"Portiamo i ragazzi a pensare che o sei Pep Guardiola oppure è un disastro: non è così"
Accoglienza da star per il tecnico del Manchester City, ospite dei "Dialoghi sul Talento" al palazzetto dello sport di Cuneo: "Dobbiamo smettere di pensare che solo quello che vince è bravo"Finale di Champions League 2021, Chelsea batte Manchester City 1-0 con un gol di Havertz. Durante le premiazioni molti calciatori del City si sfilano la medaglia del secondo classificato pochi secondi dopo averla ricevuta. Guardiola no. Il tecnico catalano, sconfitto con la sua squadra, prende in mano la medaglia e la bacia. “Arrivare alla finale di Champions League è un incredibile successo, significa essere la seconda squadra più forte d’Europa in quell’anno. Dobbiamo smettere di pensare che solo quello che vince è bravo. L’importante è provarci, e poi tornare a provarci. Ai ragazzi mettiamo una pressione fortissima portandoli a pensare che o sei Pep Guardiola oppure è un disastro: non è così. Ti diranno che non sei capace, questo è sicuro, ma non significa che sia la verità. Non deve essere un mio compagno, un mio allenatore, o un giornalista, a dirmi se ho fatto bene o male: devo essere io a saperlo”. È uno dei passaggi più significativi, tra i tanti, dell’intervento di Pep Guardiola, ospite stamattina al palazzetto dello sport di Cuneo dell’evento “Dialoghi sul Talento”, organizzato dalla Fondazione CRC, in collaborazione con Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus, Fondazione Guardiola Sala e con il supporto di Collisioni.
L’allenatore del Manchester City ha ricevuto un’accoglienza da vera e propria star dagli oltre 3.500 studenti cuneesi presenti sulle tribune del palazzetto. Ad aprire gli interventi il “padrone di casa”, il presidente della Fondazione CRC Ezio Raviola: “La nostra è una delle poche fondazioni che ha lo sport tra i suoi settori erogativi. Aiutiamo le società, finanziamo la costruzione di nuovi impianti, sosteniamo i talenti locali come Marta Bassino, facciamo corsi per dirigenti sportivi e allenatori. Abbiamo ogni anno investimenti che superano i quattro milioni dietro solamente nello sport”. Poi, dopo i saluti istituzionali del presidente della Provincia Luca Robaldo e della sindaca Patrizia Manassero, si è entrati nel cuore dell’evento, condotto dal giornalista Mediaset Alberto Brandi.
In apertura Massimo Mauro e Pere Guardiola (fratello di Pep) hanno parlato delle attività delle rispettive fondazioni: la “Vialli e Mauro”, creata dall’ex calciatore insieme al compianto collega, si occupa di finanziare la ricerca contro la SLA e contro il cancro, mentre la Fondazione Guardiola Sala promuove l’integrazione delle persone, in particolare bambini, in stato di vulnerabilità attraverso lo sport.
I talenti locali
Prima di Guardiola sono salite sul palco anche Anna Arnaudo e Sara Curtis, giovani “stelline” dello sport cuneese. Con loro avrebbe dovuto esserci anche la calciatrice Michela Giordano, che non ha però potuto essere presente perchè in ritiro con la Sampdoria dopo tre sconfitte nel campionato di Serie A. Anna Arnaudo, mezzofondista di Borgo San Dalmazzo, ha parlato del suo impegno nel conciliare sport e studio soffermandosi poi sul suo rapporto con la malattia, il diabete di tipo 1: “Quando la scoprii iniziai a piangere, smisi solo quando un medico mi disse che avrei potuto continuare a correre. La malattia mi ha fatto capire ancora di più che la mia vita era fragile e andava protetta, il tempo andava utilizzato al meglio”. La nuotatrice saviglianese Sara Curtis, accompagnata da un tifo da stadio sugli spalti, ha invece parlato dei suoi obiettivi: “Sogno le Olimpiadi, ma rimango con i piedi per terra. Non voglio parlarne come se ce le avessi già in mano. Lavoro ogni giorno per arrivarci, ma so che è importante rimanere umile”.
