Era accusato di lesioni e stalking all’ex fidanzata 18enne: assolto un 35enne di Cuneo
Malgrado il divieto di avvicinamento contro l’imputato i due avevano continuato a frequentarsi: “Ci incrociò per strada anche il pm che seguiva il processo”Per l’accusa era la vicenda di una ragazza giovanissima, poco più che adolescente, plagiata da un uomo possessivo e geloso che in più occasioni è arrivato a pestarla. Per la difesa la storia di un amore contrastato dalla famiglia di lei e di una relazione turbolenta ma costellata da reciproci riavvicinamenti.
Perfino nel periodo in cui lui, il 35enne L.G., era sottoposto a una misura cautelare che gli vietava di avvicinarsi a meno di cinquecento metri da lei: “Abbiamo continuato comunque a vederci. Una volta, mentre passeggiavamo mano nella mano in una via di Cuneo, ci vide il pubblico ministero che seguiva il caso. Fingemmo di esserci incontrati per caso e salutati” ha raccontato l’imputato al giudice. Una circostanza non smentita dalla Procura, che accusava L.G. di stalking e di lesioni.
L’episodio più grave quello avvenuto nei primi giorni di agosto del 2018, quando i due ex conviventi si erano lasciati da poco ma continuavano a frequentarsi. In quell’occasione la ragazza, all’epoca 18enne, si sarebbe procurata le fratture costali che erano poi state refertate una quindicina di giorni dopo, quando lei si era recata in Pronto soccorso con la madre accusando forti dolori. La giovane non ha mai denunciato il suo ex ed è stata ascoltata solo in sede di incidente probatorio. In aula hanno parlato invece i genitori e la nonna di lei, raccontando quanto sarebbe accaduto dopo quella violenza: “Dopo essere stato lasciato - aveva riferito il papà - ha continuato a perseguitarla per oltre un anno”. Appostamenti fino a tarda notte con la musica a tutto volume in auto, messaggi su tutti i social, chiamate continue: “Le diceva che avrebbe sgozzato i suoi familiari cominciando dai fratelli più piccoli. Diceva che non gli importava di finire in galera” ha detto la mamma.
Lui in aula ha negato qualsiasi addebito, a cominciare dalle botte: “Quella sera eravamo a casa mia e avevamo litigato. L’ho rincorsa e lei mi ha dato uno schiaffo molto forte, quando l’ho abbracciata per fermarla siamo caduti assieme sul letto: diceva di aver male alle costole, le ho chiesto se volesse andare al Pronto soccorso ma ha detto di no. Anche i lividi al collo potrei averli provocati nel tentativo di calmarla, senza farlo apposta”. La madre di lui, l’unica altra persona presente in casa, aveva fornito una versione analoga.
Basandosi innanzitutto sui referti medici e le fotografie scattate nell’imminenza dei fatti il sostituto procuratore Francesca Lombardi aveva chiesto per L.G. la condanna a un anno e otto mesi di carcere: “Le violenze di quella sera si innestano in una relazione nella quale il ricorso all’aggressività fisica e verbale non era un dato nuovo” ha argomentato il pubblico ministero, menzionando altri episodi nei quali sarebbe emerso “un insistente atteggiamento di controllo e possessività” del fidanzato. Per l’accusa il fatto che i due avessero continuato a vedersi anche dopo la denuncia e che la ragazza possa avere a tratti agevolato questi atteggiamenti non smentirebbe l’esistenza di “un contesto persecutorio nell’ambito di una relazione a tratti adolescenziale”. Analoghe considerazioni sono state svolte dall’avvocato di parte civile Giuseppe Galvagno: “La parte offesa, poco più di una bambina, viene ammaliata da un uomo che dopo qualche mese si rivela una persona estremamente gelosa e possessiva. Siamo vicini a una vera sindrome di Stoccolma”.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Matias Conoscente, ha rilevato invece come “la relazione fosse osteggiata in modo palese dai genitori di lei”, circostanza che avrebbe poi giustificato “un’azione penale esercitata quasi per la sua totalità contro la volontà della persona offesa”. A favore di questa tesi, secondo il legale, il fatto che le lesioni fossero state refertate una quindicina di giorni dopo le presunte violenze e che i due abbiano continuato a vedersi anche di nascosto: “Lei non prendeva decisioni in modo autonomo dai genitori, per questo non lo si è fatto presente all’autorità giudiziaria”.
Il giudice Alice Di Maio ha assolto l’imputato da entrambe le accuse, nell’ipotesi dello stalking per insussistenza dei fatti e riguardo alle contestate lesioni perché il fatto non costituisce reato.
a.c.
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