Quale modello di turismo e quali modalità di fruizione per la montagna? La lettera del presidente dell'Uncem
L'intervento di Marco Bussone, che si rivolge ad una serie di soggetti "protagonisti" del mondo montano, si inserisce nel dibattito nato dopo la tragedia della MarmoladaLa tragedia della Marmolada, avvenuta lo scorso 3 luglio, ha sollevato un ampio dibattito sul futuro dei territori e sulle modalità di accesso e fruizione della montagna. Nella seguente lettera, che pubblichiamo integralmente, il presidente dell'Uncem Marco Bussone chiede a una serie di importantissimi soggetti di aprire un percorso. La missiva si rivolge al Presidente generale del Club Alpino Italiano Antonio Montani, al Presidente del Collegio nazionale delle Guide Alpine Pietro Giglio, al Presidente dell’Associazione nazionale dei Rifugisti Angelo Iellici, al Presidente nazionale del Collegio dei Maestri di sci Giuseppe Cuc, al Presidente della FISI Flavio Roda, al Presidente della Fondazione Montagna Sicura Guido Giardini, al Presidente della Fondazione Dolomiti Unesco Mario Tonina, al Segretario generale della Fondazione Courmayeur Mont Blanc Elise Champvillair.
Preg.mi
e preg.me,
La Tragedia della Marmolada ha acceso i riflettori dell’opinione pubblica, delle Istituzioni, dei media sull’effetto dei cambiamenti climatici in montagna. Un tema complesso e delicato che ci ha visti negli ultimi anni, tutti e in modo serio e articolato, costruire soluzioni e definire strategie per ridurne gli impatti. Siamo tutti vicini alle famiglie delle vittime di quella domenica che doveva essere di svago, sport, relax.
Nei giorni successivi, anche a seguito di alcune mie dichiarazioni, si è acceso un forte dibattito rispetto alle modalità di fruizione delle aree montane e alla necessità di valutare in modo diverso dal passato le modalità di accesso ai territori, oltre che gestione e conservazione. Con diverse consapevolezze ed esperienze che ho e che abbiamo, ne siamo certi: il rischio della fruizione di certi ambienti (di tutti gli ambienti) e in particolare della montagna, esiste e non si azzera; la montagna non uccide; ciascuno può determinare le sorti proprie; la montagna è storicamente “luogo delle libertà”. Ho queste certezze che però vanno declinate, pensate, cucite alla luce di una fragilità crescente degli ecosistemi e delle aree montane stesse, determinate dagli stessi cambiamenti climatici in corso. Sono temi che richiedono attente e delicate riflessioni. Per i Sindaci e per i Comuni che Uncem rappresenta, vale la pena ad esempio chiedersi, come ridurre l’impatto delle attività antropiche sugli ambienti naturali. E come le comunità siano protagoniste del cambiamento, attraverso “green Communities” e strategie forestali che non siano vuote o occasionali. Anzi, devono essere concrete e favorire le comunità locali, lo scambio e i legami, i flussi e le interazioni.
Ho parlato, nei giorni scorsi, anche di “limiti”. È un tema – come ho imparato da un sociologo quale Aldo Bonomi e da un antropologo come Annibale Salsa – estremamente moderno e articolato. Limiti di fruibilità di un’area con mezzi a motore; limiti di accesso alle auto in zone di alto pregio sostituendole con mezzi elettrici collettivi (bellissimo quanto fatto a Castelluccio di Norcia sulla piana delle lenticchie oppure nel Gran Paradiso, o ancora in Val Maira chiudendo strade in quota alle auto, oppure sulle montagne lombarde del grande ciclismo, riservate alle bici), o con impianti per la risalita meccanica (c’è una altitudine limite?); limiti di numeri, per il turismo e i turismi. Limiti anche di accesso per le persone su un sentiero o un’area paesaggisticamente ed ecologicamente complessa, ove richiesto e serva. Limiti uniti alla valorizzazione dei servizi ecosistemici-ambientali che un’area montana esprime e che tutti devono sapere riconoscere. E pagare. Roba moderna e difficile, ma da non derubricate con una smorfia. Non ho mai escluso che alcune zone possano essere accessibili con il pagamento di un ticket o che vengano date in gestione, in concessione da parte di enti locali, a imprese e associazioni. Di tutti questi limiti potrei fare diversi esempi di successo in Italia e all’estero. Ogni situazione, mi insegnate, è peculiare e richiede approfondimenti, analisi, riflessioni attorno alla sostenibilità delle scelte, ponderazione, incrocio di piani di ragionamento diversi. La complessità è Montagna. Montagna, territori, sono complessità e studio, lo sappiamo bene. Semplificare non è un buon esercizio. I piani si intersecano, le letture sono molteplici e noi siamo in questa complessità. Vogliamo esserci, anche guidarla. Non sono diventato Presidente dell’Associazione di Comuni montani per fare un po’ di mero sindacato è un po’ di questua verso il centro. Abbiamo urgenze insieme di sinergie e letture del futuro delle montagne.
