Alla sbarra la “setta delle bestie”: c’è una cuneese tra le vittime
Sesso con ragazzine minorenni, torture e violenze psicologiche. L’inchiesta nel Novarese su trent’anni di presunti abusi perpetrati tra Piemonte e LombardiaÈ cominciato con un rinvio, motivato da un difetto di notifica, il processo contro la “setta delle bestie” di Novara.
Alla sbarra ventotto indagati, in primis il fondatore e leader indiscusso Gianni Maria Guidi, oggi 79enne. Sarebbe stato lui, secondo gli inquirenti, a schiavizzare per scopi sessuali decine di adepte, comprese diverse ragazzine minorenni. Dietro alle apparenze di una comunità new age dedita a pratiche di magia e divinazione, alla quale erano riconducibili varie attività commerciali oltre alla sede nei boschi novaresi di Cerano, si sarebbero celate per un trentennio pesantissime violenze fisiche e psicologiche. A partire dal 1990, sostengono i pubblici ministeri Laura Ruffino, Paola Stupino e Silvia Baglivo, il gruppo, costituito da autorevoli professionisti tra cui docenti di scuola, psicologi, insegnanti di danza e imprenditori, avrebbe agito come una vera associazione a delinquere. Lo scopo era instradare le giovani prede in un programma di “adescamento, sottomissione, indottrinamento, sottoposizione a sfruttamento lavorativo e sessuale, tanto da integrare una vera e propria riduzione in schiavitù delle vittime”. Le violenze sessuali, anche di gruppo, sarebbero state all’ordine del giorno in una comunità che considerava il dolore come “mezzo per elevare la mente”.
Le indagini della Squadra Mobile della Questura di Novara sono durate oltre due anni e hanno portato nel 2020, con l’operazione Dioniso, a perquisizioni e arresti nelle province di Novara, Milano e Pavia. Secondo le ricostruzioni le presunte vittime, costrette ad abusi e a congiungersi con animali, erano frustate, morsicate, legate e appese a ganci. Dovevano lavorare senza retribuzione, affidare ogni scelta di vita al gruppo e rivelare qualunque loro pensiero alle “mami”, le collaboratrici più strette di Guidi. Il fondatore era conosciuto con vari pseudonimi: “il Dottore”, “il Pontefice”, “Re Bis”. Gli adepti invece si chiamavano tra loro con soprannomi dal mondo animale come “lumachina”, “capretta”, “cavallo”, “volpetta”. Di qui la definizione di “setta delle bestie” per inquadrare il gruppo che operava attraverso le proprie ramificazioni in vari settori a Milano: la casa editrice “La Terra di Mezzo”, l’erboristeria “Quintessentia” e i “Semplici sas” e la bottega celtica “Ceilt Siopa” come luoghi di “indottrinamento”, ma anche due scuole di danza e una di “spada celtica”, il centro psicologico “Ta-Urt” e il “Mom’s The family bar”, tutti punti di “adescamento e reclutamento” delle giovani secondo la Procura.
La prima a denunciare la “psicosetta” è stata una donna che risiede in un comune del Braidese. Sarebbe stata “iniziata” ai riti della setta, tramite una zia, quando aveva appena sette anni, per poi uscirne quando ne aveva ventiquattro. Ora si è rifatta una vita e una famiglia ed è tra le parti civili ammesse in giudizio. L’avvocato Silvia Calzolaro, sua legale, rappresenta anche l’associazione saviglianese Mai+Sole, costituita da donne che si occupano di assistere le vittime di violenza di genere.
Il prossimo 29 giugno è in calendario una nuova udienza davanti al gip del tribunale di Torino.
a.c.
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