Lavorare non basta più: in aumento i monregalesi occupati che non arrivano a fine mese
Il Centro di ascolto deve far fronte ad una nuova emergenza che allarga la platea di chi è in difficoltà economica. I responsabili Caritas: “Grazie ai volontari per il loro lavoro”Età media sui quarant’anni, italiano, spesso occupato ma con un salario che non gli permette di arrivare alla fine del mese. È questo l’identikit di chi si rivolge al Centro di ascolto della Caritas diocesana di Mondovì. I numeri parlano chiaro: da inizio anno al 31 ottobre, sono stati 218 i monregalesi che hanno chiesto aiuto, contro le 158 persone provenienti dal Nord Africa, il secondo gruppo più numeroso.
“In effetti - spiega il responsabile del Centro di ascolto diocesano Davide Oreglia - da alcuni anni ci troviamo ad affrontare le difficoltà economiche dei cosiddetti "working poor" cioè persone che risultano occupate ma che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Si tratta di un aspetto nuovo al quale dobbiamo far fronte sempre più spesso”.
In generale le famiglie che ha incontrato la Caritas in dieci mesi sono state 522: quasi due ogni giorno del mese. Tra questi 160 sono stati “primi contatti”, ossia persone o famiglie che fino ad allora non si erano mai rivolte alla Caritas per un sostegno. “Le problematiche più comuni di chi si rivolge al Centro di ascolto di Mondovì - precisa il direttore Marco Fulcheri - riguardano soprattutto problemi economici e anche situazioni difficili legate all'abitazione”.
Da gennaio ad ottobre sono state 103 le famiglie alla quale sono state pagate le utenze della luce, oltre sessanta quelle alle quali sono state pagate le bollette del gas, mentre una settantina si sono rivolte al servizio mensa.
“Il nostro sostegno - proseguono Oreglia e Fulcheri - è indispensabile anche per alcune persone che si sono indebitate a causa di una mal gestione economica, oppure per far fronte a dipendenze. Il nostro obiettivo è quello di distribuire meno aiuti a pioggia, per offrire percorsi di accompagnamento al fine di arrivare ad una soluzione del problema”.
Molti anche i casi in cui chi ha bisogno di aiuto si vergogna a rivolgersi al Centro di incontro e in questi casi sono le parrocchie, le associazioni, i volontari a segnalare i casi che possono ricevere sostegno in forma più “riservata”, magari portando scorte alimentari direttamente a casa.
Per questo sottolineano i responsabili: “È importante la collaborazione con altre associazioni ed enti, come per esempio il Comune, per il recupero di alimenti che abbattono costi per la mensa e in più evitano sprechi”.
“Tutto questo - concludono Oreglia e Fulcheri - è possibile grazie ai volontari, alle associazione, agli amici della Cittadella della Carità. I volontari sono circa 300 e svolgono il loro servizio gratuitamente e con competenza”.
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