Cuneo, assolta la donna che accoltellò il compagno: per i giudici fu legittima difesa
Lâepisodio avvenne nel settembre 2019 in uno degli alloggi popolari della ex Leutrum. Natascia Mameli, madre di tre figli, era in carcere per tentato omicidioEra in pericolo imminente e accoltellò lâuomo che conviveva con lei per legittima difesa: per questo, nel pomeriggio odierno, il collegio giudicante presieduto da Elisabetta Meinardi ha assolto dallâaccusa di tentato omicidio la 37enne Natascia Mameli.
La donna si trovava in carcere dalla notte dellâ11 settembre 2019 quando gli agenti della Questura di Cuneo erano accorsi nella vicina abitazione di via Carlo Manfredi di Luserna, presso lâex caserma Leutrum, dove la Mameli conviveva con un meccanico di Cerialdo. Lâuomo, allâepoca 43enne, era stato ricoverato in gravi condizioni al Santa Croce ma si era salvato. In passato la polizia era giĂ intervenuta piĂš volte per sedare le violente liti tra gli inquilini di quellâalloggio, entrambi con trascorsi di tossicodipendenza e alcolismo. Alla donna era stata per questo revocata la custodia dei tre figli avuti da una precedente relazione.
Lâuomo aveva raccontato in aula di aver visto la compagna corrergli incontro con due coltelli e colpirlo sullâuscio di casa quando giĂ si apprestava a lasciare lâappartamento. Opposta la versione dellâimputata che sosteneva invece di aver fronteggiato il partner armato nella convinzione che lui la volesse uccidere. In un diverso procedimento, conclusosi nel dicembre 2019, il convivente è stato condannato in primo grado per maltrattamenti alla pena di quattro anni di reclusione.
Al termine del processo, conclusosi con il rito abbreviato, il sostituto procuratore Marinella Pittaluga aveva chiesto per la Mameli la pena di sei anni di carcere. La difesa rappresentata dallâavvocato Giulia Dadone ne aveva invece domandato il proscioglimento citando alcuni riscontri, in particolare il fatto che sui due coltelli non fossero state rilevate impronte e che le tracce di sangue fossero differenti: solo una delle due lame, ha sostenuto il difensore, era penetrata nel corpo dellâuomo, mentre lâaltra era verosimilmente nelle sue mani.
âĂ una soddisfazione non solo professionale ma anche umanaâ ha commentato allâesito della sentenza lâavvocato Dadone: âLa vicenda, una relazione malata nella quale lei era la vera vittima, è molto complessa. Dallâistruttoria è emersa la realtĂ dei fatti in tutte le sue sfaccettatureâ.
Andrea Cascioli

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