Caso Giordana, definitiva l’assoluzione dei due imputati di omicidio
Il tribunale di Cuneo aveva assolto i vicini di casa accusati per la morte dell’apicoltore di Entracque. La procura generale di Torino ha rinunciato all’appelloÈ definitiva la sentenza di assoluzione nei confronti di Stefano Giordana e Osvaldo Audisio, accusati per l’omicidio dell’apicoltore entracquese Angelo Giordana. La Procura generale di Torino ha rinunciato ad appellare il verdetto che i giudici di primo grado avevano emesso nel gennaio 2020, nonostante la richiesta pervenuta dalla Procura di Cuneo.
Il 76enne Giordana era stato rinvenuto cadavere nella sua abitazione di Tetti Dietro Colletto, frazione del comune di Entracque, il 20 gennaio del 2017. L’autopsia aveva stabilito che l’anziano agricoltore e apicoltore era morto assiderato, tra le ventiquattro e le trentasei ore prima: il corpo era disteso sul pavimento, nudo e in posizione supina. A mettere in allerta gli inquirenti però erano stati altri particolari, a cominciare dal livido sull’occhio destro e dalle leggere ferite e graffi inferti su braccia, gambe e torace. All’esterno dell’abitazione, lungo la strada asfaltata in discesa, c’erano tracce di sangue e vestiti abbandonati.
Giordana era l’unico residente stabile della borgata insieme al vicino Stefano Giordano, con il quale aveva avuto numerosi screzi e anche liti violente. Anni di rancori, ripicche e denunce avevano fatto di Giordano il sospettato ideale e di Audisio il possibile complice nella ricostruzione della Procura. Un’ipotesi comunque tutta indiziaria, stante l’assenza totale di impronte, tracce di Dna o elementi probatori certi che riconducessero i due imputati alla presunta scena del crimine. I vicini, sostenevano i procuratori Chiara Canepa e Carla Longo, avrebbero aggredito Giordana a pugni e bastonate all’ingresso della borgata, lasciandolo tramortito al freddo. L’anziano sarebbe rientrato sanguinante in casa sua per poi morirvi colpito da un improvviso assideramento. Gli ematomi e i graffi riscontrati in seguito sul cadavere sarebbero la prova più evidente dell’avvenuta aggressione: e del resto - si è chiesta l’accusa - in quale altro modo spiegare il fatto che il corpo fosse completamente nudo, se non immaginando che qualcuno, nei tre giorni trascorsi tra la probabile data della morte e il ritrovamento, avesse voluto confondere le acque.
Una spiegazione alternativa le difese l’hanno fornita chiamando in causa il fenomeno dello “svestimento paradosso”, cioè l’istinto di denudarsi nel momento in cui tutti i meccanismi di protezione dal freddo vengono meno: una reazione rara, ma ben documentata dalla medicina nei casi di ipotermia letale. Anche il trambusto in casa e le ecchimosi sul corpo, in quest’ottica, sarebbero stati comprensibili senza ipotizzare un pestaggio dalle conseguenze mortali. Giordana era forse caduto da una scala esterna ed era rimasto al freddo per troppi minuti, prima di riprendere coscienza e trascinarsi in casa: le numerose tracce di sangue disseminate nel tragitto, del resto, apparivano tutte dovute a gocciolamento e non a possibili traumi violenti.
La prospettazione difensiva, curata dagli avvocati Federico Morbidelli e Michele Parola per Giordano e dai loro colleghi Vittorio Sommacal e Francesca Quaranta per il coimputato Audisio, aveva convinto la Corte d’Assise presieduta da Elisabetta Meinardi. Per entrambi gli imputati, poi assolti perché il fatto non sussiste, la Procura aveva chiesto la condanna a dodici anni di carcere. Con l’odierna rinuncia all’appello si chiude così la sofferta vicenda giudiziaria dopo oltre cinque anni.
Andrea Cascioli
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