visita del papa è tanto più significativa: “Questo - racconta il cardinale al quotidiano Avvenire - è l’altro aspetto, oltre a quello storico, che ha colpito i mongoli: l’importanza che lui ha voluto dare con la sua visita a una realtà marginale e lontana dai riflettori”. I fedeli locali si sono preparati con un pellegrinaggio nelle nove comunità cattoliche del Paese, portando con sé una statua della Madonna che un’anziana aveva rinvenuto nella discarica di Darkhan. La donna non era cristiana e non sapeva che quell’effige avesse un valore spirituale, ma l’ha comunque portata in casa e restituita a nuova vita: oggi lei è stata battezzata e la statua, salvata dalla rovina, è esposta nella cattedrale di Ulan Bator con il nome di “Madre del cielo”.
Tra i compiti principali della sua piccola Chiesa il cardinal Marengo menziona l’impegno nel sociale, ora “istituzionalizzato” con la creazione di una Casa della misericordia che il papa benedirà lunedì prossimo: “Nel nostro progetto la Casa sarà un centro di prima accoglienza dove trovare un pasto caldo, un letto per qualche giorno, per sfuggire alla violenza domestica o ad altre situazioni complesse della vita”. Nel Paese, spiega, la povertà endemica degli anni Novanta ha lasciato il posto a un miglioramento generale delle condizioni, ma il rapido sviluppo e l’emigrazione incessante dalle campagne alla città lasciano spazi alla marginalità e al disagio: “Una situazione che la Chiesa cerca di arginare richiamando le comunità al fatto che la vita non è solo inseguire la ricchezza”.
Andrea Cascioli
CUNEO cuneo - Papa - mongolia - Chiesa cattolica - Giorgio Marengo