Condanna definitiva per l’assassinio di Salvatore Ghibaudo: fu ucciso per un “no” a una vendetta
Nel 2016 l’ex giardiniere braidese era stato trovato cadavere in un pioppeto. L’omicida, Mario Novi, voleva costringerlo ad aiutarlo in una questione di debitiÈ definitiva la pena di diciotto anni di carcere per Mario Novi, condannato come autore materiale del “delitto del pioppeto” di Bra.
La vittima, Salvatore Ghibaudo, era un braidese disoccupato di 37 anni che aveva lavorato come giardiniere. Scomparve il 10 giugno del 2016 e quattordici giorni dopo fu ritrovato cadavere in un pioppeto, a poche centinaia di metri di distanza dalle case popolari, nella zona dello stabilimento industriale Abet. La morte, sopravvenuta già il giorno della scomparsa, era stata causata da un colpo di pistola al volto. Per l’omicidio furono arrestati in seguito il 26enne Mario Novi e il 23enne Mauro Regis, entrambi di Bra e conosciuti dalla vittima. Secondo quanto emerso dalle indagini, Novi aveva chiesto a Regis di accompagnare Ghibaudo nel pioppeto. Ghibaudo, a sua volta, avrebbe dovuto fare da esca per attirare in trappola un altro conoscente da cui Novi pretendeva il pagamento di un debito: di fronte al suo rifiuto e al conseguente diverbio, il 26enne aveva estratto l’arma e sparato. Insieme al complice, l’omicida aveva poi cercato di far sparire le prove del delitto. La pistola era stata ritrovata molti mesi dopo lungo lo Stura, a Cervere, su segnalazione di un testimone.
Novi, già in carcere per altri reati, era stato individuato nel luglio del 2017 dai carabinieri di Bra. Ex operaio, faceva parte di un “giro” locale di piccoli spacciatori e aveva collezionato vari precedenti per furti e rapine fin da minorenne: tra questi il furto di un’auto con cui nel 2009, sotto l’effetto della cocaina e senza patente, si era schiantato contro un tir a Cavallermaggiore. Nell’impatto era morta la fidanzata diciassettenne Paola Trinchera che viaggiava al suo fianco. A Regis, anche lui pregiudicato, si era arrivati nel maggio del 2018: il giovane era stato condannato per complicità in omicidio a 19 anni di carcere. Pochi mesi dopo la sentenza di primo grado si era suicidato in casa.
Il processo contro Novi, celebrato con rito abbreviato, aveva visto l’imputato condannato a trent’anni in primo grado dal gip di Asti. La pena era stata ridotta a diciotto anni dalla Corte d’Assise d’Appello che aveva escluso l’aggravante dei futili motivi. Contro questa decisione la procura generale aveva presentato ricorso in Cassazione. Nella giornata di ieri, mercoledì 28 settembre, la Cassazione ha rigettato sia questo ricorso sia quello presentato dalla difesa contro la precedente sentenza. La condanna di Novi come esecutore materiale dell’omicidio diviene così definitiva: poiché il delitto era avvenuto prima dell’entrata in vigore della legge che nel 2019 ha escluso il giudizio abbreviato per i reati punibili con l’ergastolo, l’imputato ha potuto usufruire dello sconto di pena previsto per la scelta del rito.
Dal carcere di Cagliari, dove si trova ora recluso, Novi continua a professare la sua estraneità alle accuse come ha sempre fatto fin dalle prime indagini. Ad assisterlo durante i diversi gradi di giudizio l’avvocato Carla Montarolo, la quale si dice comunque soddisfatta per la decisione della Cassazione di escludere l’aggravante chiesta dalla procura. Soddisfazione anche dai legali della famiglia Ghibaudo, gli avvocati Pier Mario Morra e Massimo Rosso, per la sentenza che chiude la dolorosa vicenda dal punto di vista giudiziario.
Andrea Cascioli
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