Frutta ammuffita nel capannone, condannato un ex grossista di Boves
I Nas avevano sequestrato all’azienda, in frazione Rivoira, una tonnellata di merce mal conservata. I mirtilli venivano “selezionati” tra quelli già coperti di muffaL’ispezione dei Nas aveva portato alla scoperta, all’interno del suo capannone, di una tonnellata di frutta e verdura mal conservata nella cella frigorifera. Oltre a questo, ventisette chili di mirtilli e ribes in fase di lavorazione apparivano già ammuffiti, sebbene una dipendente di stesse occupando di “selezionare” i più salvabili proprio nel momento in cui i carabinieri avevano iniziato i controlli.
P.M., ex titolare di un’attività di vendita all’ingrosso in frazione Rivoira di Boves, è finito per questo a processo con l’accusa di tentata frode in commercio e violazione delle norme igienico-sanitarie. Non gli è valso a evitare la condanna nemmeno il richiamo all’“evidenza”: “Chiunque veda le foto, - ha detto di fronte al giudice - anche senza essere un esperto, può capire che non avrei mai pensato di mettere in vendita una tale spazzatura. Avevo grossisti in tutta Italia come clienti”. La frutta ammuffita, ha sostenuto, doveva essere utilizzata solo come campione per la prova di un prodotto fitosanitario, l’Endofit. Eppure l’agronoma di fiducia dell’azienda, chiamata a testimoniare, ha confermato che per quel genere di prove sarebbe bastato un quantitativo molto inferiore di merce: non più di una decina di chili.
Non si trattava comunque dell’unica violazione riscontrata. Nella cella frigorifera, ha ricordato il comandante dei Nas di Alessandria, “non c’era un’area dedicata ai prodotti non edibili o comunque da distruggere, come avviene di norma”. Inoltre i locali non risultavano idonei, tanto che a seguito dell’ispezione sarebbero stati sequestrati, e la lavoratrice che si stava occupando della selezione era stata assunta in nero. Un’altra dipendente ha detto di aver notato, le poche volte in cui si era recata nelle celle frigorifere, che “erano locali vecchi e c’era presenza di muffa”.
Per l’imputato, il pubblico ministero Gianluigi Datta aveva chiesto la condanna a una sanzione pecuniaria per complessivi 11mila euro: “Quanto emerso dalle testimonianze dà conto sia del cattivo stato dei prodotti sequestrati, peraltro in quantitativo abbastanza elevato, sia della tentata frode in commercio” secondo l’accusa. L’avvocato Giovanna Tedesco ha per contro parlato di “una ricostruzione accusatoria non supportata da elementi di prova”. Dirimente, a giudizio della difesa, il fatto che gli inquirenti si sarebbero “limitati al sequestro della merce e alla distruzione, senza effettuare indagini da cui desumere che fosse destinata ad essere messa sul mercato”. È irragionevole, ha aggiunto il legale, supporre che quella merce in quello stato di marcescenza fosse destinata alla vendita: “È sufficiente analizzare le foto scattate dai Nas, con bancali di zucchine invasi dalla muffa. Il contesto è quello di un’azienda che vendeva a primarie realtà del mercato, come la Conad: non si capisce come il possibile acquirente potesse essere tratto in inganno”.
Il giudice Elisabetta Meinardi, ritenendo provati entrambi i capi d’accusa, ha condannato l’ex grossista a seimila euro di sanzione.
a.c.
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