Guardiola sul palco
A seguire è arrivato il momento più atteso, con Pep Guardiola (accompagnato da Massimo Mauro) che è salito sul palco accompagnato da una rumorosa standing ovation. “Mi vogliono più bene qui che all’Emirates”, ha scherzato lui riferendosi allo stadio londinese, casa dell’Arsenal, dove ieri sera ha perso con il suo Manchester City. Poi la chiacchierata con Alberto Brandi, con il concetto del talento a fare da punto centrale del dialogo: “Il talento conta, certo, ma contano anche la passione e il sacrificio. E poi non si può negare che anche la fortuna conta. Io quando giocavo ho avuto la fortuna di trovare uno come Johan Cruijff, di trovare altri allenatori giusti, di trovare il giocatore che faceva il mio ruolo che venne ceduto. Magari, pur facendo le stesse scelte, oggi non sarei qui se non fossero successe queste cose. Ci ho messo la mia parte, ma a volte nel dove ti porta la vita conta anche la fortuna”.
Molto importante, nella sua formazione, la figura di Johan Cruijff, allenatore del Barcellona nel momento in cui Guardiola si affacciò in prima squadra: “Crujff mi ha fatto vedere cose che non credevo esistessero”. L’olandese ha in qualche modo segnato il futuro del tecnico catalano: “Solo a 26-27 anni ho iniziato a vedere il calcio con altri occhi e capire che avrei voluto fare l’allenatore”. E cos’avrebbe fatto nella vita Guardiola se non avesse fatto il calciatore? “Credo il professore di storia, mi piaceva molto studiarla”.
L’intervista è stata accompagnata da diverse clip che hanno ripercorso la carriera del Guardiola allenatore, iniziata con il Barcellona, quel Barcellona reso leggendario dal tiki taka (e da Leo Messi). “Il più forte è che ho mai visto e che mai vedrò. Mi dispiace per tutti gli altri, ma lui è un’altra cosa”, ha detto Guardiola, poi incalzato sul “peso” di un allenatore sulle prestazioni e sui risultati di una squadra di calcio: “Un allenatore non gioca, non fa gol e non para rigori. Io posso dare un’idea, ma senza giocatori bravi e una società organizzata, che ti protegge, non si vince. Io al Barcellona avevo tutto questo. Io non dico che non sono bravo: sono bravo, ma questo non basta”. Poi una domanda sulla stella della sua squadra attuale, il centravanti norvegese Erling Haaland: “Cos’ha in comune con Messi? Il senso del gol”.
Il talento non basta
Guardiola, durante la chiacchierata con Brandi e Mauro, ha richiamato più volte il concetto di fortuna e la sua importanza nel raggiungere i risultati. Dalle sue parole emerge in un certo senso una “ricetta” per arrivare al successo: talento, sacrificio, fortuna, tre elementi imprescindibili per raggiungere risultati di alto livello. Il tecnico catalano ha citato un esempio recente della sua carriera: “Nella scorsa stagione abbiamo vinto tutto, abbiamo fatto tante cose belle, ma avremmo potuto perdere la finale di Champions League se Lukaku avesse fatto gol da due metri. Invece ha sbagliato, e allora tutti ci considerano fenomeni mentre l’Inter è un disastro”. Il talento, insomma, non basta. Ma non basta nemmeno il sacrificio: “Quanta gente nel mondo si sforza eppure non riesce in quel che fa? Tantissima. Il sacrificio è fondamentale per avere successo, ma non è vero che porta automaticamente al risultato. Mi spiace, ma no”, ha detto Guardiola.
Il passato in Italia
La chiacchierata si è poi spostata sull’esperienza italiana di Guardiola, calciatore del Brescia e della Roma tra il 2001 e il 2003. Con le “Rondinelle” la parentesi più significativa: “Appena arrivai l’allenatore, Mazzone, mi disse che in realtà non mi voleva: un buon modo per iniziare. Poi però andò meglio. Mazzone era un allenatore ‘vecchia scuola’: non aveva gli analisti e i professionisti che abbiamo oggi negli staff, ma aveva un carisma incredibile, gli bastavano due parole. Oggi noi allenatori abbiamo perso questo tipo di carisma”. A Brescia Guardiola divise campo e spogliatoio anche con Roberto Baggio: “Sicuramente il più forte compagno che ho avuto da calciatore”.
Nel finale spazio alle domande di alcuni ragazzi tra il pubblico. Guardiola ha mai pensato di smettere di allenare? "Ogni volta che perdo una partita, ma dura solo cinque minuti”.
Andrea Dalmasso
CUNEO cuneo - Pep Guardiola