Vi è poi un altro elemento che ha suscitato, negli ultimi giorni, dibattito e anche polemiche. Lo so bene che il tema delle “chiusure” di certe aree montane, ove insistono paesi, comunità, o dove vi è uno spazio naturale, è dibattuto e visto con dubbio, con multiforme pensiero, con scetticismo piuttosto che respingimento. Dagli alpinisti in particolare. Limitare la loro libertà in montagna è veramente libero e democratico? Eppure il tema non è nuovo ed è sempre esistito, almeno negli ultimi 25 anni. Penso a ponti e strade – e mi si dirà che poco c’entrano – chiusi da Sindaci e soggetti gestori per incapacità, loro o altrui, di garantire sicurezza a seguito di mancati trasferimenti, lavori non eseguibili, o per evitare eccesso di rischio. Se ne sono scritti libri, dossier di analisi e anche sentenze, purtroppo. Intere aeree montane negli ultimi anni sono state chiuse e limitate nell’accesso – con ordinanze sindacali motivate scientificamente e chiare – per evitare eccesso di rischio a carico dei fruitori. Sono state limitate libertà? Aree sono state chiuse dai Sindaci, che hanno responsabilità sui loro territori, sulle comunità, sulla salute pubblica, sulle scelte fatte e da fare, sulla protezione civile, per non rischiare – i Sindaci stessi – di incorrere in gravi problematiche giuridiche e legali, anche penali, in caso di incidente o emergenza, più o meno gravi. Tanti Sindaci negli ultimi anni sono stati coinvolti in vicende giudiziarie per non aver tutelato – secondo i PM e poi a giudizio – la sicurezza pubblica. E così, molti Sindaci oggi preferiscono essere zelanti, molto zelanti. E in caso di rischio, di possibile rischio per la pubblica incolumità, sentiti gli esperti (mica da solo, ma consultando commissioni di scienziati), optano per chiusure e limitazioni preventive. Lo fanno loro malgrado, non certo divertendosi o alla leggera. Lo fanno per tutelarsi e per evitare che la mancanza in Italia di autoresponsabilità individuale di chi sceglie di fare una cosa sostenendo la propria libertà, ricada su di loro. Per evitare che dunque, i Sindaci, diventino le vittime e i responsabili nelle aule di tribunali.
Dobbiamo evitare tutto questo. Dobbiamo lavorare per nuova legislazione, per nuove regole e nuova cultura. Ha ragione chi afferma che per andare in montagna, qualunque cosa si faccia, servono formazione e cultura. Certo, vanno aumentate e devono partire dalle scuole dell’obbligo con un obbligo formativo. Ma anche le norme devono essere più chiare. Tutelare la libertà individuale a vantaggio della libertà e della sicurezza di tutti. Anche dei Sindaci-responsabili sempre – se non cambia la norma – di quanto avviene sul territorio. Responsabili anche, va ricordato, per abuso d’ufficio o altri reati, se eccedessero nello zelo e nella tutela chiudendo senza adeguati motivi questa o quell’area, questa o quel sentiero. Responsabili sempre anche nel caso di mancata e adeguata comunicazione delle loro scelte e delle loro ordinanze, o comunque della mancanza di controllo (come se i Comuni avessero personale per controllare). Responsabili anche se qualcuno cade o si fa male scivolando sul ghiaccio nella piazza del paese.
Stupido sarebbe qui, per me e per Uncem, difendere a prescindere, chiedere tutele per gli Amministratori, chiedere scudi e protezioni dei Sindaci. Vi sono ben altre sedi per l’elaborazione in tal senso, e la campagna elettorale in corso, la prossima legislatura dovrà affrontare anche questi temi. Con urgenza. Di certo, oltre ogni retorica, luogo comune, tifo da stadio, noi dobbiamo insieme capire come si intrecciano libertà, sicurezza, tutela. Serve elaborazione e propongo a questo gruppo di organizzare al più presto occasioni di serio ed efficace confronto.
Grazie sin d’ora per la disponibilità e la passione che ci, vi muove.
Marco Bussone
Redazione
CUNEO uncem