Caso Giordana, assolti gli imputati del presunto delitto di Entracque
Dopo tre anni di indagini Stefano Giordano e Osvaldo Audisio, vicini di casa dell’agricoltore 76enne, sono stati scagionati da ogni accusa con formula piena. Per loro la Procura aveva chiesto 12 anniIl destino di Stefano Giordano e Osvaldo Audisio, accusati dell’omicidio del vicino Angelo Giordana, si è deciso dopo meno di un’ora di camera di consiglio. La Corte d’Assise presieduta da Elisabetta Meinardi ha chiuso con un verdetto di piena assoluzione la vicenda giudiziaria incominciata il 20 gennaio di tre anni fa, con il ritrovamento del cadavere del 76enne Giordana nella sua abitazione di Tetti Dietro Colletto, nel comune di Entracque.
Giordana, agricoltore e apicoltore, era l’unico residente stabile della borgata insieme al vicino Stefano Giordano, unito in quella che non solo il pubblico ministero ma tutti i testi e gli stessi imputati hanno descritto come una coabitazione infelice. Anni di rancori, ripicche e denunce avevano fatto di Giordano il sospettato ideale e di Audisio il possibile complice nella ricostruzione della Procura.
Un’ipotesi comunque tutta indiziaria, stante l’assenza totale di impronte, tracce di Dna o elementi probatori certi che riconducessero i due imputati alla presunta scena del crimine. I vicini, sostenevano i procuratori Chiara Canepa e Carla Longo, avrebbero aggredito Giordana a pugni e bastonate all’ingresso della borgata, lasciandolo tramortito al freddo. L’anziano sarebbe rientrato sanguinante in casa sua per poi morirvi colpito da un improvviso assideramento. Gli ematomi e i graffi riscontrati in seguito sul cadavere sarebbero la prova più evidente dell’avvenuta aggressione: e del resto - si è chiesta l’accusa - in quale altro modo spiegare il fatto che il corpo fosse completamente nudo, se non immaginando che qualcuno nei tre giorni trascorsi tra la probabile data della morte e il ritrovamento avesse voluto confondere le acque.
Una spiegazione alternativa le difese l’hanno fornita chiamando in causa il fenomeno dello ‘svestimento paradosso’, cioè l’istinto di denudarsi nel momento in cui tutti i meccanismi di protezione dal freddo vengono meno: una reazione rara, ma ben documentata dalla medicina nei casi di ipotermia letale. Anche il trambusto in casa e le ecchimosi sul corpo, in quest’ottica, sarebbero comprensibili senza bisogno di ipotizzare un pestaggio dalle conseguenze involontariamente mortali. Giordana era forse caduto da una scala esterna ed era rimasto al freddo per troppi minuti, prima di riprendere coscienza e trascinarsi in casa: le numerose tracce di sangue disseminate nel tragitto, del resto, apparivano tutte dovute a gocciolamento e non a possibili traumi violenti.
Per entrambi gli imputati la Procura aveva chiesto la condanna a dodici anni di carcere. I sei giurati popolari e i due giudici togati della Corte d’Assise hanno mostrato invece di credere a quanto prospettato dalle difese. “Attendiamo la motivazione ma siamo soddisfatti. È stato chiarito che non c’è stato nessun delitto, come diciamo dall’inizio di un processo che non doveva nemmeno cominciare” ha dichiarato l’avvocato Vittorio Sommacal, difensore di Audisio insieme alla collega Francesca Quaranta. Piena soddisfazione anche dai legali di Giordano, Federico Morbidelli e Michele Parola: "La sentenza ha restituito dignità a un uomo dopo tre anni di sofferenze. Si chiude un calvario giudiziario in cui gli imputati sono stati sottoposti anche a notevole pressione mediatica".
Andrea Cascioli
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