Dopo la minaccia con la pistola, perseguitava la ex dal carcere: arriva la condanna
L’uomo, espulso dall’Italia, era accusato di stalking. La ex fidanzata aveva raccontato anche di essere stata inseguita in auto, insieme al suo nuovo compagnoAveva continuato a contattare la ex fidanzata anche dal carcere, dopo averla minacciata - racconta lei - perfino con una pistola. G.N., cittadino albanese all’epoca residente a Busca, oggi espulso dall’Italia, è stato condannato dal giudice Francesca Grassi a un anno e nove mesi di reclusione.
L’accusa di stalking nasceva dalla denuncia della ex, una donna italiana con cui l’uomo aveva avuto una relazione fino al 2020. Già ad allora, ha ricordato il pm Anna Maria Clemente, risale un “crescendo di episodi” culminato nella minaccia armata: “Quando la donna accenta l’incontro con l’ex, subito dopo la fine del rapporto, e lui le punta una pistola addosso in macchina, minacciando ‘io ti sparo’. La situazione non è degenerata grazie al fatto che ci fosse un’auto dei carabinieri”.
La denuncia sarebbe arrivata un anno dopo, nel novembre del 2021. Ad alcune delle minacce diceva di avere assistito anche l’attuale compagno della persona offesa: “Non solo continuava a telefonare dal carcere quasi tutti i giorni, ma riusciva anche a conoscere il numero di telefono che lei aveva cambiato per evitare di essere trovata. Addirittura era a conoscenza dei suoi spostamenti”. Per l’accusato la Procura aveva chiesto una pena di tre anni e sei mesi, stigmatizzando il tentativo di “mettere sotto processo il racconto della donna”: “È normale - ha affermato il pm - che dopo un periodo di condivisione di un progetto di vita ci sia una presa di consapevolezza graduale della violenza, anche perché spesso i momenti di tensione si alternano con quelli di riappacificazione”.
Agli atti, in effetti, c’erano lettere in cui lei si mostrava propensa a continuare quella relazione: “Era una donna innamorata - spiega il suo avvocato, Dora Bissoni - che si è resa conto di trovarsi in una gabbia e grazie anche al supporto di una figura maschile è riuscita a liberarsi dalle corde che la tenevano unita all’imputato”. In dicembre, dopo la querela, il gip aveva convalidato il divieto di avvicinamento. Aggravato con gli arresti domiciliari dopo un’ulteriore segnalazione, relativa a un inseguimento in macchina tra Busca e Madonna dell’Olmo: in auto, con la persona offesa, c’erano il suo nuovo fidanzato e la figlia piccola di lui. Dai tabulati telefonici, analizzati dal maresciallo Alessandro Cubeddu, erano emersi spostamenti dell’imputato in quella serata compatibili con gli avvenimenti denunciati. “Anche dal carcere ha cercato di mantenere padronanza sulla vittima, affinché fosse sempre disponibile” ha sostenuto l’avvocato Bissoni.
Il legale dell’uomo, avvocato Enrico Gallo, ha offerto una lettura opposta dei fatti: “La signora ha cambiato partner e si è ricordata che con lui non stava bene, dopo il periodo oggetto dell’imputazione. In precedenza non c’era mai stata una denuncia e nemmeno una confidenza con i familiari: nessuna segnalazione di particolare evidenza”. La difesa si è concentrata sulla pretesa carenza di riscontri in merito alle minacce (riferite “in modo talmente vago che è stato quasi impossibile collocare gli episodi nel tempo”), ma anche su alcuni aspetti delle indagini: “Le telefonate dal carcere non sono state ricercate: bastava prendere i tabulati”. L’imputato è stato condannato anche per violazione dei provvedimenti cautelari: alla ex fidanzata dovrà versare un risarcimento di 8mila euro.
Andrea Cascioli

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