Sci in lockdown, i sindacati chiedono tutele per i lavoratori della montagna
Dalle segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil un appello a governo e Regione: “Nella Granda un migliaio di addetti senza occupazione, reddito e ammortizzatori”Anche la voce dei rappresentanti del mondo del lavoro si unisce al coro, preoccupato e deluso, di quanti nei giorni scorsi hanno commentato la decisione del governo di “blindare” all’ultimo minuto le piste da sci.
“La decisione del governo di prolungare la chiusura degli impianti sciistici ha messo in grande crisi una parte importante del comparto turistico delle vallate cuneesi” scrivono in un comunicato congiunto le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil. L’economia montana fa i conti con un rinvio delle aperture che sa di beffa dato che il 5 marzo, nuova data prevista per il via libera, la stagione potrebbe essere ormai conclusa per la maggior parte degli impianti. La Regione Piemonte intanto si dice pronta a erogare una prima tranche dei 20,5 milioni di contributi stanziati per gli operatori danneggiati.
Dai confederali giunge però l’appello a non trascurare i dipendenti di un settore condizionato più di ogni altro dal fattore stagionalità: “Certo le imprese stanno subendo danni enormi e chiedono ristori immediati e adeguati, ma soprattutto non dobbiamo dimenticare i lavoratori e lavoratrici stagionali che sono rimasti senza occupazione, senza reddito e privi di ammortizzatori sociali”.
In provincia di Cuneo si calcola che gli addetti agli impianti di risalita e quelli impiegati nell'indotto turistico, compresi gli stagionali, siano circa un migliaio di persone: “Sono lavoratori che devono essere tutelati al pari delle imprese, soprattutto chi non è stato ricollocato dopo la stagione estiva e si trova con l'unico strumento di garanzia, la Naspi, agli sgoccioli. È inoltre necessario un prolungamento del FIS, fondo integrazione salariale, per i lavoratori che non sono stati licenziati grazie al blocco dei licenziamenti”.
“Il governo - concludono le tre sigle - deve agire urgentemente e la Regione Piemonte, oltre a portare la doverosa solidarietà ai lavoratori del settore, deve fare la sua parte mettendo risorse proprie”.
Redazione
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