Cervasca, ferì l’uomo che gli aveva sparato: alla sbarra per tentato omicidio
La folle notte del 2015 finì con uno scambio di colpi d’arma da fuoco tra uno spacciatore albanese e un pizzaiolo calabreseDue uomini nel mezzo di una strada deserta alle quattro del mattino, uno di fronte all’altro. Il primo estrae una pistola e spara, colpendo incredibilmente la fibbia della cintura del secondo, che dopo essere caduto in terra fa fuoco a sua volta e ferisce l’aggressore mentre questo stava per darsi alla fuga. Sembra una scena da western ma lo scenario non è la frontiera americana, bensì il centro di Cervasca. Quella notte del 22 luglio 2015 tenne svegli parecchi residenti di via Cesare Pavese, terrorizzati dal rumore dei proiettili. In tutto ne vennero esplosi sette, due da un’arma e cinque dall’altra, stando ai bossoli ritrovati il giorno dopo dai Carabinieri, tra strisce di sangue che andavano a perdersi in un prato.
Ad avere la peggio era stato un cittadino albanese residente a Caraglio, il trentenne K.S., noto alle forze dell’ordine come spacciatore di stupefacenti. L’uomo si era presentato al Pronto Soccorso dell’ospedale di Cuneo la stessa notte, con due ferite alla gamba sinistra, una alla coscia e l’altra all’altezza del malleolo, rifiutandosi però di fornire chiarimenti in merito all’accaduto. Lo accompagnava la fidanzata, che in seguito aveva guidato i Carabinieri sul posto per un primo sopralluogo.
Le indagini sugli spostamenti della coppia nelle ore precedenti avevano condotto i militari dell’Arma ad acquisire anche i tabulati telefonici di due residenti in via Pavese, il 35enne di origini calabresi A.C. e sua moglie. Ne era emerso che l’uomo aveva frequenti contatti con lo spacciatore ferito, anzi secondo alcune voci si sarebbe in seguito trasferito in una località ignota proprio per timore di qualche ritorsione. Al nuovo recapito gli investigatori erano risaliti poco dopo, ricostruendo i cambi di scuola della figlia di A.C.: quest’ultimo si era spostato a Boves con la famiglia, e lavorava in una pizzeria della frazione San Giacomo.
I Carabinieri l’avevano individuato nel novembre successivo, ritrovando sotto il sedile della sua auto una Beretta calibro 7,65, rubata da un’abitazione a Busca nel febbraio dello stesso anno. A quel punto il sospettato aveva preferito collaborare, consegnando alle forze dell’ordine i vestiti trapassati dal proiettile e fornendo la sua versione dell’accaduto. Al termine del primo processo, celebrato con rito abbreviato, A.C. era stato condannato a dieci anni di reclusione per tentato omicidio, porto d’armi abusivo e ricettazione. La Corte d'Appello di Torino ha però annullato la sentenza e disposto un nuovo procedimento.
In aula il medico legale, il dottor Roberto Testi, ha giudicato la ricostruzione fornita dall'imputato “del tutto compatibile con quanto osservato: ossia che i colpi erano stati esplosi dal basso, dopo che A.C. stato ferito ed era caduto per terra, all’indirizzo di un soggetto che si stava allontanando”. In particolare, K.S. sarebbe stato raggiunto dai proiettili mentre si stava girando per allontanarsi dal luogo, dove i militari avrebbero ritrovato anche un pezzo della fibbia che A.C. indossava, scheggiata da una pallottola. Se il colpo non fosse stato fermato dalla cintura, conferma l’esperto, avrebbe procurato serie lesioni all’uomo: “Era più che sufficiente a uccidere, anche se non si può dire che l’avrebbe sicuramente ucciso”. Allo stesso modo, riguardo alla reazione di A.C. non si può affermare che ci fosse una sicura intenzione di colpire un punto non vitale: “La persona che ha sparato non mirava per forza alla gamba: chiunque spari in fretta e in condizioni di stress ‘strappa’, cioè punta verso il basso”.
Grazie alle indagini condotte dai Carabinieri del Reparto Operativo e della Compagnia di Cuneo è stato possibile accertare che K.S. aveva trascorso la serata in una pizzeria di San Pietro del Gallo, insieme ad alcuni conoscenti. Nel corso della notte l’albanese e A.C. si erano sentiti al telefono almeno cinque volte, fino a poco dopo le quattro, quando i cellulari di entrambi risultavano localizzati a Cervasca.
All’origine della sparatoria ci sarebbero vicende legate allo spaccio di droga. Oltre ai due protagonisti del fatto di sangue, un terzo uomo era stato arrestato con le accuse di favoreggiamento, porto abusivo e detenzione d’arma: si tratta dell’allora 31enne A.R., vigile del fuoco di Borgo San Dalmazzo in servizio all’aeroporto di Levaldigi, che aveva aiutato K.S. a disfarsi della pistola. Il complice, incriminato anche come autore di una rapina fuori da una discoteca di Borgo nello stesso 2015, ha in seguito patteggiato un anno e due mesi senza condizionale. Anche l’albanese ha optato per il patteggiamento.
Il prossimo 2 ottobre verranno ascoltati in aula i testi residui dell’accusa.
a.c.
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