Esternalizzazione dei servizi da parte dell’ASL CN1: "Le cassandre di sinistra avevano ragione"
La lettera della segretaria del circolo "Dante Di Nanni" del PRC-SE di Mondovì. "Sono anni che la Sanità subisce un depauperamento delle risorse"Riceviamo e pubblichiamo.
Egregio direttore,
ho letto la notizia dell’esternalizzazione dei servizi da parte dell’ASL CN1. Questo non mi ha colto di sorpresa, sono decenni che la sanità subisce un depauperamento delle risorse, con un piano a largo raggio, volto a portare alla privatizzazione della stessa.
La legge 833 del 23 dicembre 1978 si basa su tre principi cardine: l’universalità, l’uguaglianza e l’equità e affonda le proprie radici nell’articolo 32 della nostra Costituzione. Tutto quello che è successo dopo il varo della legge quadro 833/78, una legge che poneva l’Italia ai primi posti al mondo per la gestione della sanità pubblica e dell’assistenza ai cittadini, è stato studiato per minarla alla base: già negli anni ’90, con le leggi del 1992-93 e la riforma Bindi del 1999 si abdica ai principi basilari della legge, demandando la gestione della sanità alle regioni e introducendo il concetto mostruoso dell’aziendalizzazione, che comporta una svolta di 180 gradi sulla ratio della legge: la sanità deve produrre profitto (è questo che fanno le aziende), esattamente come la sanità privata a cui quella pubblica viene sempre più omologata, ma senza disporre delle stesse risorse e soprattutto con il carico dell’art. 32 che non consente di rifiutare cure a chi ne ha bisogno. In aggiunta a ciò, i finanziamenti statali sono diminuiti costantemente.
Invece il concetto che sta alla base dell’assistenza sanitaria universale finanziata con i soldi dello stato, cioè con i soldi di tutti è completamente diverso: la sanità deve assicurarsi che la comunità resti il più possibile in salute, i cittadini in salute provvederanno a procurare il famoso reddito, in seconda istanza.
Un altro tassello importante del piano di privatizzazione in corso è stato il depauperamento del personale sanitario pubblico, in primis pagandoli poco, di modo che le professioni sanitarie rimangano scarsamente appetibili, in secondo luogo frapponendo ostacoli come il numero chiuso alle facoltà universitarie. Mi chiedo il senso di mettere il numero chiuso alla facoltà di medicina o a quella di infermieristica, quando da sempre mancano medici e infermieri. Inoltre il suddetto personale sanitario è trattato in maniera indegna dai dirigenti e dai quadri, credo che negli ospedali si battano tutti i record di mobbing verticale (anche esperienza personale), così anche chi lavora nella sanità pubblica è indotto a uscirne appena possibile, per andare a lavorare nel privato dove le responsabilità burocratiche sono molte meno oppure rassegnando dimissioni anticipate (quota cento, opzione donna ecc tutte penalizzanti sul piano della pensione).
E ora la sanità collassa: quello che era un ricorso sporadico al “gettone” (già presente da anni e anni) diventa la prassi, con i soldi che noi versiamo per avere assistenza sanitaria PUBBLICA.
A me spiace molto di aver avuto ragione, ho lavorato in sanità pubblica tutta la vita e credo di aver svolto il mio lavoro con passione e competenza, ma quando ne avrò bisogno io, questa non esisterà praticamente più. Le cassandre di sinistra avevano ragione. A questo punto, se anche si ribaltasse completamente l'attuale assetto che favorisce la privatizzazione della sanità, i tempi per tornare alla lettera della legge 833/78, sarebbero biblici, ma dovremo applicarci e lottare, perché i soldi che diamo allo stato per fornirci servizi, vengano usati per questo e non per arricchire i soliti noti.
Orietta Basso
co-segretaria del circolo Dante Di Nanni PRC-SE Mondovì
Redazione
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