“Ci vediamo per un caffè”: era la frase in codice per una dose di cocaina
Il racconto di un testimone nel processo contro il presunto spacciatore: “Ho acquistato droga decine di volte da lui, avevo debiti per quattromila euro”La frase da usare per avere una dose era “ci vediamo per un caffè”, oppure anche “per un digestivo”. Normali conversazioni tra amici su Whatsapp, accompagnate dalle emoticon.
Quella innocente proposta, però, avrebbe celato in realtà una richiesta ben precisa: droga. Decine di scambi in pochi mesi con un solo acquirente, un cuneese che una volta chiamato a testimoniare ha raccontato tutto sui suoi rapporti con A.B., cittadino albanese, ora accusato di spaccio. “Da luglio del 2018 fino a febbraio dell’anno successivo mi ha procurato cocaina, in quantitativi variabili tra uno e tre grammi” ha riferito al giudice: “Il prezzo era sui settanta o ottanta euro al grammo, avrò acquistato droga da lui almeno un’ottantina di volte”. Sarebbe stato il presunto pusher, sostiene, a suggerire la “frase in codice”.
Gli incontri avvenivano in diversi bar di Cuneo, a seconda di cosa decidevano di volta in volta. Sovente si sarebbe occupata delle consegne una donna rumena, ora imputata in un processo connesso: “Ma a livello economico ho sempre tenuto i rapporti con lui, anche per le dosi che mi portava lei”. Con l’accusato, ha aggiunto il teste, “avevo e continuo ad avere un debito di oltre quattromila euro per la cocaina. All’incirca metà delle dosi che ho acquistato in quei mesi”.
La decisione di smettere era maturata alcuni mesi prima dell’arresto di A.B., a seguito di un controllo effettuato dalle forze dell’ordine. “Quella sera - ha ricordato l’uomo - l’avevo incontrato al Baladin in piazza Foro Boario. Quando ci siamo lasciati due poliziotti mi hanno fermato e portato in Questura. Addosso non avevo nulla ma sapevano già dei nostri scambi, poco dopo mi venne notificata la sospensione della patente”. Ironia della sorte, quella sera sarebbe stato proprio il presunto spacciatore a rifiutarsi di “rifornirlo”: “Avvertivo il bisogno fisico di una dose, ma lui non me la diede: disse che stavo esagerando”.
Un altro testimone ha ammesso di avere acquistato cocaina in un paio di occasioni dalla stessa persona. I due si erano conosciuti in un bar di Confreria, tramite un amico comune. Le cessioni sarebbero avvenute una volta a casa del cliente, poi in un locale: “La prima volta non pagai nulla, era solo un assaggio e lui voleva sdebitarsi per un piccolo favore. Nella seconda occasione ci eravamo visti in un bar: ci accordammo per un pagamento di 150 euro per un grammo di cocaina, gli feci avere i soldi il giorno dopo”. Su come sia iniziato il rapporto il teste ha fornito solo vaghe spiegazioni: dai verbali di interrogatorio, risulta che A.B. sarebbe stato interpellato a proposito della cocaina “perché era un albanese”. “Detta in questo modo è una cosa un po’ stupida” ha ammesso l’uomo: “Credo di averlo chiesto per istinto, ‘a pelle’”.
Il 29 aprile verranno ascoltati gli agenti di polizia e gli altri testi della pubblica accusa.
a.c.
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